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 2014  agosto 07 Giovedì calendario

CICCIO CONTRO FRANCO

Una storia parallela di sfuriate, litigi, rotture e rappacificazioni affianca la vicenda professionale di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, coppia comica amata dal pubblico e detestata dalla critica che cavalcò fianco a fianco sulla scena dello spettacolo italiano dal 1954 al ’92, anno della morte di Franco: «Eravamo nati per completarci e per volerci bene - commentò affranto Ingrassia -, ma a modo nostro. Siamo stati come Liz Taylor e Richard Burton: ci facevamo i complimenti pigliandoci per i capelli».
Come buona parte dei grandi sodalizi artistici, quello di Francesco Benenato detto Franco Franchi e Francesco Ingrassia detto Ciccio, nati a Palermo, rispettivamente nel ’28 e nel ’22, si basava sulle differenze. Fisiche, gestuali, culturali. Piccolo, nervoso, esuberante, Franco passava in un battibaleno da un’espressione all’altra, come un cartone animato. Malinconico, rigido, allampanato, Ciccio comunicava un senso di lenta altezzosità. Rappresentava l’elemento razionale del duo, ma le conclusioni dei suoi ragionamenti smentivano puntualmente l’intento. I ruoli erano chiari, Ciccio il colto e Franco il tonto, ma i risultati, negli oltre 150 film, senza contare teatro e televisione, risultavano ugualmente stolti:«C’è più Italia in un film di Franchi e Ingrassia - dichiarò Federico Fellini, uno dei loro più fervidi ammiratori - che in tutte le commedie all’italiana».
Eppure quella sintonia perfetta non bastò a tenere unito il duo. I caratteri fiammeggianti erano destinati allo scontro e in più, nel tempo, ci si misero le occasioni di lavoro, ovviamente diverse per due attori strutturalmente diversi, le intricate della vita, l’avanzare degli anni che rese tutto più complesso. La prima separazione risale al 1972: Franco e Ciccio smettono di lavorare insieme, colpa dei copioni ripetitivi e di una certa stanchezza che riguarda sia il pubblico che loro due: «Non erano finiti loro, come attori - obiettano Ciprì e Maresco nel documentario dedicato alla coppia, Come inguaiammo il cinema italiano -. Era finito un certo tipo di cinema».
E poi c’erano i sogni. Franco voleva mettersi alla prova da solo, Ciccio desiderava tornare al teatro, seguire un percorso simile a quello di Bramieri, Manfredi e Rascel. Ma non era facile. Poco prima di allontanarsi dalla sua metà artistica, aveva avuto una forte depressione e poi un intervento all’ulcera. La convalescenza allungò i tempi della prima reunion, un anno dopo, con la commedia Il cortile degli Aragonesi, andata in onda anche in tivù, e poi con Paolo il freddo, del ‘74, di cui Ciccio fu regista: «Trovare Ciccio dall’altra parte della macchina da presa - commentò anni dopo Franco (nel libro di Alberto Castellano e Vincenzo Nucci Vita e spettacolo di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia) - è stato divertente, per la prima volta ho lavorato con l’unica persona che conosce alla perfezione il mio bagaglio recitativo». L’idillio sembrava perfetto ma, dopo poco, i due comici ripresero a battere strade autonome. Un percorso che regalò a Ciccio l’agognata consacrazione. Il grido era «Voglio una donaaaaaa!», e lui lo lanciava dall’alto di un albero frondoso, nei panni dello zio matto di Amarcord. Il gran salto era avvenuto, ma le distanze, inevitabilmente, si allargavano.
Nel ’77, durante una festa cui erano presenti produttori importanti, Ingrassia protestò vivacemente contro Edmondo Amati che aveva realizzato un video mettendo insieme pezzi dei film della coppia senza nemmeno preoccuparsi di avvertirlo. La sua veemenza colpì Marco Bellocchio che inserì l’invettiva nel documentario La macchina del cinema ma, nell’ambiente, quel colpo di testa non piacque. L’unico che tornò accanto a Ciccio fu Franco, ma quando dovettero pianificare le date di una tournée negli Stati Uniti, litigarono di nuovo e il posto di Ciccio andò a Lino Banfi. Lo scontro aveva mandato a monte altri ingaggi di peso e per tre anni tra due ci furono rapporti tesi, ma non conflittuali, fino a una rappacificazione formato tivù, nell’80, benedetta da Pippo Baudo.
Così le imprese ricominciarono, favorite dall’esplodere della tivù commerciale e, si dice, anche dalla grande ammirazione che Silvio Berlusconi nutriva per i due. Stavolta gli intoppi furono causati dai problemi di salute: nell’86 Ciccio ebbe un malore, nel ’92 toccò a Franco che poi se ne andò per primo, seguito dallo sguardo affranto del suo partner, oggetto di tante maledizioni.
Undici anni dopo, morì anche Ingrassia:«Erano una cosa sola - commentava l’amico Tano Cimarosa, attore messinese che li aveva conosciuti negli Anni Sessanta - . Da soli non hanno fatto granché».
Fulvia Caprara, La Stampa 7/8/2014