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 2014  aprile 24 Giovedì calendario

IL LIBRAIO CHE VUOLE RACCONTARE UNA NUOVA STORIA A SCAMPIA


Eccolo qui il «libraio di Scampia»: un ragazzone alto e grosso, gioioso nei suoi 25 anni d’età, serio nel carattere, compito nella professione. Si chiama Rosario Esposito La Rossa e la sua bottega l’ha ricavata in via Labriola, a 300 metri dalle Vele, nell’istituto alberghiero Vittorio Veneto. L’ha aperta il 25 marzo, ed erano quasi quarant’anni anni che a Scampia non accadeva: è composta da una mezza dozzina di scaffali, costruiti dagli studenti con materiali di risulta. «Ma è solo l’inizio, già in estate ci allargheremo di altri 20 metri quadrati».
Rosario è giovane pure nel vestire. Si presenta in tuta e scarpette, un fatto che da solo abbatte i classici steccati del formalismo imperante tra imprenditori. Perché La Rossa questo è: un imprenditore. Anzi, meglio, imprenditore sociale, in un mondo, quello del volontariato, dove talvolta si prende più che dare. Accade anche a Scampia, dove spuntano come funghi associazioni buone soltanto ad acchiappare un po’ di soldi. «Alla fine, qui, ci sono pochissime realtà vere. Tra noi ci conosciamo tutti e tutti pratichiamo il baratto delle competenze: io ti presto il mio know-how, tu mi concedi il tuo».
È agli atti, comunque, che La Rossa nulla prende («Noi lavoriamo senza un euro di contributo pubblico») e molto dà al quartiere: identità, progettualità, impresa. E non a chiacchiere, bensì realizzando cose. Le più importanti? Fare formazione e creare lavoro a costo zero per lo Stato.
È la prima volta in Italia che una libreria privata viene ospitata in una scuola pubblica. Questa qui, il Vittorio Veneto, pare tra le più avanzate d’Italia. All’ingresso, 6 tra ragazzini e ragazzine accolgono gli ospiti: studiano per lavorare nelle reception degli hotel. Altri, quelli che nella vita puntano a organizzare eventi, grazie alla libreria ora possono testarsi sulle presentazioni degli autori. Altri ancora, potenziali chef o pasticcieri, ci vedono un’occasione d’oro: «Così possiamo far degustare i nostri piatti al pubblico».
È già accaduto, racconta Rosario, ed è stato un successo: «Felici di ascoltare e di mangiare, nell’aula magna c’erano almeno 250 persone». Lui la chiama «antimafia dell’incontro» e la traduce in un esempio facile: «Tra decine di bambini, capita di sicuro qualcuno imparentato con i boss. Speriamo perciò di averne tanti, per dare loro un modello alternativo e vincente. Né li giudichiamo per le loro famiglie d’origine».
E già, il grande paradosso di Scampia, il quartiere più giovane d’Italia, sono proprio i suoi ragazzi: il 50 per cento dei residenti ufficiali ha meno di 25 anni. «Dobbiamo puntarci in maniera prioritaria» sintetizza Rosario «perché, a differenza delle generazioni precedenti, la mia è nativa del quartiere: noi sentiamo la responsabilità dell’appartenenza. I nostri padri e nonni questo luogo l’hanno odiato, noi lo vogliamo esaltare. Giudizi e pregiudizi esterni non ci interessano».
È noto: Scampia viene considerata un luogo perduto, soprattutto dopo la faida partita nel 2004. La parabola di Rosario cominciò quell’anno, anzi un giorno ben preciso: il 6 novembre. Era quello il tempo in cui i sicari ammazzavano con la facilità dei mercenari. A Scampia abitava pure Antonio Landieri, un bravo ragazzo affetto da disabilità fisica. La sua testa era però sgombra da impedimenti e lui sciorinava la sua intelligenza per strada, con gli amici. Arrivò un commando del clan Di Lauro, scambiò il gruppo per i rivali scissionisti e sparò all’impazzata.
Antonio non poté scappare, due proiettili lo colpirono alla schiena lasciandolo cadavere. Il corpo è finito sepolto, la testa no: l’ha ereditata il cugino. Colui che è poi diventato il libraio di Scampia. Rosario La Rossa aveva solo 15 anni quando è diventato uomo in nome di Antonio. Qui l’età adulta si manifesta irrimediabilmente durante l’adolescenza. «Chissà se è un bene o un male» dice lui «ma è così». Di certo il «ragazzo già uomo» ha indirizzato la sua maturità anticipata verso la bellezza. Perché, spiega, è chiaro che «posti come questi si salvano anzitutto con le arti».
Il ragazzo-uomo vive in memoria del cugino, sostenuto da Maddalena Stornaiuolo, pure lei nativa scampiese, attrice talentuosa e sua compagna di vita. Rosario studia da attore e drammaturgo, a 17 anni d’età fonda «VodiSca» (acronimo di «Voci di Scampia»), nel 2010 sdoppiatasi in «VodiSca teatro», compagnia di teatro civile. Negli anni pubblica diversi libri (Libera voce, Mostri, Sotto le ali dell’airone) ma è il primo volume a indirizzargli la strada. A 18 anni, per Marotta&Cafiero, pubblica Al di là della neve, una raccolta di racconti sul quartiere. La Rossa vince i premi
«Fabrizio Romano» e «Giancarlo Siani» e i suoi editori, Tommaso Marotta e Anna Cafiero, diventano una sorta di genitori putativi. Nel 2010 la coppia gli annuncia una decisione importante: «Ci trasferiamo a Parigi». «Ah, mannaggia, peccato». «Sì, ma abbiamo deciso di regalarti la casa editrice». «Come?». Esatto: «Regalare», compreso un magazzino pieno di 20 mila volumi. Rosario è entusiasta, ancora oggi non smette di ringraziare. E con il coraggio che gli è proprio rilancia: «Io vorrei portare la casa editrice a Scampia e occuparmi soprattutto di temi sociali. Io sono di lì e lì voglio costruire il futuro mio e della mia comunità».
La coppia acconsente, e non è banale. Con La Rossa, infatti, c’è sempre una storia nella storia. La Marotta&Cafiero si presenta(va) come la casa editrice della migliore borghesia intellettuale partenopea. La sede storica, non a caso, era a Posillipo. Ora, però, la casa editrice abita a Scampia, in un ufficio di 20 metri quadrati ricavato nella cabina di regia del teatro di quartiere. Stampa su carta riciclata, usa inchiostri non inquinanti e «ogni libro costa al massimo 10 euro: la nostra è editoria popolare» precisa Rosario. Ora la cooperativa di giovani, la prima a nord di Napoli, occupa una decina di ragazzi del quartiere. «Qui c’erano sporcizia, topi e tossici. I vicini ancora ringraziano: abbiamo ripulito tutto noi, a partire dai giardini, per i quali danno una mano pure i rifugiati politici ospitati negli alberghi della zona. Invece di abbrutirsi davanti a una tv, coltivano piselli e pomodori».
Il risultato è che là dove c’era il degrado ora c’è un orto, prova generale di un altro progetto ambizioso, inaugurato lunedì 21 aprile, giorno di Pasquetta: le Fattorie Vodisca. Cinque ettari dove impiegare i nativi scampiesi, disabili e non, per produrre verdure e ortaggi. L’antimafia dell’incontro si pratica così: tra libri e natura, nel giardino della vita.