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 2014  aprile 24 Giovedì calendario

ETIHAD SI ERA RITIRATA ORA L’ULTIMA CHANCE MA NON VUOLE DEBITI E NODI FISCALI O GIUDIZIARI


ROMA.
Etihad pagherebbe anche più del previsto per Alitalia, ma a una condizione tutt’altro che semplice per un’azienda la cui storia riflette quella del suo Paese. Abu Dhabi vuole una pagina bianca. Accetta di ripartire solo da lì. Si fa carico dei rischi futuri della gestione della ex compagnia di bandiera di un Paese sul fondo della grande recessione, ma non vuole il bagaglio del passato. Non vuole i debiti, gli strascichi legali lasciati dal pasticciato salvataggio dei “capitani coraggiosi” con la Air One di Carlo Toto, le dispute fiscali, e nemmeno quelle che definisce le questioni “regolatorie” ancora aperte.
Per il governo italiano il problema è dunque facile da formulare, difficilissimo da risolvere. Deve favorire un accordo senza passare da ciò che di norma si fa per favorire la rinascita di un’azienda grazie a un nuovo azionista. Di solito si fa fallire la vecchia impresa, si volta pagina e si riparte. Ma per Alitalia sarebbe la seconda in cinque anni, troppo per la politica, i sindacati e le “élite” che vollero il salvataggio del 2008.
Che la partita sarebbe stata in salita, è diventato definitivamente chiaro mercoledì della settimana scorsa. Quel giorno è atterrata sul tavolo di Gabriele Del Torchio, amministratore delegato del vettore italiano, una lettera da Abu Dhabi il cui senso era chiaro: Etihad, la compagnia del più ricco degli Emirati arabi, stava rompendo le trattative: “Buona fortuna a lei e alla sua impresa”, era il senso e quasi anche la formula testuale. Il problema non sono i soldi, perché il gruppo arabo guidato dall’australiano James Hogan è disposto ad offrire fino a 560 milioni, il 12% in più di quanto discusso fino ieri. Non sono nemmeno i tagli al personale, perché il piano condiviso da Etihad prevede meno esuberi di quanto molti temessero: circa duemila, fra i quali i 750 già oggi in cassa integrazione a zero ore; al contrario il gruppo arabo apprezza la professionalità dei piloti italiani e ne vuole assumere di più, anche perché oggi relativamente meno costosi di altri. Né il problema è il destino di Linate o quello di Malpensa, perché c’è spazio per entrambi. Dal piccolo city airport di Milano, Etihad vorrebbe sviluppare con i meno voluminosi Airbus A320 le rotte verso le città minori dell’Unione europea e le capitali nel raggio delle tre-quattro ore di volo: Mosca, San Pietroburgo, il Cairo, Istanbul. Ma Malpensa non se soffrirebbe. Lo hub lombardo assicurerebbe i collegamenti verso Abu Dhabi con grossi Boeing 777 o Airbus A340, e da lì partirebbero anche voli Alitalia per Shanghai o nuove rotte verso gli Usa.
Il problema è tutto il resto, cioè il passato di Alitalia. Questo è ciò che Etihad rifiuta in termini netti. Con una lettera di risposta comune di Alitalia, del governo, dei sindacati e delle banche creditrici, il fronte italiano è riuscito a tenere la trattativa aperta. Ma di fatto ciò che Etihad chiede è una malleveria a tappeto, difficile da far convivere con i divieti europei sugli aiuti di Stato. Abu Dhabi vuole una garanzia o indennità rivolta agli azionisti, tale da certificare che il nuovo socio di controllo non dovrà pagare per una serie di problemi che il gruppo si porta nella stiva dal 2008. C’è la lite nei tribunali con Carlo Toto per una multa inflitta ad Alitalia su certi aerei tricolori registrati in Irlanda. C’è un altro contenzioso con WindJet. Ci sono soprattutto i debiti verso le banche creditrici che, secondo Etihad, dovranno accettare di ristrutturarli e convertirli in azioni. E c’è, infine, un mercato domestico sempre più dominato da compagnie low cost come EasyJet o RyanAir. Gli arabi vorrebbero che fossero messe ai margini, ma per le regole del mercato europeo è impensabile. Per parte propria, il governo sta però procedendo a mettere sempre più a gara gli slot dei piccoli aeroporti sussidiati dagli enti locali: RyanAir o EasyJet non potranno più farne man bassa, anche se alla fine a pagare rischiano di essere i consumatori. La risposta da Abu Dhabi ora è attesa per domani. Per chi pensava che per un’azienda con la storia di Alitalia esistessero ancora opzioni facili, è ora di cambiare film.

Federico Fubini, la Repubblica 24/4/2014