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 2014  agosto 07 Giovedì calendario

ORA È A RISCHIO IL 3% DEL DEFICIT L’IPOTESI DI UNA MINIMANOVRA

E adesso? E adesso che le stime sul Pil vanno peggio del previsto il governo di qui alla fine dell’anno sarà costretto a muoversi realmente sul filo del rasoio. O se vogliamo sulla soglia dello sfondamento del deficit. Da Renzi al ministro dell’Economia Padoan, da giorni ma ancora con più decisione ieri, tutti assicurano che per quest’anno non serviranno manovre correttive. Le ultime previsioni davano il deficit al 2,6% a fronte di una crescita dello 0,8%, se a fine anno avremo una crescita piatta, ovvero uguale a zero, il nostro deficit schizzerà al 3%. Limite invalicabile, ovviamente, pena l’avvio dell’ennesima procedura di infrazione da parte della Ue. Ma «coi dati attualmente a disposizione», ha spiega il ministro dell’Economia, oggi si può dire che «resteremo dentro questi parametri».
BLUFF O MINIMANOVRA
In alternativa il governo può percorrere altre due strade: bluffare, ovvero dire che rispetta i vincoli europei e poi lasciare correre i conti sulla falsa riga di quello è che è già capitato ad esempio alla Francia; oppure rimediare in extremis, come ha fatto il governo Letta che a fine 2013 varò una micro-manovra da 2-3 miliardi per scendere dal 3,1 al 3 per cento. Probabilmente si deciderà all’ultimo, in base ai dati disponibili. E’ chiaro però che se si avverassero le stime circolate ieri dopo la diffusione delle stime Istat, ovvero Pil 2014 in calo dello 0,1%, non sarebbe per nulla facile rispettare in automatico il tetto del 3%.
Secondo Renato Brunetta, che da giorni spara ad alzo zero contro il governo, ovviamente i veri conti sono altri: a suo parere, sommando i mancati risparmi della spending review (4,5 miliardi), a 3,5 miliardi di minor gettito fiscale, 7 di maggiore spesa pubblica, a 3,5-4 di spese indifferibili tra missioni, cassa in deroga, si arriva già a quota 20. Poi se si dovesse mantenere fede alle stime del Def, che fissava il deficit al 2,6%, bisognerebbe aumentare il conto di altri 7 miliardi. Il governo la pensa diversamente, anche perchè tiene duro sulla spending review e conta sul fatto che la spesa per interessi è più bassa del previsto, che le entrate comunque stanno dando segnali di ripresa e che la rivalutazione del Pil che l’Istat farà a settembre ci assicurerà una briciola in più di ricchezza, nell’ordine dello 0,1%.
IL BUCO-PRIVATIZZAZIONI
Il vero buco del 2014, per ora, riguarda le privatizzazioni: Padoan ha messo in conto una riduzione pari a 10 miliardi all’anno (0,7 punti di pil) per i prossimi tre anni per evitare che il debito sfondi quota 140% del Pil. Siamo ad agosto e a oggi sono entrati solamente i 350 milioni della quotazione di Fincantieri (contro i 600 programmati). Il ministro Padoan sostiene che questo tipo di operazioni «richiede un po’ di tempo», per evitare altri passi falsi aggiungiamo noi, ma intanto tiene fermo il programma definito a suo tempo che riguarda Poste, Enav e Fs pur sapendo che la cessione o quotazione del pezzo forte di quest’anno, ovvero le Poste, dal quale si puntava a ricavare 4-5 miliardi, probabilmente slitterà al 2015. In alternativa si può solo cercare di «valorizzare» quote di Eni ed Enel, che assieme capitalizzano 100 miliardi con una quota pubblica di poco superiore al 30%.
LA SFIDA DEL 2015
I guai arrivano col 2015. O meglio arrivano già adesso perché la manovra per il prossimo anno va predisposta già nelle prossime settimane per essere varata entro il 15 ottobre con la Legge di Stabilità. Qui non si tratta di essere «gufi» come dice Renzi, i numeri li conoscono tutti. Servono almeno 10 miliardi per confermare il bonus da 80 euro (e ne servirebbero altri 5 per ampliarlo), poi ci sono le solite spese indifferibili (4-5 miliardi), quindi c’è da fare - questa volta sì per davvero - una correzione del deficit. Il vecchio Def aveva previsto un rapporto deficit/Pil all’1,8%, ma già nei giorni scorsi Renzi aveva alzato l’asticella al 2,3. Per cui si rende necessario un intervento di correzione almeno da 8-10 miliardi. In alternativa si può sempre far slittare il deficit verso il 3%. Ma di sicuro non si può fare due anni di seguito.
L’INCOGNITA SPENDING REVIEW
Dove si trovano tutti questi soldi? Dalla spending review, continua ad insistere il governo («dovremo fare un attento controllo delle spese» ha ripetuto ieri in tv il ministro Padoan), ma oramai si è capito che già quest’anno la spending non funziona e che l’obiettivo di 15-17 miliardi fissato per il 2015 è difficilmente raggiungibile. La carta di riserva sono i tagli lineari, per quanto un po’ più selettivi rispetto al passato, e l’attivazione delle clausole di salvaguardia con cui negli ultimi tempi sono stati blindati i tanti provvedimenti di spesa. Dunque tagli delle detrazioni fiscali e nuovi aumenti delle accise (carburanti, alcolici e tabacchi). Misure che certamente occorrerebbe evitare, come l’introduzione di nuove tasse, se una volta per tutte si vuole provare ad uscire per davvero dalla recessione.
@paoloxbaroni
Paolo Baroni, La Stampa 7/8/2014