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 2014  luglio 24 Giovedì calendario

UBI BANCA, LE ACCUSE A BAZOLI E GITTI

Milano
L’inchiesta su Ubi Banca, che vede tra gli indagati nomi illustri della finanza italiana come Giovanni Bazoli e Giampiero Pesenti, prende nuove direzioni. E così, se dalle perquisizioni di maggio era emerso che la procura di Bergamo sta indagando su due filoni, quello dell’ostacolo all’attività di vigilanza (che riguarda proprio Bazoli, nella veste di presidente di un’associazione di piccoli azionisti, e l’ex presidente della Popolare Emilio Zanetti) più quello legato alla truffa e al riciclaggio per le operazioni del leasing (che coinvolge Pesenti), ora ne emerge uno nuovo, connesso alla possibile esistenza di conflitti di interesse tra manager e imprenditori vicini alla banca nata nella seconda metà degli anni Duemila sull’asse tra Brescia e Bergamo.
Gli intrecci ora al vaglio degli inquirenti sono riportati in un dossier anonimo che l’associazione di consumatori Adusbef di Elio Lannutti ha trasmesso alle procure di Milano, Bergamo e Roma. Si tratta dello stesso plico che contiene le movimentazioni del conto di IwBank (gruppo Ubi) dell’ex commissario della Consob Michele Pezzinga, già in disaccordo con il presidente dell’autorità di vigilanza Giuseppe Vegas sulla fusione tra Unipol e Fonsai.
I documenti, ha affermato Lannutti, offrono "una ricostruzione puntuale e analitica di alcune società e amministratori della galassia Ubi Banca" e "degli incarichi" affidati al genero di Bazoli, Gregorio Gitti, "per gestire sofferenze e cartolarizzazioni, anche tramite società di diritto olandese". Il dossier, infatti, elenca una serie di veicoli, che, negli ultimi anni, si sono occupati della cartolarizzazione, ossia della trasformazione in titoli trasferibili, di alcuni crediti in sofferenza o incagliati del gruppo Ubi. Si tratta cioè di quei prestiti, elargiti a piene mani ai tempi delle vacche grasse, spesso a imprenditori amici, che, negli anni della crisi hanno fatto sempre più fatica a essere rimborsati.
Il plico sottolinea come questi crediti “problematici” del gruppo Ubi siano stati ceduti a Banca 24/7 Finance srl, a Lombardia Lease Finance 3 srl, a Lombarda Lease Finance4 srl, a Ubi Finance 2 srl e a Ubi Finance 3 srl. Tutte società veicolo che hanno gestito le operazioni di cartolarizzazione e che sono presiedute da Gitti, avvocato e deputato di recente passato da Scelta Civica a Per L’Italia. Le cifre sono rilevanti : Ubi Finance 2 srl ha rilevato nel 2009 un portafoglio di crediti di 2 miliardi, mentre a Ubi Finance 3, nel 2010, sono stati trasferiti mutui da 2,8 miliardi. Il documento anonimo nota che queste cartolarizzazioni miliardarie sono state gestite in prima persona da Gitti, in qualità di presidente dei veicoli, negli anni in cui il suocero Bazoli, presidente anche del consiglio del sorveglianza di Intesa Sanpaolo, sedeva nel board di Ubi (si è dimesso nel 2012 per la legge Monti sui doppi incarichi). Interpellato dal Fatto Quotidiano, Gitti rivendica “la perfetta liceità delle operazioni di cartolarizzazione svolte secondo i migliori standard di mercato” e in ogni caso “di avere ricoperto esclusivamente il ruolo di amministratore indipendente e non operativo” nelle società veicolo. Quanto a Bazoli, alla notizia del suo coinvolgimento nell’inchiesta su Ubi, si era detto "sorpreso profondamente, avendo io sempre testimoniato nella mia vita e nei miei comportamenti una totale e leale osservanza delle regole e delle leggi”. E questa resta la sua replica qualunque sia la domanda sul suo coinvolgimento nelle vicende che riguardano Ubi banca.
Ma c’è di più, perché il plico arrivato in Procura scende nel dettaglio della composizione azionaria dei veicoli che hanno gestito la trasformazione in carta dei crediti, sollevando dubbi su tutta una serie di fondazioni, per lo più di diritto olandese e in generale costituite in paesi a fiscalità favorevole, che li controllano per la quota di maggioranza. Un portavoce di Ubi spiega al Fatto però che i veicoli sono interamente controllati dalla Popolare: “Gli eventuali guadagni o perdite sono del gruppo”. E anche nel bilancio di Ubi del 2013 si scopre che si tratta di società che rientrano nella “fattispecie del controllo sostanziale, essendo le loro attività e passività originate da società del gruppo”. Lo stesso portavoce della banca aggiunge che “le presunte cessioni di credito a società di diritto olandese sono uno standard di mercato delle operazioni di auto cartolarizzazione” e che tali operazioni “non prevedono alcuna cessione del credito a terzi, ma permettono di creare veicoli di attività stanziabili presso la Bce”.
In altri termini, la banca sostiene che i vecchi prestiti malconci trasformati in titoli li trattiene al proprio interno e non li cede perché le servono da portare in garanzia a Francoforte da Mario Draghi per ottenere in prestito liquidità. In realtà, nel documento anonimo si sostiene che parte di questi crediti cartolarizzati sia stata ceduta ad alcune società di gestione del risparmio (sgr), Progressio e Castello, partecipate con quote di minoranza dalla Mittel. Ovvero dalla storica boutique finanziaria controllata da Roman Zaleski, finanziere tradizionalmente vicino a Giovanni Bazoli (che è stato presidente di Mittel), tramite la sua Tassara. Se così fosse, il cerchio potrebbe chiudersi: le sofferenze di Ubi, trasformate in carta da società presiedute da Gitti, finiscono almeno in parte a sgr partecipate da Mittel. Ma da Ubi spiegano che gran parte delle cartolarizzazioni è rimasta nel gruppo e che i pochi titoli ceduti risalgono a operazioni molto vecchie, precedenti alla maxi fusione di Popolari che ha dato vita a Ubi.
Margherita Barbero, il Fatto Quotidiano 24/7/2014