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 2014  luglio 25 Venerdì calendario

NIBALI: «NON ACCOSTATEMI AD ARMSTRONG»

Fatiche e sofferenze, timori e tensioni, pressioni e strategie, aspettative e responsa­ bilità, sacrifici e rinunce. Ma anche diverti­ mento. Quello di uno strumento di gioco, quello di una fabbrica di emozioni. La bici è sempre stata il divertimento di Vincenzo Ni­ bali. E lo è anche adesso. Primo sull’Hauta­ cam, primo al Tour de France. Divertendosi.
Nibali, davvero si diverte? «Molto. Wiggins ha detto che quando ha vinto il Tour, due anni fa, non si era divertito? Wiggins ha detto che, se potesse tornare in­ dietro, non lo avrebbe vinto? Non lo so, non l’ho letto, ma io mi diverto ad andare in bici e mi sto divertendo. Perché questo Tour è di­ verso da quel Tour».
Cioè? «Quel Tour si adattava bene alle qualità di Wiggins. Aveva due crono molto lunghe e sa­ lite in cui Sky faceva un gioco di squadra im­ peccabile. Questo Tour è un po’ più duro, per­ ché ha avuto più arrivi in salita, ma anche più tappe nervose, come la seconda, con tanti sa­ liscendi e con effetti imprevedibili. Bisogna saper leggere le corse in maniera diversa».
Eppure, quando è scattato Valverde, non sembrava divertirsi.
«Lo ha fatto all’inizio della discesa dal Tourmalet. Ho cercato di non perdere la te­ sta. C’era ancora tanta strada, soprattutto c’era ancora la salita dell’Hautacam».
Ha attaccato ai ­10 dall’arrivo. Perché? «Perché era scattato Horner, e con lui c’è una rivalità diretta cominciata alla Vuelta 2013. Perché stavo bene. Perché avevo paura che mi sfuggisse la tappa. E perché volevo vincerne una sui Pirenei».
E’ vero che, da piccolo, la chiamavano «la pulce dei Pirenei», il soprannome dello sca­ latore spagnolo Vicente Trueba? «Era stato un amico di mio padre. Pulce perché ero piccolo di età e statura. E in salita andavo più forte di loro. Poi, però, sono di­ ventato “lo Squalo dello Stretto”».
Maglia gialla e tre tappe. Non le bastava­ no? Voleva dimostrare di essere il più forte? «Volevo lasciare il segno sui Pirenei. E sta­ volta volevo vincere non per la classifica, ma per la vittoria. Ne avevamo parlato già alla riunione del mattino. E così volevo dedicare la vittoria ai miei compagni: se lo meritava­ no, per il Tour e per oggi (ieri, ndr), tenendo la fuga vicina». Solo, sull’Hautacam, non ha pensato di es­ sere partito troppo presto? «Ci ho pensato. Dieci chilometri in solita­ ria non sono uno scherzo. Ma poi ho pensato soltanto a vincere. Non sapevo quanto van­ taggio avesse Nieve, il collegamento radio con l’ammiraglia era disturbata, la voce co­ perta dalle urla della gente, così ho cercato di raggiungere lo spagnolo in fretta, l’ho stacca­ to e, a quel punto, ho cercato di gestire il van­ taggio, facendo una cronoscalata. La salita l’avevo già fatta, ma me la ricordavo diversa, il finale era molto difficile».
Anche Merckx vinse quattro tappe e poi la maglia gialla. «Non era quello il mio obiettivo. Ma è bello vincere quattro tappe. E lo si può fare solo se, dall’inizio alla fine del Tour, si sta bene».
Vinokourov ha detto che lei è il padrone del Tour. Come si diceva di Lance Armstrong.
«Non accostatemi ad Armstrong. Abbia­ mo altre storie. La mia dice di un terzo posto al Giro e di un primo alla Vuelta nel 2010, di un secondo al Giro nel 2011, di un terzo Tour nel 2012, di un primo al Giro e di un secondo alla Vuelta nel 2013. E le classiche le faccio davanti, all’attacco, anche quando sto male».
La innervosiscono le critiche all’Astana? «Appartengono al passato. Questo è un gruppo nuovo con una mentalità diversa. fra noi corridori c’è la massima chiarezza».
Sette minuti sul secondo. E forse saranno di più dopo la crono. «Non è un vantaggio conquistato in una so­ la tappa, ma tutti i giorni, 20” qui, 40” là. In­ vece i miei avversari hanno pagato giornate difficili. E anche al Giro 2013 avevo vantaggi importanti: quasi 5’ su Uran, quasi 6’ su Evans».
Sarebbe successo anche con Froome e Contador? «Non lo so. Ma avete visto anche voi com’è andata. Magari ci sarebbe stata più lotta salita, ma i 2’30” guadagnati sul pavé ci sareb­ bero stati comunque. E da quel giorno io ho corso sempre davanti. Ma c’è un’altra cosa». Quale? «Quest’anno Froome e Contador volevano dimostrare di andare forte in ogni corsa cui partecipavano. Froome al Romandia, Froo­ me e Contador al Delfinato… Invece io ho puntato tutto sul Tour, ci sono arrivato massimo, senza sprecare energie fisiche mentali in altre corse». Insomma, Nibali, è felice? «Che cosa potrei volere di più?».