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 2014  marzo 29 Sabato calendario

VISCO STRIGLIA LE PARTI SOCIALI “AVETE FRENATO LA CRESCITA” LITE PADOAN-SACCOMANNI


ROMA Un Paese perennemente bloccato da «lacci e lacciuoli », frenato da «rigidità legislative, burocratiche, corporative, imprenditoriali, sindacali». Le parole del governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, in apertura della celebrazione del centenario della nascita di Guido Carli, bruciano soprattutto ai sindacati, che replicano ribaltando le accuse. Il segretario della Cgil Susanna Camusso obietta che Visco «ripropone ricette che hanno già mostrato il loro fallimento», il leader della Cisl Raffaele Bonanni lo invita a non parlare «a vanvera», Luigi Angeletti della Uil gli chiede di fare autocritica. Mentre Confindustria si smarca dall’accusa di immobilismo: «Se un’impresa resta ferma è destinata al fallimento», obietta Alberto Baban, presidente della Piccola Industria.
Ma non è la sola polemica della mattinata alla Luiss: l’ex ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni coglie l’occasione per replicare a chi lo ha definito «il ministro del no», e anche per mettere in guardia il governo dalla tentazione di «andare in Europa e dire che bisogna spostare l’enfasi dal rigore alla crescita», quando la priorità è invece quella di «andare avanti nella costruzione europea». «Nel nostro Paese si vuole sempre rinegoziare subito dopo aver preso un impegno europeo — osserva Saccomanni — così si dà il segnale sbagliato alle imprese e al sistema economico». «Non possiamo permetterci di buttare al vento gli sforzi enormi di consolidamento che abbiamo fatto», concorda il suo successore, Pier Carlo Padoan. Però, mentre Saccomanni racconta la strenua battaglia per rispettare l’obiettivo di un rapporto deficit/ Pil sotto il 3% (riuscirci «è stato quasi un miracolo», confessa) nonostante le continue sollecitazioni di spesa dei vari ministeri, Padoan si sofferma invece sulla necessità di cambiare agenda politica. Lo scrive anche in un tweet, il debutto dell’account del ministro: «Guido Carli ebbe per primo l’intuizione che il Patto di stabilità dovesse chiamarsi Patto di stabilità e crescita». Al convegno spiega il suo pensiero più diffusamente: «L’Europa è a un bivio perché si potrebbe continuare con la sopravvivenza, con il tiriamo a campare, magari in un contesto di condizioni monetarie che potrebbe diventare rischioso, oppure potrebbe essere l’inizio di un nuovo sentiero di crescita più sostenuto o sostenibile». E in chiusura non risparmia una replica a Saccomanni: «Non sarò solo il ministro del no, ma anche del no».
Cambiare del resto è necessario, l’economia italiana è in una avanzata fase di stagnazione, sottolinea Visco: «Siamo scivolati indietro, abbiamo accumulato ritardi nel cogliere le opportunità offerte dai grandi cambiamenti: la globalizzazione degli scambi e la rivoluzione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione». Ma se negli anni ‘70 la principale conseguenza dell’immobilismo era l’inflazione, «oggi è il ristagno». E non perché manchi «la consapevolezza delle cose da fare», ma «i movimenti della politica, del corpo sociale sono apparsi impediti e l’azione è risultata largamente insufficiente rispetto al bisogno». «Solo affrontando risolutamente i nodi strutturali che hanno frenato l’economia italiana già prima delle recenti crisi, e ne hanno aggravato le conseguenze, sarà possibile riprendere un sentiero di crescita robusta e duratura», conclude Visco. Che non raccoglie solo le repliche contrariate dei sindacati, e di diversi esponenti politici, ma anche l’apertura del ministro del Lavoro Giuliano Poletti: «Sappiamo che l’Italia ha qualche problema di freno, ora proviamo a toglierli, abbiamo cominciato, come con il decreto sul lavoro. Vediamo se funziona».