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 2014  agosto 07 Giovedì calendario

IL MARCHESE DEL GRILLO: «CHI OCCUPA NON HA DIRITTI»

Un illustre antenato della sua famiglia era noto per gli scherzi che faceva. A lui la voglia di scherzare è passata tre anni fa, quando è stato «okkupato» il Teatro Valle di cui è ancora, in parte, proprietario. Raggiungiamo il marchese Aldo Pezzana Capranica Del Grillo nella sua elegante dimora di Bolsena, vista lago. È comodamente seduto all’ombra, su una poltroncina, nel giardino della casa di campagna. Squilla il cellulare.
«Pronto?»
Buonasera signor marchese, qui è il quotidiano Il Tempo...
«Aspettavo la vostra chiamata. Volevate chiedermi del teatro Valle, immagino...»
Il marchese si versa un goccio d’acqua, lo porta alla bocca, mentre la voce al telefono conferma l’argomento dell’intervista. Posa il bicchere di cristallo sul tavolino del salottino all’aperto:
«Bene - dice - allora avanti con le domande».
Come andrà a finire tra Comune di Roma e occupanti? Si arriverà ad un accordo, se ne andranno?
«Spero proprio di sì, ma sa, alla mia età, io ho 85 anni, da questo Paese dove la giustizia va come va non posso aspettarmi granché. Devo fare davvero un grande sforzo per essere ottimista»
Lei è stato presidente del Consiglio di Stato e ne è tutt’ora membro emerito. Da uomo di legge come ha vissuto l’occupazione del Valle?
«Male, ma prima di tutto questa vicenda mi ha toccato come cittadino amante del teatro. E poi perché il Valle è stato costruito dalla famiglia di mia moglie all’inizio del ’700. Ciò che è avvenuto è orrendo. E la cosa più sorprendente è che nessuno si sia reso conto che sono andati in scena spettacoli, con bimbi in platea, senza la presenza dei vigili del fuoco, senza alcun controllo delle uscite di sicurezza. Questo mancato rispetto della funzionalità della struttura è indipendente dagli ideali dell’occupazione, dalle motivazioni artistiche di quei ragazzi. In un Paese normale ciò non sarebbe stato permesso»
Ha condiviso la scelta del prefetto di non riconoscere la legittimità della Fondazione Teatro Valle Bene Comune?
«Il prefetto di Roma ha fatto ciò che andava fatto. Ho avuto modo di leggere una bozza dello statuto della Fondazione. Mi fu portata da una delegazione degli occupanti e la trovai, come dire, piuttosto singolare».
È ancora proprietario di alcuni spazi del Valle, tra cui il Foyer; da tre anni non le viene corrisposto l’affitto. Chi avrebbe dovuto pagarlo?
«Nel 1968 la mia famiglia ha ceduto la proprietà mantenendo però il foyer, il palco centrale e l’alloggio del custode. Allora il foyer era più piccolo di quello attuale. Così, quando lo stabile fu ceduto all’Eti, scorporammo una parte di una porzione di un’altra nostra proprietà e l’affittammo all’Eti affinché il Valle potesse dotarsi di un foyer molto più grande»
Quindi era l’Eti che doveva pagare l’affitto per gli anni dell’occupazione?
«Dal momento dell’occupazione è nata una discussione su chi dovesse pagarlo, uno scaricabarile tra Comune e ministero dei Beni culturali. Il Comune ha risposto che il pagamento dell’affitto fosse subordinato all’effettivo passaggio dal ministero al Campidoglio, il Mibact era convinto che dovesse pagarlo il Comune e...»
La solita farsa all’italiana...
«Esatto. E alla fine la mia famiglia ha due cause in corso su cui il tribunale civile si è già espresso. Secondo la sentenza il foyer e l’appartamento potevano essere liberati immediatamente».
Perché non lo ha fatto?
«A cosa servirebbe liberare solo il foyer? In compenso abbiamo ottenuto dal Tribunale decreti ingiuntivi contro Comune e Ministero, a cui gli enti si sono appellati. Siamo in attesa della sentenza di secondo grado. Vorrei sottolineare che la mia famiglia ha puntualmente continuato a pagare le imposte sulla sua parte di proprietà. Comunque sia non sono i soldi che mi preoccupano, piuttosto le sorti del teatro»
Ha riportato danni?
«Non so in che condizioni sia. Spero sia stata almeno rispettata la sua bellezza»
C’è mai entrato in questi tre anni? Gli occupanti l’hanno mai invitata?
«Sì, una volta. Ma ho declinato l’invito».
Perché?
«Per non legittimare un’occupazione che non condividevo»
Cosa si aspetta dal Campidoglio?
«Il Comune deve preparare un ottimo bando pubblico ed evitare l’ammucchiata con un altro ente che ha dimostrato di produrre spettacoli diversi da quelli del Valle»
Si riferisce al Teatro di Roma?
«Certo. Quest’ipotesi mi fa paura perché significherebbe contare sull’accesso ai fondi pubblici perdendo di vista un serio programma di rilancio di cui il Valle ha più che mai bisogno per tornare ad essere quel grande teatro che è stato fino a tre anni fa»
Gli occupanti sarebbero disposti a gestire il Valle. Anche quest’ipotesi le fa paura?
«Non si possono fare cose stravaganti solo per amore della modernità. Intendiamoci. Non voglio dire che debbano andare in scena solo i grandi classici. Ma i grandi classici possono essere rivisti in chiave moderna, magari rivalutando e rilanciando la figura dell’attore drammatico, che tanta importanza ebbe nella vita culturale italiana. Se si lavora bene, il Valle può dare anche soddisfazioni economiche. Per questo serve un bando pubblico»
A cui potrebbero partecipare anche gli occupanti...
«Perché no. Sarebbe giusto, così come sarebbe ingiusto riconoscere a chi ha agito nell’illegalità una sorta di diritto di prelazione».
Questa storia le sembra più una commedia o una tragedia?
«Questo è un momento buio per la cultura italiana. Non mi riferisco solo alla situazione del Valle. Penso all’Opera di Roma, al teatro Eliseo. Ho visto morire il Teatro delle Arti di via Sicilia ed è una ferita ancora aperta nel mio cuore. Ancora più insopportabile è assistere alla scomparsa del teatro di prosa. Questa sì che è una vera tragedia».