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 2014  luglio 24 Giovedì calendario

IN BRASILE L’ITALIA DEVE CONTARE DI PIÙ


[Mario Giro]

LIMES Che cos’è l’Italia per il Brasile?
GIRO È sicuramente un grande partner commerciale: l’interscambio tra i due paesi è aumentato di oltre il 200% dal 2003 all’anno scorso, passando da 5,5 a 11 miliardi di euro circa, con un saldo a nostro favore anch’esso in costante aumento. Le nostre esportazioni – soprattutto nella meccanica, nell’automotive, nei medicinali, nel cibo e nella moda, nostri tradizionali settori di forza dell’export – stanno crescendo in maniera esponenziale. D’altra parte il Brasile è il più grande mercato latinoamericano e dobbiamo fare di più.
L’Italia in Brasile è anche la nostra vastissima comunità di italodiscendenti, la più ampia al mondo: oltre trenta milioni di brasiliani hanno un genitore, un nonno o un bisnonno italiano. A San Paolo un terzo degli abitanti è di origine italiana. Gli italodiscendenti sono gente ottimista e laboriosa, appartenenti in prevalenza alle classi medio-alte. Rappresentano un’emigrazione di successo. Hanno appoggiato Cardoso e apprezzano il nuovo corso di Lula e Dilma, che ha dato al Brasile un ruolo globale.
LIMES Gli italo-brasiliani si sentono più italiani o più brasiliani?
GIRO Hanno una doppia identità, che convive senza strappi né rivendicazioni. Si sentono brasiliani ma conservano un indubbio attaccamento all’Italia.
LIMES C’è una lobby italo-brasiliana su cui l’Italia può puntare?
GIRO Economicamente sì. La comunità italiana è tra i protagonisti dello sviluppo del Brasile e la sua presenza ha favorito l’inserimento delle imprese italiane. Queste, se sono capaci di internalizzarsi e brasilianizzarsi con presenza e pazienza, senza adottare strategie «mordi e fuggi», hanno successo.
Politicamente possiamo fare di meglio. C’è bisogno di una visione politica sulle nostre collettività e sul loro ruolo. Dove esse sono grandi e visibili, la reputazione del nostro paese se ne giova moltissimo. Alcune collettività di italodiscendenti più piccole in termini relativi e assoluti di quella brasiliana hanno maggiore influenza nei paesi in cui vivono: basti pensare alla nostra comunità in Canada, che pesa nella vita politica e ha vinto le sue battaglie come, ad esempio, l’accesso a Rai International.
LIMES Perché la comunità italiana in Brasile non riesce ad avere la stessa influenza?
GIRO Dipende sia da loro sia da noi. Le comunità italiane all’estero si sono storicamente organizzate nel paese di arrivo in associazioni basate sulla provincia o la regione d’origine, senza inizialmente coordinarsi tra loro. C’è inoltre un problema di comunicazione con Roma: i governi italiani hanno la caratteristica positiva e molto apprezzata di non essere invasivi nei rapporti con gli Stati che ospitano nostre comunità. Bene, ma va creato un maggiore collegamento tra l’Italia e gli italo-discendenti. Si pone dal Brasile una questione più generale: qual è la vocazione delle collettività di italodiscendenti nel mondo? Gli stessi italo-brasiliani non accetterebbero una nostra ingerenza, ma dobbiamo comunque essere in grado di esercitare una maggiore autorevolezza in questo grande paese. Direi con una formula valida per tutta l’America Latina: non ingerenza ma più influenza.
LIMES Cos’altro potremmo fare per aumentare la nostra influenza in Brasile?
GIRO Dobbiamo avere uno sguardo più politico. Dobbiamo ricordarci che l’Italia è un paese del G8, coinvolto in tutte le grandi decisioni e nelle crisi globali. Il Brasile ha tutto l’interesse a confrontarsi con noi, soprattutto considerando la sua ambizione a un ruolo globale. Siamo insieme nel G20, che è la sintesi dei nuovi rapporti di potere nel mondo, un mondo multipolare.
LIMES Altri Stati europei hanno qualche carta in più rispetto a noi?
GIRO La Germania è il primo partner commerciale europeo del Brasile, è anch’essa nel G8 e quindi gode di un lieve vantaggio, anche se noi siamo in un’ottima posizione. Un altro paese cui guardano molto, non solo in Brasile ma in tutta l’America Latina, è la Spagna, che pure non è nel G8. Madrid è molto presente nella regione anche se, a pari del Portogallo, si può trovare a scontare un passato da metropoli coloniale che noi non abbiamo. In America Latina la nostra storia è un eccellente biglietto da visita. Il dialogo con il Brasile è fluido, proficuo, perché i nostri paesi si assomigliano e hanno valori comuni, come quello della difesa della democrazia.
LIMES Il caso di Cesare Battisti ha lasciato qualche strascico nel rapporto bilaterale?
GIRO Oggi non più. Anche in questo caso, per tornare al discorso di prima, la comunità italodiscendente si è schierata quasi unanimemente con il nostro governo, che però non ha saputo sfruttare questa carta. Oggi la questione non influisce nelle relazioni tra Brasilia e Roma, pur essendo rimasta una ferita che si cicatrizza lentamente. L’assenza delle polemiche che avevano contraddistinto gli anni precedenti è senza dubbio un segnale positivo. Per fare un esempio recente: quando è stato arrestato in Italia Henrique Pizzolato, l’ex direttore del marketing del Banco do Brasil in fuga dopo esser stato condannato nel processo mensalão, la collaborazione tra le forze di polizia dei due paesi è stata perfetta e non sono stati alzati polveroni. Qualcuno in Brasile si aspettava che l’Italia approfittasse del caso Pizzolato per riaprire il caso Battisti. Il fatto che ciò non sia successo è stato molto apprezzato. Ci saranno evoluzioni. Certe questioni si trattano nella discrezione.
LIMES Da pochi mesi l’Italia ha un nuovo governo e un nuovo ministro degli Esteri, Federica Mogherini. È cambiato qualcosa nei nostri rapporti con il Brasile e con l’America Latina?
GIRO Sì, c’è stato un cambiamento non nell’ordine delle priorità – l’America Latina rimane importante nella nostra politica estera – quanto nella qualità della nostra azione. Mentre permane la nostra concentrazione sull’economia, con la diplomazia della crescita a supporto delle nostre imprese, ora stiamo dando rinnovata attenzione al lato politico delle relazioni internazionali, anche in virtù dei lusinghieri risultati ottenuti in ambito commerciale e di investimenti.
Qualche esempio: abbiamo rilanciato la cooperazione in materia di strategia di sicurezza in America centrale, occupandoci di lotta al narcotraffico e al crimine organizzato globale. In Venezuela, anche in difesa della nutrita comunità italiana lì presente, sosteniamo il dialogo come unica via d’uscita dall’attuale crisi. Abbiamo reiterato il nostro appoggio politico ai negoziati di pace tra il governo della Colombia e la guerriglia delle Farc, che finora stanno avendo un andamento promettente. Abbiamo inviato varie missioni a Cuba, dove da poco è ripreso il negoziato tra il regime e l’Unione Europea, come volevamo. Proprio a Cuba firmeremo presto il primo accordo tra la forza di polizia dell’isola e un partner straniero per combattere il narcotraffico. Siamo presenti su tutti i fronti politici caldi.
LIMES A proposito di narcotraffico, il Brasile è diventato il secondo Stato al mondo per consumo di cocaina e crack, oltre a essere un paese di transito di queste droghe verso l’Europa e l’Africa occidentale. Abbiamo una strategia contro il narcotraffico? L’Italia potrebbe cooperare anche con Brasilia...
GIRO C’è già una certa collaborazione tra le polizie di Italia e Brasile (e Argentina, che ha lo stesso problema, soprattutto nel Nord del paese), ma scontiamo una tradizione diversa nell’affrontare il narcotraffico. In Brasile la priorità è controllare il territorio più che attaccare le organizzazioni criminali. Inoltre non è ancora emersa chiaramente una strategia anti-droga a livello federale. Noi proponiamo accordi multilaterali che coinvolgano più paesi. Riteniamo che la nostra legislazione sulla confisca dei beni o il concorso esterno in associazione mafiosa, al momento inesistente in Brasile e in America Latina, possa essere un modello. Altra questione è quella delle carceri: in molti paesi dell’America Latina, Brasile compreso, la polizia si limita a controllare il perimetro esterno delle prigioni, lasciando l’interno in mano ai detenuti. Non a caso le più grandi organizzazioni criminali brasiliane (Comando Vermelho, Primeiro Comando) sono nate in carcere. Stiamo pensando a come affrontare questo problema. Naturalmente una maggiore cooperazione in questo ambito aumenterebbe il prestigio e l’influenza dell’Italia. Con i paesi dell’America centrale è già così, con il Brasile si tratta di armonizzare filosofie diverse.
LIMES I Mondiali di calcio saranno un’opportunità ulteriore per gli affari?
GIRO È presto per dirlo, ma è probabile un ulteriore aumento delle nostre esportazioni. Invito però a non isolare la Coppa del Mondo come evento unico: si tratta di un momento importante all’interno di un processo di ammodernamento del paese che va avanti da anni e proseguirà anche dopo la fine della competizione, dando lavoro a tantissime imprese, tra cui le nostre. È lo stesso governo di Dilma a inquadrare così l’evento. Certo, in caso di incidenti gravi durante le probabili manifestazioni di protesta il quadro politico potrebbe cambiare, considerato che a ottobre si vota per le presidenziali. Ma la struttura di base dell’economia brasiliana, basata sui piani accelerati di sviluppo e sull’emersione della nuova classe media, è solida. La sfida per il Brasile è uscire dalla trappola del reddito medio e fare il salto di qualità.
LIMES Se la finale fosse Brasile-Italia, per chi tiferebbero gli italo-brasiliani?
GIRO Per loro sarebbe dura, ma tiferebbero Brasile. Nel paese circola al riguardo una barzelletta a suo modo istruttiva. Una famiglia di italo-discendenti sta guardando in televisione la finale tra Italia e Brasile, tifando Brasile; a un certo punto uno chiede: «Ma il nonno dov’è?»; l’altro risponde: «È nell’altra stanza a tifare Italia!».



[Mario Giro, sottosegretario agli esteri]