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 2014  luglio 25 Venerdì calendario

JET SEMPRE TRACCIABILI E PIÙ INTELLIGENCE COMPAGNIE MOBILITATE PER L’ALLARME NEI CIELI

Un Boeing 777 della Malaysian Airlines svanito nel nulla a marzo con i suoi 239 passeggeri. E ora, nel luglio più nero dell’aviazione civile, tre incidenti e 462 vittime (salvo miracoli nel deserto del Mali) in meno di una settimana. Torna a riaccendersi la spia dell’allarme sulla sicurezza del trasporto aereo. Gli esperti — sfidando l’emotività e il tris di disastri di queste ore — gettano acqua sul fuoco: «Da inizio anno siamo a 12 tragedie mortali, meno delle 17 dello stesso periodo 2013 e al di sotto della media da inizio millennio», assicura Harro Ranter, presidente di Aviation Safety Network. Ogni giorno decollano 100 mila voli — aggiunge la Iata, l’organizzazione delle compagnie aeree — e nei primi quattro mesi del 2014 solo uno ogni 4 milioni ha registrato inconvenienti seri.
Le cifre però fanno lo stesso impressione: da gennaio nei cieli del mondo hanno perso la vita ben 700 persone, contro le 210 del 2013 (anno in cui in Italia ci sono state 1.791 vittime di incidenti stradali). Ed Emirates e Lufthansa — due delle principali compagnie globali — hanno chiesto un summit urgente tra i protagonisti del settore per valutare cosa sta succedendo, far tesoro delle lezioni imparate in questi mesi e prendere le contromisure adeguate a tranquillizzare i passeggeri.
IL NODO DEI RADAR
Il primo nodo da sciogliere — sostengono tutti — è l’adozione di un sistema in grado di individuare in ogni momento la posizione di un aereo. Oggi le rotte vengono tracciate dai radar a terra. Ma intere aree del pianeta — come dimostrano la sparizione del volo Mh370 e le difficoltà incontrate ieri a rintracciare quello della Air Algerie — sono prive di questi strumenti. Le autorità europee e americane stanno studiando una soluzione per non perdere mai di vista un jet. Alcune linee aeree stanno sperimentando il sistema Aircom della francese Sita, in grado di mandare a intervalli regolari informazioni e di segnalare immediatamente via satellite anomalie di rotta «con costi di installazione contenuti», assicurano i progettisti. A breve potrebbe essere reso obbligatorio su tutti gli aerei, togliendo la possibilità ai piloti di disattivare questo servizio. Sotto esame anche l’autonomia e la portata delle scatole nere. Le batterie durano oggi 30 giorni e hanno in acqua una portata di circa 4 km. La Ue ha già votato un provvedimento che dal 2018 ne raddoppierà vita e gittata.
MISSILI E GUERRE
La tragedia del volo Mh17 ha aperto due questioni: la vulnerabilità dei jet ai missili e la sicurezza dei voli su aree a rischio. I sistemi contro ordigni di questo tipo esistono: li montano i 38 aerei dell’israeliana El Al e molti velivoli di Stato. Peccato costino 3 milioni l’uno. Per adottarli su tutta la flotta commerciale mondiale il conto sarebbe di 32 miliardi. Molti per un settore che tra 2013 e 2014 dovrebbe guadagnarne 18 ma che a inizio millennio, dalle Torri Gemelle in poi, ha macinato decine di miliardi di perdite.
Motivi economici rendono difficile pure la chiusura degli spazi aerei a rischio, su cui a decidere sono le singole autorità di volo nazionali. Ogni chilometro di volo in più significa circa una decina di litri di carburante bruciati (i consumi dipendono da altitudine e fase di crociera). E le tasse di sorvolo sono un importante fonte di entrata per i paesi. Molte aerolinee, non a caso, hanno continuato a volare sopra l’Ucraina per non allungare le rotte di qualche centinaio di miglia, con l’ok ufficiale di Kiev. Diverse compagnie vorrebbero ora che in zone di guerra sia l’Icao, l’ente Onu che segue l’aviazione, a valutare lo stop ai voli. «Le regole devono valere per tutti — dice il sindacato tedesco dei piloti — altrimenti, appena qualcuno sceglie il percorso più breve per risparmiare, poi lo fanno tutti».
L’AIUTO DELL’INTERPOL
Altra ferita aperta è quella del controllo dell’identità dei passeggeri. Sul volo Mh370 viaggiavano due persone con passaporti rubati. I dati dei 40 milioni di documenti sottratti ai legittimi proprietari sono registrati nella banca dati Interpol e sono a disposizione di tutti gli Stati. Ma solo Stati Uniti, Gran Bretagna ed Emirati Arabi incrociano i nomi dei clienti con quelli dell’agenzia. Le compagnie vogliono che tutti gli Stati di dotino degli strumenti per rendere obbligatoria questa verifica. Un terzo dei viaggiatori oggi si imbarca senza check di questi tipo. La questione è ancora più urgente, visto che i servizi segreti Usa hanno appena lanciato un allarme sulla sicurezza in aeroporto, segnalando il possibile imbarco di terroristi con ordigni esplosivi non metallici (e quindi in grado di sfuggire agli scanner) cuciti sottopelle.
Ettore Livini, la Repubblica 25/7/2014