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 2014  aprile 23 Mercoledì calendario

GIORNALISMO INGLESE E ITALIANO DUE STORIE ALQUANTO DIVERSE


Rileggendo L’inviato speciale di Evelyn Waugh mi è tornato in mente Il deserto dei tartari di Dino Buzzati. Waugh prende in giro il giornalismo inglese, sempre alla ricerca dello scoop. A Buzzati, invece, le lunghe attese in redazione per il fatto di cronaca sul quale cimentarsi in un articolo gli hanno suggerito l’esperienza di Giovanni Drogo, ossessionato da un nemico che non arriva. Entrambi i romanzi prendono spunto da due tradizioni giornalistiche: pericolosamente anticonformista quella inglese, stancamente conformista quella italiana. So che il fatto è alla base del buon giornalismo, ma se dovessi scegliere preferisco in fondo la prima delle due tradizioni. E lei?
Piero Heinze, Bruxelles
Caro Heinze,
B uzzati scrisse il Deserto dei tartari in epoca fascista, alla fine degli anni Trenta (il libro apparve nel 1940), quando occorreva spesso attendere, prima di dare una notizia, la famigerata «velina» del ministero della Cultura popolare. Il confronto con il giornalismo inglese degli anni Trenta sarebbe quindi improprio. Ma le differenze tra i due giornalismi esistono e sono soprattutto storiche.
Il giornalismo inglese nacque nel Settecento, dopo la Gloriosa rivoluzione del 1688, in un clima di straordinaria effervescenza intellettuale e sociale. I primi giornalisti sono saggisti e polemisti che cercano la baruffa e vanno a caccia di lettori con analisi, commenti, attacchi e denunce. La rivoluzione industriale e le guerre napoleoniche creano una nuova borghesia, allargano la platea dei lettori, favoriscono la nascita dei primi giornali moderni. Verso la metà dell’Ottocento, all’epoca della Guerra di Crimea, il Times di Londra stampava ogni giorno circa 40.000 copie. La crescita dell’Impero britannico suscita maggiore interesse per le notizie internazionali. La scoperta del telegrafo accorcia enormemente i tempi di trasmissione di una notizia. L’agenzia Reuter fu fondata da un immigrato tedesco, ma sarebbe potuta nascere soltanto in Gran Bretagna. Da quel momento il giornalismo inglese può essere aggressivo, polemico e scandalistico, ma anche pacato, informato e affidabile.
In Italia, nel Settecento e sino alla metà dell’Ottocento, il giornalismo deve fare i conti con regimi illiberali e autoritari. I moti del 1848 cambiano la scena politica e favoriscono lo sviluppo della stampa. Ma i giornali italiani nati da allora hanno quasi sempre una matrice politica o ideologica. Qualche uomo politico diventa giornalista per meglio raggiungere i suoi obiettivi. È il caso di Cavour, fondatore del Risorgimento , di Mazzini, fondatore dell’Italia del popolo , di Mussolini, direttore dell’Avanti! e fondatore del Popolo d’Italia . Nel panorama democratico occidentale, l’Italia è ancora, probabilmente, uno dei Paesi con il più alto numero di testate che fanno capo a un partito, a un movimento, a una confessione religiosa, a un’associazione d’interessi. Questo stato di cose tende a creare un giornalismo conformista e reticente, se non addirittura schierato. I giornali che possono essere considerati tali (non faccio i nomi perché sarei in conflitto d’interessi) non sono molti.
Quanto alla ricerca della notizia, caro Heinze, suppongo che lei si riferisca al giornalismo investigativo. Conosciamo le sue virtù e i suoi trionfi, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Ma conosciamo anche i suoi vizi e le sue intemperanze. Dopo gli scandali di News of the World mi chiedo se non vi siano casi in cui sarebbe meglio aspettare la notizia piuttosto che cercare impazientemente di crearla.