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 2014  marzo 27 Giovedì calendario

COME SI TRADUCE DEFLAZIONE IN TEDESCO


I banchieri centrali, anche e soprattutto quelli tedeschi, hanno una bussola, ed è l’inflazione. Nell’area dell’euro, l’inflazione è allo 0,7%, meno della metà di quello che prescriverebbe l’obiettivo della Banca centrale europea, di stare "al di sotto, ma vicino al 2%", e anche in Germania è poco sopra l’1. Questo mese potrebbe scendere di un gradino, e comunque nelle previsioni della stessa Bce non risalirà all’1,7% che alla fine del 2016, fra quasi tre anni. Inflazione troppo bassa, quindi, anche per chi, come i tedeschi, ha una tolleranza piuttosto ampia per questo fenomeno e invece una iper-reattività per il fenomeno opposto. Per di più, la crescita di moneta e il credito, il secondo pilastro della politica monetaria della Bce, voluto espressamente dalla Germania, come eredità della Bundesbank, è gravemente insuffciente. C’è poi un fattore di rischio, che recentemente si è accentuato, e potrebbe provocare un ulteriore calo dell’inflazione, ed è l’euro forte. Il rischio di deflazione esiste.
Il fatto che questa diagnosi sia condivisa da tempo dalla Bundesbank non è bastato a contenere la sorpresa per le parole pronunciate dal presidente della Banca centrale tedesca, Jens Weidmann, secondo cui l’acquisto di titoli pubblici o privati, il cosiddetto quantitative easing già praticato dalla Fed, dalla Banca d’Inghilterra e dalla Banca del Giappone, ma finora un tabù assoluto per i "falchi" del consiglio Bce, non è "fuori questione" e tassi d’interesse negativi sui depositi possono servire a contenere la forza del cambio. Gli ha fatto eco il governatore finlandese, Erkki Liikanen, anche lui annoverato fra i fautori dell’ortodossia, mentre il presidente della Bce, Mario Draghi, ripeteva che l’Eurotower è pronta all’azione.
I mercati finanziari hanno mostrato un certo entusiasmo, come sempre hanno fatto negli ultimi tempi a fronte di interventi verbali di esponenti della Bce. Alla "conversione" di Weidmann, a maggior ragione, è sembrato il caso di celebrare. Ci sono però due distinguo importanti nel discorso del presidente della Bundesbank. Il primo è che le questioni legali che riguardano il Qe verranno esaminate scrupolosamente. Dopo il pesante vaglio della Corte costituzionale tedesca al piano Omt della Bce, non è una condizione da sottovalutare. Ma il più importante è il secondo. E cioè che, a parere di Weidmann, non è ancora il momento per azioni del genere. Parere evidentemente condiviso dal resto del consiglio, visto che non ha ritenuto di agire all’inizio di marzo, quando le previsioni d’inflazione della stessa Bce sono state ribassate. Qualche osservatore di mercato ha interpetato l’uscita del banchiere tedesco come un via libera a un taglio dei tassi alla riunione della prossima settimana. Un’interpretazione che sembra prematura. Proprio l’inazione nell’ultimo consiglio indica che l’asticella per una mossa della Bce si è notevolmente alzata e solo un chiaro peggioramento dello scenario indurrà l’Eurotower a muoversi. In attesa che la ripresa, pur modesta, e la graduale rimozione dello stimolo monetario della Fed facciano loro il lavoro richiesto di "normalizzare" inflazione ed euro. Se però non dovesse succedere - e il rischio esiste - gli interventi verbali di Francoforte non basteranno più. Si vedrà allora se quella imboccata da Weidmann è veramente la via di Damasco.