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 2014  luglio 24 Giovedì calendario

PERCORSO A OSTACOLI PER GLI AIUTI ALL’EXPORT

MILANO.
Sarà di 130 milioni di euro l’anno per tre anni - secondo fonti ministeriali - il "budget" del governo per far funzionare il piano straordinario sul made in Italy annunciato dal ministro per lo Sviluppo economico, Federica Guidi, in Consiglio dei ministri i primi giorni di settembre. Intanto, troppe Pmi non esportano e tra voucher e fondi a pioggia le Regioni vanno in ordine sparso.
L’export può valere un punto di Pil in 3 anni, secondo l’Esecutivo. Ma dipenderà a chi venderemo cosa, tra svalutazioni monetarie e crisi internazionali. Soprattutto se a "tradirci" sono alcuni dei nostri partner più collaudati. Riagganciata la "locomotiva tedesca", a giugno 2014, rispetto al mese precedente, l’export nei Paesi extra-Ue è franato pesantemente del -4,3%, dopo il +5,4% di maggio che aveva incoraggiato gli operatori all’ottimismo. Sempre a giugno le importazioni crescono, invece, dell’1,9 per cento.
I DATI
Una flessione congiunturale, quella delle vendite verso i paesi al di fuori dei confini della Ue – spiega l’Istat – che si deve in larga misura, rispetto a maggio, ai cali di acquisto di beni strumentali (-10,8 per cento), di energia (-5,3%) e dei beni durevoli (-3,8 per cento). Tradotto, macchinari e materie prime in frenata. Mentre soltanto le vendite di prodotti intermedi risultano in espansione (+2,4 per cento).
Se si legge con la "lente" dell’anno su anno, il dato è in flessione anche rispetto a giugno 2013 del 2,8 per cento. Tuttavia, se si raffronta il II trimestre (aprile-giugno 2014) con il I (gennaio-marzo), la dinamica congiunturale del commercio estero verso i paesi extra Ue è lievemente positiva (+0,3%). Dati che sembrano sull’ottovolante se si considera anche che a giugno la bilancia commerciale con i Paesi extra-Ue ha registrato un surplus di 2,2 miliardi: nel primo semestre, il saldo commerciale extra-Ue segna un avanzo di 9,4 miliardi di euro, in miglioramento rispetto al saldo già positivo di 7,6 miliardi dello stesso periodo del 2013. Cioè l’export resta un pilastro positivo, ma per una voce trainante, come i beni strumentali, la frenata è brusca.
A giugno, i mercati di sbocco più dinamici sono i Paesi Asean (+25,4%), gli Stati Uniti (+15,6%, in cui è in forte ripresa la manifattura e il reshoring di alcune grandi imprese) e quelli dell’area Eda (le "Economie dinamiche asiatiche", esclusi Cina e Giappone, +13,3 per cento). Male, per diverse ragioni, alcuni dei nostri partner più consolidati: la Russia (-18,6%), i Paesi dell’America centro-meridionale del Mercosur (-17,8%), il Giappone (-17%), la Turchia (-15,4%) e i Paesi Opec (-7,5 per cento). Contrazioni, in misura minore, anche da Svizzera (-3,6%) e Cina (-1,3 per cento).
Svalutazioni e crisi
«L’onda lunga del "raffreddamento" degli investimenti nei Paesi Brics, cominciato ad aprile-maggio, può certamente spiegare la frenata – ha sottolineato Giorgio Brunetti, ordinario di Strategia e Politica Aziendale alla Bocconi di Milano –. Le economie emergenti hanno subito destabilizzazioni economiche e valutarie provocate dalle politiche "yo-yo" dei vari quantitative easing della Federal Reserve, che hanno portato a svalutazioni di rublo, yen, lira turca e alle debolezze di rupia e real».
Sulla Russia – nostro storico partner per la meccanica legata all’industria estrattiva – pesano soprattutto la guerra in Ucraina, le sanzioni con la relativa cautela degli investitori e un Pil 2014 che gli analisti danno attorno allo 0,5 per cento.
Le reazioni
Naturalmente, la meccanica è un pianeta complesso e articolato, con dinamiche diverse: per esempio, le macchine per il packaging sono in forte sviluppo e quelle per la ceramica sono in terreno positivo grazie a un export che vale l’80 per cento.
«Il calo del 4,3% registrato dall’Istat a giugno non ci sorprende ed in linea generale lo confermiamo – ha detto Riccardo Rosa, vicepresidente di Ucimu (l’associazione dei costruttori di macchine utensili)– perché nell’ultimo trimestre c’è stata un’inversione di trend. C’è un evidente calo sulla Cina, sia i n termini di vendite dirette, sia di vendite verso i nostri principali partners europei, Germania e Polonia, che lamentano il rallentamento e a cascata frenano sugli ordini. E poi c’è la Russia. Con la guerra, la perdita di potere del rublo e le sanzioni gli acquirenti, solitamente grandi compagnie legate in qualche modo allo Stato, risentono pesantemente del clima e non investono». Tuttavia, Rosa non mostra particolare pessimismo: «Solitamente si osservano riprese negli acquisti tra settembre-ottobre. Vedremo se, come ci auguriamo, ci sarà un recupero».
«Eravamo abituati ad un "Made in Italy" trainante, mentre ora la situazione inedita è che sono i prezzi flettenti delle materie prime che danno un forte contributo al surplus dei conti con l’estero – sottolinea Gaetano Fausto Esposito, segretario generale di Assocamerestero –. Si tratta di un dato preoccupante, che andrà attentamente monitorato nei prossimi mesi, considerato che, in linea generale, il mercato extra-Ue è sempre stato molto dinamico per il nostro Paese e che l’andamento delle economie europee fa ipotizzare in prospettiva un modesto incremento della domanda di nostri prodotti».
«Non è certo un buon dato il -4,3% sull’export extra-Ue di giugno – ha aggiunto Sergio De Nardis, chief economist di Nomisma – ma se valutiamo un confronto tra il I e il II trimestre 2014 il dato, +0,3%, è ancora positivo. E, sullo stesso periodo, tali restano sia il +1,2% dei beni di consumo che il +0,9% dei beni strumentali. Questo ci indica che l’export resta positivo ma va monitorato perché è molto in rallentamento e con una domanda interna che resta stagnante, se diminuiscono i nostri volumi nelle aree più dinamiche del pianeta, diventa difficile capire se e come riusciremo mai ad agguantare la ripresa».
Laura Cavestri, Il Sole 24 Ore 24/7/2014