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 2014  aprile 24 Giovedì calendario

DRAMMATICA COMMEDIA ALL’ITALIANA


Voltare pagina. Sì, voltare pagina ma senza dimenticare, imparando da quel che è accaduto dal punto di vista scientifico, medico, politico, giudiziario e mediatico.
Il testo dell’Avviso di conclusione delle indagini preliminari a firma del dott. Raffaele Guariniello a carico, in varia misura, di protagonisti e comprimari della galassia Stamina, parla da solo. La vicenda giudiziaria farà il suo corso e alla magistratura giudicante spetterà di accertare la rilevanza penale delle condotte degli indagati. Se l’atto della Procura di Torino era nell’aria da tempo, c’è da dire che alcuni tratti della storia, se confermati in giudizio, restituiscono un quadro ancora più desolante di una vicenda che sul piano medico-scientifico ho già avuto modo di definire, nell’ambito delle audizioni relative all’indagine conoscitiva in corso al Senato, come il più ciclopico deragliamento della medicina italiana degli ultimi decenni.
Leggendo l’atto del procuratore di Torino, colpiscono i tentativi dei propugnatori di Stamina di radicarsi a livello internazionale con tanto di società svizzere accompagnate da personaggi quali il farmacista sedicente medico e una hostess, qualificatasi come infermiera, insieme agli ambasciatori e i consoli onorari di Capo Verde, al fine di ottenere il permesso per usare il mai-esistito «metodo Stamina» nella clinica Murdeira dell’«Isola di Sal» presso lo stato di Capo Verde. La trama ed i personaggi sembrano essere usciti dall’immaginazione di uno sceneggiatore (bravo) della commedia all’italiana, più che da un contesto in cui si millanta di fare scienza e, legittimamente, impresa in ambito sanitario. Fuori dagli elementi di colore, la storia stupisce per la gravità della condotta, in primo luogo deontologica, di quel personale che con le sue decisioni e azioni ha concorso a validare (insieme al silenzio di molti altri) pratiche che di scientifico e medico nulla avevano ed hanno. Determinando anche un abuso della fiducia che i cittadini nutrono nella professione medica, specie se colpiti da gravissime patologie. Molti sono i fili che dovranno essere riannodati tra medicina e malati, tra scienza e comunicazione, tra decisori politici e politiche legislative, fili spezzatisi a seguito delle torsioni imposte dalla pressione popolare, da una vox populi, preda di informazioni demagogiche e tragicamente illusorie. Dolore e speranza sono le parole chiave che hanno trascinato in un gorgo tante persone il cui solo incolpevole torto è di aver incontrato nella loro esistenza gravissime patologie che vanno ben oltre ogni umana sopportazione e che, ad oggi, nonostante i continui sforzi della scienza e le indubbie prospettive di comprensione e cura verso le quali lavorano incessantemente migliaia di ricercatori (anche in Italia), non hanno pratica clinica terapeutica cui affidarsi.
Nel mondo si moltiplicano i venditori di illusioni che spesso con la frase «terapia a base di cellule staminali», utilizzata come amo e millantata come panacea di tutti i mali, contrabbandano a caro prezzo trattamenti che nulla hanno di terapeutico trattandosi, nella migliore delle ipotesi, di meri (ma pericolosi) placebo. Spesso, come nel caso di Stamina, senza che di staminali (e di competenze) ve ne sia l’ombra. Quel che è successo in Italia con Stamina non è infatti che l’eco di una tendenza mondiale esplosa nei paesi con minima o nessuna regolamentazione a protezione della salute pubblica, situazione che interessa decine di migliaia di malati e considerevoli flussi di denaro verso i quali, anche molti italiani, purtroppo, si muovono senza alcuna protezione circa l’inganno al quale verranno sottoposti.
L’Italia ha corso un rischio enorme. Perché nel collasso procedurale, è stata anche ad un passo dall’essere l’unico paese a democrazia avanzata in cui, assimilando l’uso delle cellule staminali a trapianti e non a farmaci, si sarebbero potute realizzare pratiche cliniche a base di staminali non sperimentate e dall’indimostrato effetto terapeutico, perdipiù con fatturazione a carico di un sistema sanitario nazionale universalistico. Sarebbe stata una tragedia economica senza precedenti, di nessuna utilità terapeutica, dannosa. Il tutto in forza di una distorta accezione della libertà di cura e di meccanismi politici che stavano aprendosi al baratro. Se ciò non è avvenuto, se di Stamina se ne occuperà per un verso la Magistratura e sotto altro verso la politica nell’ambito delle indagini conoscitive in corso in Senato e presso il Consiglio regionale della Lombardia, lo si deve alla determinazione e all’assiduità di alcuni soggetti che, ciascuno nel proprio ambito, investendo tempo, credibilità e risorse si sono assunti l’onere di viaggiare controcorrente senza farsi distogliere dalle sirene del facile consenso. Riconoscenza è la parola che dovremmo utilizzare verso colleghi scienziati e intellettuali come Paolo Bianco, Michele De Luca, Giuseppe Remuzzi, Gilberto Corbellini (per citarne alcuni), verso il Direttore Generale dell’Aifa Dottor Luca Pani la cui ordinanza di blocco aveva visto giusto già due anni fa nel compiere il suo dovere di tutelare la salute, verso il Generale Cosimo Piccinno del Comando Carabinieri per la Tutela della salute per un lavoro di squadra di cui l’Italia intera può essere fiera e, tra i media che hanno tenuto freno con coraggio, alla testata La Stampa, che insieme al supplemento culturale Domenica del Sole24Ore si è distinta da subito per costanza e tenuta in frangenti in cui l’esercizio del dubbio e della critica, a fronte dell’umore del Paese, è stato difficile e proprio per questo ancor più meritorio. Molti sono i giornalisti scientifici ai quali vanno riconosciuti sollecitazioni continue a non abbassare la guardia. A diga aperta, alcuni politici alla Camera e poi al Senato hanno prestato tempo, attenzione, impegno per creare argini. I media televisivi, tranne la trasmissione Presadiretta di Riccardo Iacona, hanno invece troppe volte soffiato sul populismo e promosso un’idea impropria di compassione. Un plauso anche al ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che ha gestito con saggezza un’eredità che chi l’ha preceduta e altri politici avevano creato e che, trascinando fino a oggi l’avvio della sperimentazione, ha fatto risparmiare alle casse dello stato 3 milioni di euro che sarebbero stati buttati. Dubito che ora qualcuno avrà ancora il coraggio di chiedere di controllare i «miglioramenti» o di fare una sperimentazione del «metodo» mai esistito.
Il prima possibile, su questo tema, il Paese ha bisogno di mettere un punto, voltare pagina e scrivere una storia di eccellenza e cura con le terapie cellulari che le è propria e che attende solo d’essere scritta. Non mi capacito di come tutto ciò sia potuto succedere conoscendo bene le sfide, la qualità e i traguardi continui della straordinaria scienza di molti colleghi italiani.
Nel frattempo il ministro della Giustizia e l’organo di autogoverno della magistratura dovrebbero chiedersi quanti danni hanno causato all’erario e ai malati le sentenze dei giudici che hanno prescritto il preteso trattamento Stamina, usando argomentazioni che fanno a pugno con la medicina, la logica, l’etica e il diritto.

Elena Cattaneo, La Stampa 24/4/2014