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 2014  marzo 28 Venerdì calendario

RENZI A OBAMA L’ITALIA TAGLIERÀ LE SPESE MILITARI – ["CONVINCERE MERKEL A CAMBIARE VERSO"]


«NEW blood». Sangue nuovo nelle vene dei democratici. Per Barack Obama questo rappresenta «Matteo». Un leader cresciuto, come ha scherzato lo stesso Renzi nel faccia a faccia di villa Madama, in quella «Generazione Obama » che ha visto nel presidente americano, soprattutto quello della prima candidatura, dello «Yes we can», un mito potente in grado di sostituire quelli ormai inservibili del Novecento.
Così Renzi si è trovato ieri a discutere con quello che considera, se non un padre politico, di certo un fratello maggiore. Lo stesso Obama ne è consapevole. Piccoli gesti rivelano un senso di protezione, come quando suonano gli inni nazionali e i due leader devono passare in rassegna il picchetto d’onore dei lancieri di Montebello. Renzi esita, non sa quando muoversi. Obama, non visto, gli appoggia delicatamente una mano dietro la schiena e lo sospinge avanti come per dirgli: «Muoviamoci, questo è il momento, ne ho fatte tante di queste passerelle».

IL RETROSCENA
DENTRO, con le delegazioni al completo (Kerry e Mogherini, Susan Rice e l’ambasciatore Varricchio, Sensi e il capo dello staff McDonough), il Presidente rompe il ghiaccio con un «ciao Matteo» e inizia a tesserne le lodi. Un leader «effective», efficace, concreto, pieno di energia («lot of energy»), che si è circondato di giovani ministri e ministre. «Io tra due anni e mezzo finisco il mio mandato, tu hai un futuro politico davanti, sei l’espressione della famiglia politica progressista. Vedo con piacere che gli italiani sono pronti a cambiare, ready to change». Un tributo ricambiato da Renzi con gli interessi, perché — dice con un filo di emozione — «io faccio parte di quella nuova generazione democrat cresciuta negli anni della tua avventura politica ».
Ma in un vertice di Stato che dura più di un’ora, oltre ai convenevoli c’è la sostanza. E la questione politica centrale, quella che sta più a cuore a entrambi, è la nuova rotta che deve prendere l’Europa. Del resto sono anni che Obama cerca invano di convincere la Merkel a “cambiare verso” e abbandonare le politiche di austerity. Ora a Renzi sembra di aver trovato un alleato dalle spalle larghe per farsi ascoltare, uno con cui fare sponda. Ma certo l’Italia deve fare prima pulizia in casa propria. E il premier italiano snocciola una per una tutte le riforme messe in cantiere in questo mese di governo, dall’abolizione delle province, «uno dei passaggi per recuperare credibilità», alla riforma elettorale, dal taglio dell’Irpef alla spending review.
«Se avrai successo in Italia — gli dice Obama — questo piano può diventare un modello in Europa». Renzi si accontenterebbe di rendere più credibile la richiesta italiana di un cambio di rotta in Europa.
Nella discussione entrano anche i tempi caldi del momento, dall’Ucraina al Mediterraneo. E le ambizioni italiane di avere voce in capitolo in quest’area passano anche per la questione politicamente sensibile delle spese militari. Da palazzo Chigi assicurano che né Obama né Renzi abbiano fatto un riferimento diretto al programma dei cacciabombardieri F35. Eppure gli investimenti militari sono l’unica carta che rende credibili, agli occhi americani, le promesse di maggior impegno in politica estera. Il presidente americano lo dice chiaro e tondo in conferenza stampa. «Il divario tra le nostre spese e quelle europee in seno alla Nato «è diventato troppo significativo». Visto che «siamo in una alleanza», ognuno deve «farsi carico della propria parte di fardello. Non ci può essere una situazione in cui gli Usa spendono più del 3% del loro Pil nella Difesa, gran parte concentrato in Europa, mentre l’Europa spende in media l’1%».
Sul divanetto della sala affacciata davanti alla Loggia di Raffaello, guardandolo negli occhi, poco prima il premier italiano aveva ammesso le sue difficoltà. «Io devo ridurre le spese dello Stato e, tra queste, anche le spese militari». «Anche noi stiamo riducendo le spese per la Difesa che, con le due guerre in Iraq e Afghanistan, erano schizzate verso l’alto», gli risponde il Presidente. «Ma ti assicuro che manterremo un ruolo forte nell’Alleanza atlantica e nel Mediterraneo », promette il capo del governo. Obama gli dà credito: «Per noi sta bene, ma allora fatelo ». Insomma, si discute degli obiettivi, non degli strumenti per raggiungerli. Si parla della situazione in Libia e di come stabilizzarla, non di quanti caccia servano all’Aeronautica italiana. «Lui non è entrato nel mio budget — ha riferito Renzi allo staff — né io gli ho detto dove intendo tagliare. Vogliamo rendere più efficienti le forze armate e tagliare le spese inutili. Ma il come lo decidiamo noi. Su questo ho tenuto botta». La strada che palazzo Chigi vede complementare alla spending review sulla Difesa è quella del «pooling » delle risorse: mettere insieme in maniera efficiente le varie eccellenze di ciascun paese per poi arrivare a costruire un embrione di esercito europeo.
Anche sul delicato tema dell’Ucraina, l’Italia sente di avere voce in capitolo senza complessi di inferiorità legati alla dipendenza dal gas russo. «Abbiamo fatto la nostra parte nella riunione del Consiglio europeo e in quella del G7, a prescindere dai nostri legami economici con la Russia», rivendicano con puntiglio gli sherpa italiani che aiutano Renzi. Certo, l’invasione della Crimea ha fornito il destro a Obama per tornare alla carica sul tema dell’eccessiva dipendenza energetica europea (e italiana) dal gas russo. Gli americani, tra rinnovabili e “shale gas”, ormai sono diventati un paese esportatore. E si propongono per sostituire nel tempo i contratti Gazprom. È una partita di lungo periodo, ma in vista del rinnovo dei vertici Eni ed Enel — in scadenza ad aprile — il premier dovrà decidere se cambiare strada oppure restare, con i vecchi manager, sulle scelte di sempre.
Il bilaterale volge al termine. I due leader si alzano e si avvicinano alla porta dorata che li separa dai duecento giornalisti accalcati sotto le volte cinquecentesche. Obama s’informa su quanti figli abbia «Matteo», scherza sulle sue Sasha e Malia. È andata, la “chimica” è scattata. Tornato a palazzo Chigi, Renzi si lascia andare a un commento privato: «Obama in Monti e Letta aveva trovato la competenza. Con noi ha trovato anche la politica». La nuova generazione Obama non ha peli sulla lingua.