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 2014  aprile 24 Giovedì calendario

LE REGOLE VIOLATE E UN’ILLUSIONE DURATA SETTE ANNI


Ora che le indagini della Procura di Torino relative a fatti iniziati nel 2007 si sono concluse, al di là di qualsiasi considerazione si voglia esprimere, rimane una tristezza di fondo nel constatare che pietra angolare della vicenda Stamina è stata un’interpretazione talvolta discutibile del termine «compassione». Le infusioni per malati disperati sono state invocate in quanto «cure compassionevoli», e sotto questa veste sono state esibite al pubblico giudizio, sebbene numerosi addetti
ai lavori abbiano offerto argomentate obiezioni sulla possibile inclusione nella categoria delle cure compassionevoli per il trattamento in questione. Sono stati con ogni probabilità ispirati da sincera compassione anche i molti giudici che hanno chiesto
e ottenuto, con provvedimenti in nome del popolo italiano, che le staminali fossero infuse ai malati che ne facevano richiesta. Erano, ancora, senza dubbio, mossi da compassione verso
i pazienti alcuni medici che ora, a quanto si apprende,
si sarebbero pentiti di aver certificato l’utilità del trattamento senza procedere ad altri approfondimenti oltre alle verifiche anamnestiche (l’intervista al malato o ai suoi familiari)
e a quelle obiettive (la «visita»). Volendo spingersi oltre, fatti salvi gli interessi economici al vaglio della magistratura, si può anche concedere che molti degli altri protagonisti della vicenda, siano stati motivati da sincera compassione.
Però la compassione finisce di essere tale quando diventa illusione: quasi un ossimoro, dal momento che illudere è un modo di ingannare, quindi un’azione antitetica rispetto al compatire
(dal greco sun-pascho= soffro insieme). E per illusione, nel caso
in questione, non si intende tanto o solo un’eventuale mancata corrispondenza fra aspettativa prospettata al paziente e risultato conseguito. L’illusione decisiva, fondamentale, è stata quella
di alcuni attori della vicenda, che hanno creduto di potersi disancorare dalle regole che governano la ricerca e il procedimento sperimentale in medicina.
Regole che, vale la pena ricordarlo ancora una volta, non esistono per il sadismo di un’ipotetica casta di scienziati gelosi della libera iniziativa di geniali outsider. Gelosie e meschinità nel mondo scientifico trovano albergo come in qualunque altro settore lavorativo e sociale, ma le regole sperimentali, quelle che esigono condivisione e trasparenza sulle procedure e sulla raccolta dei dati, pur con tutti i loro limiti , si sono formate e affinate nel corso del tempo per valutare la reale efficacia delle terapie e per scongiurare il rischio che i malati vengano usati come cavie inconsapevoli, magari anche con le migliori intenzioni, magari in un impeto
di compassione. Ma se è giusto impietosirsi per gli animali
che vengono utilizzati a scopo sperimentale, non dovremmo fare altrettanto anche davanti a un bambino sottoposto a un trattamento di cui a nessuno, tranne chi lo pratica, è dato di sapere esattamente, in termini precisi e inequivocabili, in che cosa consiste? Nelle pubblicazioni scientifiche la voce «materiali e metodi» precede quelle dedicate a «risultati» e «conclusioni».
È, quindi, evidentemente, una premessa indispensabile.
Si tratta di considerazioni di carattere generale, metodologico appunto: finché l’iter dei processi non avrà fatto per intero il suo corso è giusto e sensato astenersi dallo spendere giudizi
su chi è stato protagonista della vicenda Stamina, magari anche suo malgrado. Però si spera almeno che l’intera vicenda serva
da monito a un Paese, e in particolare ad alcune sue istituzioni, perché in circostanze simili, in futuro, si agisca con meno leggerezza e superficialità.