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 2014  agosto 07 Giovedì calendario

HIGUAIN: «IL MIO NAPOLI VALE MESSI»

Un metro più indietro e, probabilmente, il suo Mondiale, e quello dell’Argentina, avrebbe potuto avere un epilogo diverso. Cento centimetri più in là dell’ultimo difensore tedesco, che non sfuggirono allo sguardo attento di Faverani, l’assistente dell’arbitro Rizzoli, pronto a sbandierare il fuorigioco e ad annullare la rete di Gonzalo Higuain nella finale contro la Germania. Chissà, sarebbe anche potuto essere un gol pesante, quello del trionfo per intenderci. Ed oggi saremmo stati qui, al cospetto di un campione del mondo che una città intera avrebbe festeggiato alla sua maniera. Così non è stato, purtroppo per lui. La sua resterà una delle tante storie che il calcio ha già sistemato nel suo immenso archivio, pronto a tirarla fuori tra quattro anni, magari, quando il Mondiale ritornerà a rapire l’attenzione dell’intero pianeta.
Venti giorni di vacanza, tuttavia, gli sono bastati per metabolizzare la delusione e per ripartire insieme col Napoli per una stagione che si preannuncia intesa: il Pipita vuole lo scudetto. «Avrei voluto l’accoppiata Mondiale-scudetto, proprio come fece Maradona nell’86, vincendo con l’Argentina a Città del Messico, e l’anno successivo conquistando il primo titolo col Napoli. Il primo sogno è svanito, ne resta un altro che sono certo di poter realizzare a maggio». C’è un precedente che potrebbe consolarlo: nel Mondiale americano del ’94. Roberto Baggio sbagliò il rigore decisivo in finale, contro il Brasile e al termine del campionato vinse lo scudetto con la Juve. «Allora, farò di tutto per imitarlo. Ho dentro una gran voglia di vincere».
Le va di raccontarci la delusione mondiale? A parte il gol annullato, ne ha sbagliato un altro praticamente solo dinanzi a Neuer: cosa ha provato nel rivedere quelle immagini?
«La mia rete era in fuorigioco. Certo quando ho visto che il guardalinee ha alzato la bandierina, mi è dispiaciuto. Il gol fallito può capitare, anche i grandi attaccanti possono sbagliare. Comunque, sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto, pochi credevano che saremmo potuti arrivare in finale. Abbiamo giocato una grande partita contro la Germania, costruendo più occasioni di loro».
Cosa l’ha sorpresa di più, l’eliminazione dell’Italia o quella del Brasile?
«Mi aspettavo molto di più dalla nazionale italiana, l’avevo inserita tra le prime 4. Purtroppo, il suo girone è stato più complicato del previsto. Sull’eliminazione del Brasile, invece, non avrei scommesso un centesimo. L’infortunio di Neymar e l’assenza di Thiago Silva sono state pesanti contro la Germania, in semifinale».
Delusione metabolizzata, dunque: si sente pronto, adesso a lanciare la sfida alla Juventus e a interromperne il dominio italiano?
«Direi proprio di si. Però, non vorrei che parlassimo troppo del prossimo campionato e perdessimo di vista il preliminare di Champions League: io ci tengo da morire a giocarla. Ho dentro ancora la delusione dello scorso anno, quando uscimmo per un gol di differenza».
Quella sera, la vittoria sull’Arsenal non servì a nulla e ci furono pure le sue prime lacrime napoletane.
«Piansi per rabbia: non meritavamo l’eliminazione. Non so se nella storia della Champions c’è una squadra che non si sia qualificata pur sommando 12 punti» (No, non c’è, ndr).
Due acquisti, Koulibaly e Michu, e la prospettiva di un terzo, Fellaini: crede che possano bastare perché il Napoli sia competitivo in campionato e in Europa?
«Il vantaggio che abbiamo rispetto allo scorso anno è che esiste un progetto avviato, conosciamo già il campionato e abbiamo imparato che i punti contro le piccole non dobbiamo perderli. Non dovrà più accadere, dovremo avere sempre lo stesso atteggiamento in tutte le gare. Una grande squadra non può perdere tanti punti con squadre di fascia bassa, io sono motivatissimo e immagino soltanto cosa potrà accadere il giorno in cui dovessimo vincere lo scudetto. Vorrei proprio godermela quella festa».
Nel suo primo anno di Napoli, comunque, ha vinto la Coppa Italia, un trofeo importante.
«Quella sera ho vissuto un incubo con tutto quello che è accaduto. A fine gara abbiamo gioito, ma nessuno di noi aveva voglia di festeggiare. D’altra parte, sapendo che un ragazzo stavo lottando tra la vita e la morte, chi avrebbe potuto mai avere il coraggio di esultare?».
Una notte lunga 50 giorni prima che il cuore di Ciro Esposito smettesse di battere. Poi, i tanti discorsi, le promesse, perché il calcio non generi più violenza: qual è il suo pensiero?
«Premesso che trovo inquietante che si debba morire per una partita di calcio, ho sentito anch’io tante parole, istituzioni pronte a impegnarsi. Si dice che le cose miglioreranno, ma io questi cambiamenti non li vedo mai».
Perderà qualcosa la Juve senza Conte?
«Bè, con lui in panchina hanno vinto tre scudetti. E, dunque, qualcosa di suo sicuramente l’ha trasmesso, soprattutto sotto il profilo del gioco. Con Allegri, cominceranno una nuova avventura, lui ha buone qualità e l’ha dimostrato vincendo il titolo col Milan. Vedrete, saranno ancora loro gli avversari da battere».
Nonostante la Roma si sia rinforzata ancor di più con gli acquisti di Iturbe, Keita e Cole?
«Garcia aveva già una squadra forte, però quest’anno avranno anche loro la Champions, una competizione che porta via una quantità infinita di energie fisiche e mentali».
Che campionato sarà, allora?
«Sicuramente più equilibrato, non credo che ci possa essere una squadra in grado di fare 102 punti così come ha fatto la Juve. Vi raccomando l’Inter, s’è rinforzata parecchio con Vidic, M’Vila, Osvaldo e Medel. I nerazzurri lotteranno per lo scudetto, a differenza del Milan che dovrà operare ancora molto sul mercato».
Tra poco meno di un mese ripartono il campionato e la competizione per il titolo di capocannoniere: è pronto a lanciarsi nella sfida?
«Lo scorso anno, dietro Immobile, sono arrivati attaccanti d’esperienza come Toni, Di Natale, Tevez, Palacio, oltre a me. Chissà che non possa ripetersi un giovane».
Stasera, l’amichevole col Barcellona: ritrova l’avversario di sempre, che lei ha sfidato più volte nel «clasico». Una partita dal grande fascino, nonostante le numerose assenze tra gli spagnoli. Ed a proposito di Barcellona e delle indiscrezioni circolate durante il Mondiale che l’avrebbero voluto pronto a giocare al fianco di Messi, nella Liga: qual è la verità?
«Io non ho mai affrontato quest’argomento, ho sempre detto la verità. E, cioè, che avrei voluto pensare soltanto al Mondiale e che poi sarei ritornato a Napoli. Dunque, ero tranquillo, non avevo nulla da temere, perché non c’era nulla da commentare. Se Messi ha detto certe cose, posso soltanto esserne lusingato. Io credo che a tutti i giocatori piacerebbe giocare al fianco di un grande campione. Ma ciò non vuol dire che uno voglia andare via».
Magari, Gonzalo, potrebbe venire Leo a Napoli. D’altra parte, qui c’è stato Diego Maradona per sette anni: che ne pensa?
«Magari, sarebbe bellissimo, ma credo che sia impossibile o quasi. Lui, a Barcellona ci sta benissimo».