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 2014  agosto 07 Giovedì calendario

MOGHERINI: “È CON LE SANZIONI CHE SI FANNO PRESSIONI SU PUTIN”

[Intervista a Federica Mogherini] –
Mentre il ministro degli Esteri italiano è in visita ufficiale in Cile e in Colombia, si diffonde la notizia che Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, due volontarie e anzi fondatrici di una ong italiana sono state rapite a fine luglio in Siria, nella zona di Aleppo. «Fin dalle prime ore abbiamo attivato tutti i canali e ci siamo messi in contatto con le famiglie. Come sempre in questi casi è indispensabile lavorare nella massima discrezione. Quanto accaduto, un anno dopo il rapimento di padre Dall’Oglio, ci ricorda quanto ancora sia drammatica la situazione in Siria». Al mattino, Federica Mogherini sfoglia «La Stampa» con l’intervista a John Kerry.
Ministro, John Kerry, pur esprimendole personale apprezzamento, la tira in ballo quando esorta l’Europa a far muro contro Putin?
«Ho letto con molta attenzione le parole di Kerry, che coprono una pluralità di temi. Ho sottolineato in particolare un passaggio dell’intervista che dà esattamente il senso del nostro lavoro di questi mesi sull’Ucraina: quando Kerry dice che dobbiamo provare a portare entrambe le parti del conflitto al tavolo del negoziato, e a far diminuire le tensioni con la Russia e con i separatisti. Sanzioni e pressione politica costituiscono un’azione molto forte quando esercitate unitariamente da Ue, Usa e anche da altri paesi del G7. Tutti abbiamo detto sin dall’inizio che non c’è alternativa a una soluzione politica».
Kerry dice però, significativamente, che non sempre la via di soluzione alle crisi è diplomatica. C’è in questo una differenza con l’Italia. È una differenza che ha pesato nella crisi dei rapporti con Mosca?
«Assolutamente no. Come Italia abbiamo sempre condiviso profondamente la stessa impostazione degli Stati Uniti, in particolare sull’approccio Nato e anche in relazione al rapporto con la Russia. Sempre in questi mesi, e ancora in questi giorni. Quello che l’Italia esclude è un’azione militare che sarebbe devastante anzitutto per l’Ucraina, per l’Est dell’Europa, oltre che per il futuro delle nostre relazioni. È però una prospettiva che non è sul tavolo, il punto è rafforzare in ambito Nato le rassicurazioni per quei Paesi che condividono confini con la Russia. L’articolo 5 del trattato Nato è attuale, e come tutti gli alleati lo abbiamo bene in mente: il lavoro di tessitura diplomatica che è stato fatto negli ultimi decenni con la Federazione russa in questo momento vive una fase di crisi, che richiede un ripensamento».
Da parte di chi?
«Da parte di Mosca. Il punto, lo dice anche Kerry, è se e come Putin vorrà trasformare in atti concreti le intenzioni sottoscritte negli ultimi mesi in innumerevoli accordi, che diplomaticamente anche gli Usa hanno facilitato. Anche a questo serve l’aumento della pressione sanzionatoria e politica. Noi vogliamo diminuire le tensioni con la Russia, ma il punto è se la Russia avrà comportamenti conseguenti alle sue stesse parole».
Ma Putin sembra fare il contrario,ha visto gli azeri e gli armeni, ha sanzionato i sanzionatori. In che tempi si potrà risolvere la crisi Ucraina?
«Il punto mancante della discussione, ma che Kerry nell’intervista sottolinea, è il sostegno che saremo in grado di dare alla transizione ucraina. Sarà questo il nostro vero campo di responsabilità: le riforme economiche dolorose ma necessarie per quel Paese che già era a rischio default, la necessità di rivedere il piano energetico e degli approvvigionamenti, il sostegno che dovremo dare alla transizione democratica. Sarebbe bello se questi passaggi avvenissero in un clima non di conflitto con la Russia. Purtroppo non siamo in questo scenario, ma da questo dipenderà il futuro dell’Ucraina».
Il segretario di Stato americano aveva impegnato nella trattativa israelo-palestinese molto del proprio peso politico: come vivono gli Stati Uniti questa situazione di guerra a Gaza?
«Devo dire che ho trovato non solo Kerry personalmente, ma l’amministrazione americana molto impegnata a riavviare il dialogo, e non era scontato con un conflitto così acuto. Il ruolo degli Usa è stato molto importante, ha garantito e garantisce la cornice di riferimento internazionale, che era stata costruita faticosamente ma che era stata apprezzata da tutte le parti, per come le ho sentite esprimersi durante il mio recente viaggio in Israele e in Palestina. Ed è stato fondamentale, perché gli attori regionali senza un riferimento come quello americano e dell’Onu difficilmente potrebbero trovare una qualche soluzione. La fatica e la testardaggine anche di Kerry in queste settimane è stata fondamentale».
L’Europa da sola non ce l’avrebbe fatta?
«Tradizionalmente gli sforzi di dialogo sul Medio Oriente hanno bisogno di un protagonismo americano. L’Europa ha certamente giocato un ruolo fondamentale, anche appoggiando il tentativo di mediazione del Cairo, ma non sono sicura che senza l’appoggio di Washington si sarebbe arrivati alla tregua. Risultato che non è un punto di arrivo e che va consolidato, certo, per agganciare una possibile soluzione reale del problema, i cui punti fondamentali erano stati toccati dal lavoro negoziale di Kerry».
Lei è candidata ufficialmente dell’Italia al ruolo di Alto rappresentante per la politica estera europea. Si sente appoggiata dagli Usa?
«I nostri rapporti sono ottimi. Ma non credo sia corretto immaginare un endorsement americano a una dinamica tutta europea.».
Antonella Rampino, La Stampa 7/8/2014