Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  luglio 25 Venerdì calendario

IL TESORO DEI TEDESCHI IN CASSA A BERLINO MIGLIAIA DI MILIARDI

ROMA.
Prima del grande crash del 2008, Ben Bernanke aveva trovato una definizione per ciò che vedeva succedere: «Eccesso di risparmio». L’allora presidente della Federal Reserve parlava della Cina, perché il suo cronico surplus commerciale gonfiava le riserve della banca centrale di Pechino per migliaia di miliardi di dollari. Questi fondi crescevano così in fretta che i cinesi non sapevano più dove investirli e comprarono titoli immobiliari americani, alimentando la più grande bolla creditizia della storia.
La fine è nota. E almeno questo scenario in teoria oggi non dovrebbe minacciare l’Europa. Nella zona-euro dal 2007 gli investimenti sono crollati del 18%, al netto dell’inflazione. Persino in Germania la spesa in progetti come l’acquisto di macchinari, la costruzione di strade, di ponti o impianti produttivi è scesa sia nel 2012 che nel 2013. L’Europa non sembrerebbe esposta alla sindrome cinese, eppure ci è caduta in pieno. I dati della Banca dei regolamenti internazionali (Bri) rivelano fino a che punto nel cuore dell’area migliaia di miliardi di euro si accumulino gli uni sugli altri e restino inattivi, a rendimento zero, senza impieghi produttivi. È il tesoro della Germania, così assente dal dibattito pubblico che i tedeschi stessi sembrano essersene dimenticati. Sepolto e chiuso in quella che gli economisti chiamano una trappola della liquidità: un’enorme massa di denaro che non trova alcuna funzione utile a qualcuno o a qualcosa. Forse era inevitabile, visto che l’avanzo degli scambi della Germania con il resto del mondo è di circa 280 miliardi di euro ogni anno e molto di questo denaro affluisce nel Paese. Poiché la Repubblica federale non è un sistema a controllo pubblico come la Cina, questo risparmio non riemerge nelle riserve della banca centrale.
Ma la Bri registra gli investimenti di portafoglio (cioè puramente finanziari) delle banche tedesche e rivela quanto l’eccesso di risparmio tedesco sia l’altra faccia del crollo degli investimenti in Europa. Grazie ai surplus commerciali, ogni quattro anni la massa di risparmio in Germania cresce di circa mille miliardi di euro, più di quanto sia mai successo alla Cina. Da quando la crisi divenne conclamata nel marzo del 2008 alla primavera di quest’anno, questo denaro ha compiuto una straordinaria ritirata. Sei anni fa le banche tedesche avevano investiti in titoli emessi da altri Paesi, dai bond del governo italiano alle azioni di Wall Street, l’equivalente di 4.700 miliardi di dollari. Una volta e mezza le riserve della banca centrale di Pechino. Ma a primavera di quest’anno le banche tedesche avevano già tagliato la loro esposizione all’estero di quasi duemila miliardi di dollari, l’equivalente del prodotto interno lordo italiano. È stata la più grande operazione di rimpatrio di fondi della storia.
L’Italia, il Portogallo e la Gran Bretagna sono i Paesi avanzati dai quali le banche tedesche sono uscite, proporzionalmente, nel modo più radicale. L’esposizione sui titoli italiani è crollata da 269 miliardi del marzo 2008 a 126 miliardi questa primavera. Negli ultimi sei anni è scesa trimestre dopo trimestre salvo che nell’ultimo, quando è risalita di un miliardo. Anche l’esposizione sugli Stati Uniti è scesa da 817 miliardi del picco del 2008 ai circa 460 miliardi degli ultimi dati, in calo continuo. Quanto alla Spagna, la discesa degli investimenti di portafoglio delle banche tedesche è stata da 315 a 122 miliardi.
Questa cautela è comprensibile, perché riciclare i proventi dei surplus commerciali in Spagna, Italia o Stati Uniti aveva alimentato la bolla del credito in quei Paesi. Gli istituti tedeschi non vogliono subire nuove perdite sui subprime o su titoli di Stato rischiosi. Il problema è che i risparmi affidati loro in gestione nel frattempo continuano a crescere e letteralmente le banche non sembrano più sapere dove metterli. Dal 2008 è aumentata la loro esposizione sulla Cina (da 21 a 31 miliardi), sulla Finlandia o sulla Polonia. Ma migliaia di miliardi sono stati riportati in Germania, dove restano depositati in titoli di Stato o altri bond tedeschi a rendimento quasi zero.
Al cuore di un continente affamato di investimenti produttivi, c’è un eccesso di risparmio in trappola per almeno cinquemila miliardi. Ne basterebbe una piccola parte per co-finanziare tramite bond europei progetti comuni nelle reti di trasporto o dell’energia, creando posti di lavoro e buoni rendimenti per chi investe. Basterebbe, se solo i leader europei fossero in grado di mettersi d’accordo.
Federico Fubini, la Repubblica 25/7/2014