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 2014  agosto 07 Giovedì calendario

TELECOM, CI VUOLE MEDIOBANCA

Quando nell’autunno 2013 Massimo Mucchetti, presidente della commissione Industria del Senato, riuscì a far passare due volte un accordo bipartisan per introdurre una seconda soglia per l’opa obbligatoria (al 15%, in caso di controllo di fatto), aveva l’obiettivo di bloccare le grandi manovre di Telefonica dentro Telecom. Il governo Letta però fermò tutto. Oggi Telefonica rischia di creare seri problemi a Telecom Italia, di cui è azionista, cercando di farsi vendere da Vivendi la brasiliana Gtv, oggetto del desiderio degli italiani. Una mossa che Franco Bassanini martedì con un tweet ha bollato come «atto ostile». «Un tweet interessante per più ragioni», dice ora Mucchetti. «Innanzitutto il presidente della Cassa Depositi e Prestiti si occupa di Telecom Italia, nella quale la Cdp e i suoi fondi non hanno partecipazioni azionarie. La Cassa è controllata all’85% dallo Stato. Devo immaginare che, con questa mossa in stile renziano, si stia aprendo un nuovo corso all’insegna di un’assunzione di responsabilità globale da parte del governo nella politica industriale o no? In effetti il destino di Telecom Italia e della rete di telecomunicazioni sempre meno efficiente, anche nella parte mobile affidata a Vodafone, Wind e 3, rappresenta una questione di rilevanza strategica nazionale ai fini della competitività del Paese. Una questione alla quale le aziende in quanto tali non riescono a dare soluzione.».
Per Mucchetti però l’uscita di Bassanini è importante anche per una seconda ragione. «Pur senza citarli critica quanti si erano fidati di Telefonica quando nel settembre 2013 questa rilevò la maggioranza di Telco, allora socio di riferimento di Telecom Italia, senza nemmeno lanciare un’opa».
Se si domanda a Mucchetti a chi si riferisce, la risposta è secca: «Certamente all’allora premier Enrico Letta, che usò tutto il potere di condizionamento di Palazzo Chigi per fermare la riforma dell’opa obbligatoria che il Senato era pronto ad approvare. In generale, quella riforma intendeva rendere più competitivo il mercato finanziario visto dalla parte dei soci di minoranza. In particolare, intendeva evitare che, senza pagare pegno, un azionista concorrente si trovasse a esercitare il controllo di fatto di Telecom Italia danneggiando un’azienda chiave del Paese. Benché, come rilevò la Consob, quella misura non avesse effetti retroattivi, Letta ritenne che ci fosse una partita in corso e che la modifica delle regole avrebbe scoraggiato gli investimenti esteri in Italia, rappresentati da Telefonica».
Letta però, aggiunge Mucchetti, non era il solo a pensarla così. «Questa linea lettiana venne apertamente sostenuta da Renzi in tv da Santoro e poi in interviste alla stampa, nonostante avessi cercato di spiegargli come stavano le cose. Ha cambiato idea o la Cdp parla a sua insaputa? Renzi ha già cambiato idea su Ansaldo Energia e ha fatto bene. Le dichiarazioni dei sottosegretari Delrio e Giacomelli, entrambi positivamente attenti agli interessi nazionali, fanno ben sperare».
Per la verità bisogna aggiungere che all’epoca il governo aveva anche il sostegno dei soci italiani di Telecom Italia. E anche qui Mucchetti si leva qualche sassolino. «Infatti i ’fustigatori a parole’ della finanza dei salotti buoni erano dalla parte di Mediobanca, Generali e Intesa Sanpaolo, che volevano vendere a premio i loro pacchetti Telecom. Ed erano quegli azionisti che, assieme a Telefonica, avevano impedito a Franco Bernabè di trattare Gvt e di varare l’aumento di capitale necessario all’acquisizione. Salvo poi sostenere la vendita di Telecom Argentina, che dopo dieci mesi non è ancora stata pagata».
Tutto ciò riguarda però il passato; ora, di fronte al blitz di Telefonica, che cosa si può fare? «Telecom vorrebbe Gtv ma è lentissima nelle decisioni. In ogni caso vediamo se Mediobanca riuscirà - e sarebbe bello - a convincere Vivendi a trattare Gtv con les italiens invece che con gli spagnoli. Ricordo che l’azionista principale di Vivendi è Vincent Bolloré, ossia il secondo socio di Mediobanca dopo Unicredit. Se parliamo dell’infrastruttura italiana, credo sia arrivato il momento di riesaminare le proposte che vennero da Bernabè e Gamberale, accanto a quelle della stessa Cdp».
Antonio Satta, MilanoFinanza 7/8/2014