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 2014  giugno 26 Giovedì calendario

LE NUOVE TASSE SULLA BIRRA CI FAN PERDERE 130 MILIONI


Più le tasse crescono meno l’erario incassa. A dimostrazione che l’aumento della pressione fiscale ha un effetto boomerang capace di frenare l’economia e provocare una perdita di gettito c’è il caso della birra. Con la scusa di trasferire il prelievo dai redditi ai consumi, il governo Letta, sul finire dello scorso anno varò un pacchetto che si aggiungeva al già oneroso ritocco all’Iva, salita al 22%: sulla birra venivano aumentate le accise, più 30%, con rincari scaglionati in un anno e mezzo. Le prime due tranches sono giù scattate, la terza era prevista per marzo, ma è stata congelata. La quarta e ultima è attesa per gennaio 2015. Ma fortunatamente potrebbe anche saltare. Fortunatamente in tutti i sensi: per i consumatori che dalle nuove imposte sulla bionda possono aspettarsi soltanto dei rincari al bancone, per le imprese della filiera e per lo stesso Erario. Già, perché come dimostra uno studio realizzato dall’istituto Ref e presentato ieri a Milano da Assobirra, l’ennesimo salasso fiscale rischia di fare solo danni.
La contabilità del “dare e avere” in termini di ricchezza condivisa e di lavoro è fortemente negativa. «Le accise sulla birra spiega Fedele De Novellis, coordinatore della ricerca Ref si traducono in un innalzamento del prezzo pagato dal consumatore, a parità di prezzo praticato dall’ impresa. Questo non comporta però che l’accisa sia senza conseguenze per le imprese, nella misura in cui l’incremento dei prezzi si traduce in una diminuzione delle quantità vendute». L’imposta sale, cresce il cartellino, il produttore vende meno, fattura meno e lo Stato ci rimette le tasse sulle vendite sfumate. A fronte dei 177 milioni di gettito aggiuntivo preventivato dal governo Letta, in realtà ne arriveranno appena 116. Ai quali però vanno sottratti ulteriori 48 milioni di minori entrate per un calo del Pil di circa 130 milioni innescato proprio dalla stretta fiscale sulla bionda.
Ma quando ti piovono in testa nuove imposte è un po’ come trovarsi sottgo un bombardamento: gli «effetti collaterali» sono più d’uno. E infatti, sempre secondo lo scenario curato dal Ref, qualora dovesse scattare per intero il rincaro del 30% di accise la filiera della birra perderebbe altri 2.400 addetti che si vanno ad aggiungere agli 8mila già espulsi per effetto delle crisi.
«La birra spiega Alberto Frausin, presidente di Assobirra è l’unica bevanda alcolica da pasto gravata da accisa in Italia e il governo ha deciso di aumentare ancora la tassazione.
Ma quando aumentano le tasse il prezzo della birra sale, si riducono i consumi e, come dimostra lo studio del Ref, anche lo Stato non ci guadagna quello che ha programmato... Mentre l’effetto depressivo di questi aumenti sull’occupazione, soprattutto giovanile, resta: fino a oggi abbiamo già bruciato, con i primi 2 aumenti, 1.200 posti di lavoro in settori strategici come l’industria alimentare, l’agricoltura, la distribuzione, bar e ristoranti. Ma siamo ancora in tempo a fermare l’ultimo aumento previsto a gennaio, salvaguardando in questo modo la fonte di reddito di 1.200 famiglie italiane».
In attesa di capire come si concluderà la partita sulla bionda, vale la pena di ricordare altri due casi eclatanti di strette fiscali finite con un gettito minore. Il primo è quello del superbollo per le auto di grossa cilindrata introdotto a luglio 2011, in pratica un’addizionale erariale di 10 euro per ogni chilowatt di potenza sui veicoli superiori ai 225 chilowatt totali. Dal gennaio 2012 la sovrattassa salì poi a 20 euro e venne estesa alle potenze dai 185 chilowatt in su. La misura avrebbe dovuto portare nelle casse dello Stato 168 milioni di euro. Non è andata così. Nel solo 2012 si è verificata una perdita complessiva, tra minori entrate fiscali e mancato introito, di 140 milioni. L’anno successivo andò peggio: le auto di grossa cilindrata calarono del 35% mentre il mercato perdeva il 19. Senza contare i soliti effetti collaterali indesiderati: boom dei falsi leasing su auto con targa tedesca o ceca date a noleggio da società commerciali e utilizzate da clienti italiani con mancato versamento dell’Iva, del bollo, del superbollo, delle multe, dell’addizionale provinciale sull’Rca.
Fra l’altro propri in questi giorni il ministero dell’Economia lavora all’abolizione del superbollo per le auto potenti. Spalmando però il mancato introito su tutte le macchine. Utilitarie comprese. Vedremo.
Altro caso di scuola è quello delle sigarette. Nonostante i rincari dovuti a una decina di ritocchi di accise negli ultimi tre anni, il governo punta a ricavare altri 600 milioni di gettito proprio dai tabacchi. Col rischio che da gennaio il pacchetto aumenti fino a un euro. Pure in questo caso l’effetto è quasi sicuro: boom delle vendite di contrabbando e riduzione, anziché aumento, degli introiti fiscali. Nel 2013 il gettito erariale è calato di 600 milioni per le sigarette elettroniche e la guerra dei prezzi con ribassi che hanno condotto molte marche sotto i 3 euro a pacchetto. Ora l’introduzione di accise aggiuntive provocherebbe un forte ritorno al contrabbando. Col solito effetto boomerang per le casse dello Stato. Come è accaduto in Irlanda.