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 2014  marzo 28 Venerdì calendario

LA CINA SOPRA IL 2% DI ENI ED ENEL


ROMA People’s Bank of China, la banca centrale cinese, supera la prima soglia significativa per le partecipazioni rilevanti, quella del 2%, e palesa la sua presenza nel capitale di Eni ed Enel. Il dato è emerso ieri dalle comunicazioni Consob, dalle quali si rileva che le due operazioni sono state condotte in parallelo lo scorso 21 marzo. La banca cinese, che nei fatti è un fondo sovrano, era già presente da alcuni anni tempo nel capitale delle due società. La quota che fino a qualche tempo deteneva Bank of China in Enel era pari all’1,8%: il dato è stato messo nero su bianco nelle slide presentate mercoledì scorso dall’ad di Enel, Fulvio Conti, alla commissione Attività produttive del Senato, nella parte in cui ha dato conto dei maggiori investitori esteri presenti nel capitale del gruppo elettrico. Fino a qualche giorno il fondo cinese era il quarto azionista, dietro a BlackRock (3,7%), State Street e Norges Bank. Con l’arrotondamento del 21 marzo che li ha portati al 2,071%, i cinesi sono saliti al terzo posto. L’ingresso nel gruppo elettrico era avvenuto nel 2011, con una piccola quota inferiore a 500 mila azioni. Poi sono saliti lentamente nel tempo, fino ad arrivare nel 2012 a circa lo 0,8% e giungere a fine 2013 all’1,8% con 170 milioni di azioni. Questi movimenti sono molto simili a quelli che hanno segnato l’evoluzione della presenza nel gruppo Eni, dove adesso la banca centrale possiede il 2,1 per cento.
La caratteristica della crescita di Bank of China nel capitale delle due società sembra più rispondere alla logica di un investimento standardizzato (come l’acquisto di titoli presenti in una serie di indici, o relativi a società di una certa dimensione operanti in determinati settori, come quello energetico) che il fondo sovrano può aver replicato nelle maggiori corporate europee. Una logica che risponde a chi non ha una conoscenza dettagliata dei singoli mercati europei e delle società che vi operano, ma che vuole comunque posizionarsi in Europa. I cinesi avevano iniziato con il debito sovrano, comprando titoli di Stato di molti Paesi, a partire dagli Stati Uniti, fino ad arrivare ai titoli pubblici italiani. Poi hanno cominciato a muoversi con cautela sull’equity. Le mosse degli ultimi giorni, che li fanno uscire allo scoperto (il superamento del 2% impone l’obbligo di comunicare a Consob la partecipazione) potrebbero essere il segnale che intendono muoversi con più decisione nel capitale di alcune società italiane. Forse anche perchè in qualche modo interessati alla prossima stagione di privatizzazioni che, ad esempio, riguarderà anche il 3% circa di Eni. Non va dimenticato, del resto, che tra i maggiori pretendenti a rilevare il 49% di Cdp Reti messo in vendita dalla Cassa depositi e prestiti c’è il fondo infrastrutturale State Grid of China.
E intanto ieri il Cane a sei zampe ha avviato la cessione, attraverso un accelerated bookbuilding, del 7% del capitale della società portoghese Galp Energia, per il quale Amorim Energia non ha esercitato il suo diritto di prelazione in base agli accordi sottoscritti tra i due gruppi. Le azioni saranno collocate presso investitori istituzionali qualificati con Goldman Sachs e Mediobanca nel ruolo di joint bookrunners. Nei mesi scorsi, l’Eni aveva ceduto sul mercato azionario lo 0,34% circa del capitale della società portoghese, per cui Aebv non aveva esercitato la prelazione. A chiusura dell’offerta, il gruppo di San Donato Milanese deterrà il 9% del capitale sociale di Galp di cui l’8% a servizio dell’exchangeable bond di circa 1,02 miliardi emesso il 30 novembre 2012 (con scadenza 30 novembre 2015) e circa l’1% soggetto al diritto di prelazione esercitabile da Aebv. In linea con la prassi di mercato, Eni ha deciso un periodo di lock-up di 30 giorni per la cessione di ulteriori azioni di Galp «salvo eccezioni standard per operazioni simili». Oggi, comunque, saranno comunicati i termini finali dell’offerta i cui proventi «saranno utilizzati per finalità di gestione operativa generale».
Nel piano 2014-2017 Eni ha previsto 9 miliardi di euro di incassi da dismissioni, inclusa quella recente di Arctic Russia (2,4 miliardi di euro). Sul piatto, come peraltro aveva annunciato anche l’ad Paolo Scaroni in occasione della strategy presentation agli inizi di febbraio, potrebbe finire presto anche la cessione di un ulteriore pacchetto del mega-giacimento di gas in Mozambico, dopo la vendita del 20% ai cinesi di Cnpc. Secondo quanto riportato ieri dall’agenzia Reuters, il Cane a sei zampe, che però non ha commentato l’indiscrezione, sarebbe infatti in procinto di affidare a una banca la vendita di una quota fino al 15%, il cui valore si aggirerebbe sui 5 miliardi di euro.