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 2014  aprile 23 Mercoledì calendario

LA MIA GUERRA AI DOORS


«“Andate al diavolo!”. Sono state queste le parole di Jim quando ha appreso che avevamo ceduto i diritti di Light My Fire per lo spot di un’automobile che aveva trasformato la canzone in “Come On, Buick, Light My Fire”. Era molto arrabbiato, e anche se non aveva scritto lui il testo fatta eccezione per qualche verso la canzone rappresenta la band ed è questo quello che conta». Inizia così l’intervista con John Densmore, storico batterista dei Doors, giunto in Italia per un evento unico in ricordo della sua band e del suo carismatico frontman, Jim Morrison.
Densmore che incontrerà il pubblico domani alle 16.30 all’Università per stranieri di Perugia grazie all’organizzazione no profit «Alive Altotevere» leggerà alcuni estratti dei suoi libri (Riders On The Storm e The Doors Lo spirito di un’epoca e l’eredità di Jim Morrison, entrambi pubblicati da Arcana), reciterà alcune poesie scritte da Morrison. Ma soprattutto racconterà ai fan la lunga battaglia legale che l’ha visto contrapposto per anni ai suoi vecchi amici, Robbie Krieger e Ray Manzarek (scomparso il 20 maggio 2013). L’eredità dei Doors, una delle band più famose e amate della storia del rock, e di Morrison vale cifre da capogiro, ma per Densmore c’è un lascito più grande che va preservato. La causa si è conclusa da poco e lei ha vinto, qual era dal suo punto di vista l’eredità da difendere?
«Jim sin dall’inizio ha detto che nella band tutto si sarebbe diviso in parti uguali. Lui non scriveva la musica, ma si è deciso lo stesso di dividere i profitti in parti uguali. Anche sulle decisioni da prendere eravamo tutti sullo stesso piano: se uno di noi non era d’accordo su una determinata cosa, quella cosa veniva messa da parte. Negli ultimi anni Ray e Robbie andavano in giro usando il nome Doors e per me questo era inconcepibile. È come usare il nome Rolling Stones senza Mick Jagger».
È stato attaccato dai fan per questo.
«Si, pensavano che io volessi distruggere la band che loro amano, ma non è così e penso che oggi, grazie anche al libro che ho scritto, questo concetto sia chiaro. Mi ha fatto molto piacere però avere l’appoggio del papà di Jim. Negli anni ’60 Jim era molto arrabbiato con suo padre perché era un militare in carriera e partecipava alla guerra, ma nonostante tutto il signor Morrison si è presentato in aula a 86 anni a difendere l’eredità artistica del figlio, lottando per lui con tutte le forze. Ci sono voluti parecchi anni, ma i Doors sono nuovamente Jim, Ray, John e Robbie e nessun altro».
E si è opposto anche all’utilizzo di una canzone in uno spot della Cadillac che vi aveva offerto una somma considerevole.
«Si è vero, ho fatto tesoro delle esperienze passate. Abbiamo fatto soldi in abbondanza e non ci servono altri soldi dagli spot e poi cosa più importante Jim era contrario a questo genere di cose».
Tom Waits, commentando la sua posizione, ha detto che John Densmore non è in vendita. Che ne pensa?
«Lo ammiro moltissimo, è un grande poeta e cantautore, e mi ha fatto davvero piacere sapere di essere una sorta di esempio per gli altri musicisti. Non ti serve accumulare soldi su soldi a qualunque costo, ci sono cose più im-
portanti, ed è per quelle che mi batto». Lei ha fatto da consulente ad Oliver Stone per il suo film sui Doors, pensa che sia un ritratto fedele?
«Il film è parte della storia: racconta la vena artistica di Jim, la sua lotta interiore e la difficoltà di restare fedele a se stesso. Ma quello che manca nell’opera di Stone è il contesto degli anni ’60, il particolare momento storico in cui noi siamo nati e cresciuti come band. Il documentario uscito nel 2010, When You’re Strange, con la voce narrante di Johnny Depp, offre un ritratto decisamente più sfaccettato dell’epoca:
c’era una netta contrapposizione tra le giovani generazioni che rifiutavano la guerra in Vietnam e il governo americano che la appoggiava, e alla fine i giovani hanno vinto. Noi scrivevamo canzoni in quel clima e Unknown Soldier ne è la prova (brano contro la guerra del 1968, ndr). Credo che mettendo insieme i due film si possa avere una visione completa di ciò che eravamo». Ha scritto il suo best seller nel 1990, Riders On The Storm, ma poi nel 2013 è tornato sull’argomento con The Doors Unhinged. Un nuovo sguardo sul passato?
«Penso che fosse giusto spiega-
re perché avevo fatto causa ai miei ex-compagni: l’unico motivo che mi ha spinto è stato preservare l’integrità del nostro progetto. E poi più passano gli anni e più vedi le cose con la giusta distanza».
I Doors, per chiunque si avvicini al rock, sono ancora oggi imprescindibili: qual è la vera eredità della sua band?
«Credo che la nostra musica aiuti i giovani a diventare ciò che desiderano, a capire se stessi, ad essere delle persone diverse dai propri genitori. Il messaggio di Jim era “guardati dentro, capisci chi sei e affronta il mondo”».
A volte l’abilità poetica di Morrison sembra perdersi nella leggenda del rocker maledetto.
«È questo che mi ha stregato appena l’ho incontrato, ho pensato subito che unire poesia e rock’n’roll era una cosa nuova e di grande impatto».
Si terrà il concerto tributo insieme a Robbie Krieger per ricordare Morrison e Manzarek?
«Spero proprio di sì, è una cosa a cui tengo molto anche perché voglio ricordare Ray che è scomparso da poco. L’idea è quella di raccogliere fondi per la lotta al cancro, ma ancora non so dove si terrà».