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 2014  marzo 28 Venerdì calendario

DAGOREPORT


"Ho l’idea! Un’idea rivoluzionaria! Nelle società pubbliche facciamo cinque presidenti-donna!" A Palazzo Chigi narrano che ieri Renzie sia tornato dal Vinitaly di Verona particolarmente euforico, inebriato dall’alcol e dal bagno di folla. Graziano Delrio, l’unico del quale si fida veramente per la delicata partita delle nomine in Eni, Enel, Finmeccanica, Terna e Poste, gli ha però fatto notare con pazienza francescana che forse cinque donne manager di quel livello non ci sono in giro.

Ma Pittibimbo, che quando vuole è proprio un rullo, gli ha obiettato che tanto i presidenti si sa che contano poco. Poi ci si stupisce se l’ex sindaco di Reggio Emilia, a volte, preferirebbe avere un decimo figlio anziché star dietro tutto il giorno a un tornado simile.

In ogni caso, la decisione finale sulle persone da piazzare nelle partecipate del Tesoro verrà comunicata al mercato lunedì, e le terne di nomi che il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan porta a Renzi sono queste. Con i nomi dei possibili capo-azienda indicati in ordine di preferenza, dopo il lavoro delle due società di cacciatori di teste.

Enel: Francesco Starace; Luigi Ferraris; Adrea Mangoni.
Eni: Stefano Cao; Leonardo Maugeri; Claudio Descalzi.
Finmeccanica: a sorpresa, Padoan chiede la conferma di Gianni De Gennaro e Alessandro Pansa.
Poste: Francesco Caio; Massimo Sarmi; Monica Mondardini.

E Terna? Non si capisce ancora se la società sia ignorata, o se tiri aria di conferma per Flavio Cattaneo, che di certo non è un vecchio arnese. Oppure, Renzi la tenga sgombra per infilarci eventuali trombati.

Su tutti i nomi selezionati, anche quelli per le società minori, Renzie non vuole scherzi giudiziari e pare che abbia chiesto al suo staff di farsi fare uno screening preciso sulle fedine penali e sui vari rischi di inchieste giudiziarie. Una cautela più che comprensibile, che però si accompagna a un refrain che il Rottam’attore ripete di continuo a chiunque, non appena si comincia anche solo a sfiorare il capitolo nomine: "Io non sono ricattabile! Questo se lo devono ricordare tutti!". Sarà sicuramente vero, ma ci sono modi più simpatici per riaffermare la propria libertà di scelta.

Un premier parecchio su di giri sta anche facendo di tutto perché si sappia che chi si fa raccomandare per una poltrona, con lui, non ha speranze. Ed è molto sospettoso anche negli incontri. Si narra ad esempio che durante un colloquio con Fulvio Conti, amministratore delegato Enel in scadenza di mandato e probabile futuro presidente, nel quale si doveva parlare della spagnola Endesa, a un certo punto Renzie abbia esclamato sospettoso: "Ma stiamo mica parlando di nomine?"

Ben peggio è andata a Paolo Scaroni, gran capo di Eni in odore di pensionamento. Con Renzie si erano visti prima che questi diventasse segretario del Pd e il rapporto sembrava amichevole. Poi il 22 gennaio, quando l’ex sindaco di Firenze è andato da Bruno Vespa a "Porta a porta" e si è trovato davanti Scaroni senza che nessuno lo avesse avvertito, si è arrabbiato come un matto. E dire che non era ancora premier.

La stessa diffidenza, ieri, lo ha spinto a ricevere a Palazzo Chigi uno come Carlo De Benedetti, che di favori al governo, volendo, ne ha parecchi da chiedere. E questo nonostante l’editore di Repubblica sia abituato ad avere premier e ministri del centrosinistra che corrono al suo desco, dietro piazza Farnese.

Il Rottam’attore, poi, sa benissimo che tutti i vertici della Pubblica amministrazione non lo possono vedere, con tutti i tagli che promette e con le nomine "made in Florence" che sforna a getto continuo. Ma anche qui, la reazione del premier è tranchant: "Io faccio come papa Francesco. Parlo con la gente, non con i capoccioni".

Dopo il Def, comunque, con le nomine pubbliche arriverà un altro gong "chiacchiere zero". E allora, oltre alle terne del Tesoro, girano altre pensate di Scaroni. Come l’idea di promuovere alla guida dell’Eni il giovane Marco Alverà, manager interno classe 1975. E sorprese potrebbero arrivare anche per Finmeccanica, dove pare che Renzie non sia un particolare fan del presidente De Gennaro, mentre i nomi di Giuseppe Giordo e Antonio Perfetti sarebbero più che altro farina del sacco dei cacciatori di teste.