Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  luglio 24 Giovedì calendario

IL TESORO RENDE 535 MLN ALLE POSTE

Altro che incassare 4 miliardi dalla cessione sul mercato del 40% del capitale della Poste Italiane. Mentre l’ipo sembra ormai destinata a slittare al 2015, il ministero dell’Economia, l’azionista unico del gruppo postale, si prepara invece a staccare all’amministratore delegato Francesco Caio un assegno di oltre mezzo miliardo di euro. Lo stanziamento è contenuto in un emendamento dei relatori al decreto Competitività, in votazione in queste ore al Senato per la conversione in legge. Un rimborso che, come anticipato da MF-Milano Finanza lo scorso aprile, il ministero di Via XX Settembre è obbligato a effettuare dopo che, alla fine del 2013, il Tribunale dell’Unione Europea ha dato ragione alle Poste Italiane sostenendo in particolare che la remunerazione della raccolta postale mediate conti correnti, riconosciuta dal Tesoro sulla base di quanto previsto da una convenzione firmata nel 2006, non doveva essere considerata un aiuto di Stato. Così Poste, che nel 2008 aveva prontamente restituito all’Economia i proventi della remunerazione, ovvero 443 milioni di euro, ha visto riconosciuto il proprio diritto a riavere la somma, lievitata nel frattempo a 535 milioni per via degli interessi.
Il governo, secondo l’emendamento presentato ieri, reperirà la liquidità necessaria rosicchiando qualcosa dai fondi accantonati per i pagamenti della pubblica amministrazione (150 milioni su un totale di 6 miliardi) e da quelli messi da parte per i debiti dei ministeri (260 milioni sui complessivi 550). Per un totale, quindi, di 410 milioni. Mentre i 125 milioni rimanenti arriveranno dalla plusvalenza che si è venuta a creare dai Monti-bond restituiti dal Monte dei Paschi di Siena con gli interessi.
Si avvia quindi a trovare collocazione una delle tessere che vanno necessariamente sistemate prima di aprire il capitale di Poste Italiane ai privati tramite l’ipo, come ricordato di recente da Caio. Prima di presentare Poste Italiane a Piazza Affari va anche risolta la questione del contratto di programma con lo Stato per la definizione del servizio universale. C’è poi il nodo dei crediti pregressi verso la pubblica amministrazione, che per Poste Italiane valgono più di 1 miliardo, oltre alla necessità di riscrivere gli accordi su base quinquennale con la Cassa Depositi e Prestiti per la distribuzione negli uffici postali di buoni e libretti emessi dalla stessa Cdp, che dovrebbe chiudersi entro fine mese, e bisognerà stare molto attenti a evitare conflitti d’interesse che possano finire sotto la lente dell’Autorità europea alla concorrenza.
Visti i tempi stretti, il rinvio dell’ipo al 2015 appare molto probabile, così come nel caso della privatizzazione di Sace, l’assicuratore del credito controllato al 100% da Cdp. Sempre il decreto Competitività è intervenuto per risolvere la questione delle garanzie dello Stato in favore di Sace per le operazioni non a mercato, prevedendo l’emanazione entro 30 giorni di un decreto della presidenza del Consiglio dei ministri per l’attuazione. Tempi che si sono rivelati però troppo stretti, tanto che un emendamento dei relatori ha allungato la scadenza a 60 giorni.
Anna Messia, MilanoFinanza 24/7/2014