Fabio Cavalera, Corriere della Sera 7/08/2014, 7 agosto 2014
E BORIS CORRE PER IL PARLAMENTO (SOGNANDO DOWNING STREET)
Il biondo cinquantenne Boris Johnson, il sindaco di Londra che annuncia di lanciarsi nella campagna del 2015 per ritornare in Parlamento e per scalare la leadership tory, è il più naïf fra i conservatori. Ma, del resto, non può essere che così visto che in lui si incrociano ascendenze turche (il trisnonno Ali Kemal fu ministro nell’impero ottomano), tedesche, francesi e americane (Boris è nato a New York e fino al 2006 è rimasto cittadino statunitense). Un’interessante condivisione di culture che gli regala molte passioni intellettuali e virtù: adora la storia di Roma, declama in latino (che vorrebbe fosse insegnato sin dalle elementari), è lestissimo nelle battute (il «Borisismo»), va in ufficio in bicicletta (rischiò di essere travolto da un tir), è poco formale nonostante l’educazione severa di Eton e di Oxford dove ebbe una infatuazione per i socialdemocratici prima di sposare i tory. Boris Johnson però è anche un grande bugiardo. Il più simpatico fra tutti i grandi bugiardi. Ma se non lo fosse, di natura, non sarebbe neppure diventato un bravo giornalista (ex corrispondente da Bruxelles per il Daily Telegraph ). Nel 2008, abbandonando i Comuni per conquistare Londra, aveva giurato che mai e poi mai avrebbe aspirato a cariche più alte. E replicò nel 2012, vincendo per la seconda volta. Poi, ancora, ogni anno il solito ritornello. Dicendo: non sgambetterò David Cameron. Adesso, in contropiede, Alexander Boris de Pfeffel Johnson (è il suo nome per intero) va alla carica e nel 2015 correrà per Westminster, passo iniziale per provare a prendersi la leadership tory. Cameron ha accolto l’annuncio con fairplay: «Magnifico, in campo voglio solo fuoriclasse». Già ma il fuoriclasse punta a diventare capitano a Downing Street. Durante la visita di Renzi a Londra, in primavera, Boris l’euroscettico aveva ammesso: «Se tu, sindaco di Firenze, sei diventato premier, pure io che sono sindaco della quarta città italiana, visto il numero dei residenti italiani a Londra, posso farci un pensierino». I colleghi inglesi non lo avevano sentito. E pensare che era stato, per una volta, sincero.