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 2014  aprile 24 Giovedì calendario

ROSSANA ROSSANDA VOCE TRA LE GENERAZIONI CHE FENDE ANCORA IL VENTO


«NON MI PESAAVER LITIGATO CON QUALCUNO, UMANAMENTE FACCIO LA PACE SUBITO. IO NON FACCIO LA PACE CON LE IDEE, CHE È COSA MOLTO DIVERSA». Ecco, in occasione dei suoi novant’anni è con questa aforisma che vogliamo festeggiare Rossana Rossanda. Aforisma suo naturalmente, e «pronunciato» un anno fa, in un’intervista con Simonetta Fiori. Dietro c’è tutto il carattere di una donna luminosa e intransigente, per usare le parole di Jean Daniel in occasione della scomparsa del suo compagno di vita Karol, marxista polacco dissidente, giornalista e analista politico di vaglia. Un grande dolore quindi accompagna questo compleanno. Ma siamo convinti che questo e altri dolori e delusioni che hanno segnato la vita di Rossanda, non ne incrineranno minimamente la lucidità e la voglia di battersi ancora per le sue idee. Quelle sulle quali e con le quali non si deve far pace né darsi pace.
E nondimeno nessun dogmatismo nella sua vita, ma sempre inquietudine e ovviamente lealtà alla propria biografia, alla propria parte. E al proprio punto di vista. Un insieme di motivazioni profonde che le ha sempre consentito di esercitare una sorta di magistero simbolico sul suo gruppo storico e sulle nuove generazioni venute dopo la celebre rottura col Pci del 1969, culminata nella radiazione di Magri, Pintor, Natoli, Parlato (i fondatori con Rossanda del manifesto rivista, poi divenuto quotidiano).
Ma ecco, come si conviene, alcuni cenni biografici. Importanti per illuminare il presente di Rossana. Nasce a Pola il 23 aprile 1927 e frequenta il liceo classico Manzoni. In seguito è allieva del filosofo Banfi, e giovanissima partecipa alla Resistenza come partigiana. Iscritta al Pci e notata subito da Togliatti, diventa responsabile della politica culturale del partito. Benché «sinistra» tenta in ogni modo di evitare scomuniche e polemiche nel Pci, allorché Feltrinelli pubblica avventurosamente il Dottor Zivago di Pasternak, nel 1957. Nel 1963 è eletta alla Camera e nel dibattito sul «modello di sviluppo» – transizione e al socialismo o programmazione riformista? – si schiera dalla parte di Ingrao e di Lucio Magri. Una discussione che prosegue con l’XI congresso del 1967 e che si riaccende nel 1968, quando pubblica L’anno degli studenti. Tesi: gli studenti sono il battistrada di massa di una rivoluzione pacifica anticapitalistica. È la ripresa del dibattito sulla «transizione» che si ripropone, ma in un clima ben più favorevole dei primi anni 60. Lì inizia anche il dissenso col Pci, che si sostanzia di analisi e attacchi contro l’Urss e «il socialismo reale» (e anche di aperture di credito verso la Cina maoista).
Il punto rimane sempre quello però: spinta di massa studenti/operai oltre il capitalismo? Oppure politica di alleanze riformista contro la destra, in una prospettiva di guida democratica dell’economia? Il risultato è la radiazione, nel segno del «centralismo democratico», che nel Pci non consentiva correnti organizzate, e tantomeno contro la linea del gruppo dirigente. Qui comincia anche l’avventura del Manifesto quotidiano, organo trasversale e più ragionevole della sinistra extraparlamentare, con una specifica vocazione al giornalismo e all’analisi politica. Un giornale conteso e sempre diviso, tra una vocazione più al servizio di un progetto politico e un’indole più d’opinione. E sebbene nel 1972 avesse dato vita al Pdup, Rossana – pur in bilico tra queste due posizioni non rinunciò mai alla lotta e alla guida dell’opinione. Esattamente su questo crinale che si guadagna un prestigio e un’influenza destinati a durare a lungo. Fino al punto di farne un riferimento etico, soprattutto per le donne di sinistra, e non solo per le generazioni femminili legate al Manifesto. Una sorta di «madre simbolica», insomma. Dopo essere stata a lungo direttrice del quotidiano abbandona per anni la politica attiva, fino all’ultimo clamoroso gesto, del 26 dicembre 2012, quando lascia definitivamente il giornale, a causa di un forte dissenso con la redazione. Temi: il mancato contrasto all’Europa finanziaria, l’abbandono del conflitto di classe e dei partiti. E poi: il mancato contrasto alle larghe intese di governo. «È stata una rottura generazionale», dirà Rossanda. Ma la sua voce di ragazza del Novecento fende ancora il vento e le generazioni. Impossibile non udirla.


Bruno Gravagnuolo
bgravagnuolo@unita.it