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 2014  marzo 27 Giovedì calendario

BALLE E BUFALE DEGLI SCIENZIATI ATTRAVERSO I SECOLI DEI SECOLI


DOPO AVER RIPERCORSO CASI COME LA FALSA FUSIONE NUCLEARE A FREDDO, L’ERRATA DATAZIONE DELL’UNIVERSO E LE MANCATE VIRTÙ DEI SAPONI RADIOATTIVI, APPENA TORNATI SUL LUNGARNO Gambacorti è probabile che molti pensino: meglio diffidare degli scienziati, che per una che ne azzeccano chissà quante ce n’hanno vendute per buone, e buone non erano. Il visitatore non avvertito rischia infatti di uscire da Palazzo Blu con la spaventevole o rassicurante (dipende) sensazione che gli scienziati siano dei contaballe come i giornalisti, tanto per citare una categoria che eccelle nella specialità. Già dal titolo la mostra inaugurata il 21 marzo e aperta fino al 29 giugno – «Balle di Scienza. Storie di errori prima e dopo Galileo» – sembra inoculare dosi di scetticismo. Che peraltro non fa male, se si presta attenzione a non confondere la ricerca rigorosa, che considera l’errore un passaggio positivo, con la cialtroneria truffaldina che spesso s’annida vitale nei gangli e nelle neuroconnessioni della comunità scientifica, come del resto nell’intera società.
Tra le celebrazioni pisane dei 450 anni dalla nascita di Galileo, che definì le caratteristiche base del metodo scientifico, la mostra ha però obiettivi totalmente diversi dall’ingenerare scetticismo: vuole dimostrare che è sbagliando che s’impara. Concetto empirico più elegantemente articolato nella frase di Richard Feynman usata come payoff: «La scienza è fatta di errori che è utile fare perché, a poco a poco, ci portano alla verità». Feynman, uno dei padri del calcolo quantistico, teneva così tanto all’umiltà e all’understament, sotto la cui ala protettrice gli errori scientifici si fanno ma non ti si ritorcono contro, da descrivere così se stesso: «Fisico premio Nobel, insegnante, narratore e suonatore di bongo». Uno così, se fa un errore lo perdoni subito. Il titolo della mostra è ispirato da un commento del più geniale scienziato italiano del secolo scorso, Enrico Fermi, vergato su un album di appunti, grafici ed equazioni dei «suoi» ragazzi di via Panisperna che stavano lavorando sui neutroni rallentati dall’acqua o dalla paraffina. Un commento a caratteri cubitali e davvero sintetico: «!Balle!». A dire il vero, sembra che responsabile delle misurazioni non convincenti fosse Bruno Pontecorvo, come Fermi tra i migliori scienziati sfornati dalla scuola fisica pisana degli anni Trenta, poi approdato con lui all’Istituto di fisica a Roma. Quella del futuro premio Nobel 1938 e le altre del suo acuto collega Ettore Majorana non erano affatto bocciature, ma espressioni di disappunto perché le condizioni in cui le misurazioni venivano fatte non garantivano risultati affidabili. L’originale di quell’album è ora esposto a Palazzo Blu ed, effettivamente, emoziona più ancora delle prime edizioni delle opere di Galileo, generosamente concesse ai curatori Franco Cervelli e Vincenzo Napolano.
La mostra di Palazzo Blu – promossa dall’Università di Pisa, dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dalla Scuola Normale Superiore – racconta, con molta interazione tra visitatori e ambienti, le false credenze, i miti, le bufale, le scoperte casuali e gli errori che hanno ostacolato o accelerato il progresso della scienza. Tra le «balle» più clamorose degli ultimi decenni, Cervelli e Napolano hanno scelto di raccontare anche quelle dei canali artificiali di Marte, della fusione a freddo annunciata da Martin Fleischmann e Stanley Pons, dei neutrini più veloci della luce, la truffa dell’omeopatia di Jacques Benveniste. Ce ne sono anche di più antiche e dimenticate. Per esempio, su un grande touch screen si possono confrontare gli effetti dei punti di vista – dalla Terra, dal Sole, da Marte etc. – sull’osservazione del moto dei pianeti del sistema solare. E rendersi conto che, date le condizioni in cui operava, Tolomeo mise a punto un modello geocentrico praticamente perfetto. Sbagliava, ma non poteva che sbagliare. E dunque fu un grande scienziato quando ancora la nozione di scienza non esisteva.