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 2014  marzo 27 Giovedì calendario

FERRETTI : «SONO UN INCOSCIENTE PORTO SUL PALCO LA MIA INFANZIA»


Diciamo subito che Dante Ferretti non si mette la parrucca per recitare Amleto. Ma di sicuro è la prima volta che il pluri-premio Oscar compare in uno spettacolo teatrale, «perché sono un incosciente», chiosa il grande scenografo. Oceano Adriatico non è uno spettacolo convenzionale e andrà in scena in uno spazio non convenzionale, dal 3 al 6 aprile nel Teatro 8 degli ex stabilimenti cinematografici De Paolis a Roma. Scritto e diretto da Raffaele Curi e prodotto dalla Fondazione Alda Fendi, è uno spettacolo-film, dove i protagonisti non recitano con la loro voce ma solo attraverso i loro corpi e le loro immagini proiettate: «Diciamo piuttosto che è una rappresentazione metateatrale e decisamente virtuale — spiega Ferretti — più vicina al cinema che al teatro, dove si racconta la tenerezza, l’incanto e il disincanto dell’infanzia: la mia, ma anche quella di Raffaele, di cui sono amico e conterraneo, visto che siamo tutti e due di Macerata».
La storia comincia proprio da un manipolo di ragazzini marchigiani che amavano tanto il cinema: «C’è una bella frase nel testo che dice “ho messo l’infanzia in tasca e sono andato avanti, perché era tutto quello che avevo”. Da bambino — racconta Dante — invece di andare a studiare, rubavo qualche spicciolo dalle tasche di mio padre e con i miei compagni ero un assiduo frequentatore delle sale cinematografiche, sia quelle commerciali, sia quelle parrocchiali. E quando la sera tornavo a casa, recitavo la scena di quello che aveva studiato tanto, tutto il pomeriggio: in realtà, più che le lezioni di scuola, conoscevo a memoria i film che vedevo a ripetizione, più volte nella stessa giornata... anche perché nella mia cittadina la programmazione non è che fosse così varia!».
Nelle sere d’estate, l’avventura si spostava all’aperto: «Nel cortile della chiesa, veniva allestita un’arena dove erano proiettati i film e lì non c’era bisogno di rubare dalle tasche di papà per guardarli, perché bastava che ci appostassimo su una panchina sotto le Mura di Tramontana di Macerata: da lì assistevamo alla proiezione senza pagare il biglietto. La visuale, però, era un po’ precaria, perché riuscivamo a scorgere solo un angolo dello schermo, che già di per sé non era molto grande. Però... — sospira Ferretti — quante belle serate ho trascorso in quella scomoda posizione e quanti bei film! Dai “Ragazzi della via Pal” ai “Vitelloni” di Fellini, e poi il neorealismo di De Sica e di Germi, i mitici peplum all’italiana... È fu così che decisi di fare cinema anche io». Il piccolo Dante, tuttavia, non sapeva ancora in che modo: «A quell’età, di solito, ci si identifica in un attore — continua — ma a me, che già frequentavo l’istituto d’arte, non interessava interpretare dei personaggi, volevo solo lavorare materialmente nel cinema. Un giorno incontrai un mio amico più grande che faceva lo scultore, gli confidai il mio sogno e lui mi consigliò di fare lo scenografo. Non sapevo cosa significasse e che razza di mestiere fosse. Lui mi spiegò che era la costruzione della scena in cui si muovono gli attori. Esclamai convinto: ecco quello che voglio fare!». Non fu facile convincere il padre: «Non ero uno studente modello e ogni anni venivo rimandato a settembre con qualche materia. Così mio padre mi fece un piccolo ricatto: se vieni promosso a giugno, ti do il permesso di andare a studiare a Roma all’Accademia. E così fu».
Insomma, in Oceano Adriatico si evocano ricordi e sogni dell’infanzia, «e poi le nuotate che facevamo nel nostro Adriatico, un mare tanto piccolo ma che a noi sembrava grande come l’Oceano». Nel folto cast, anche tre figli-nipoti d’arte: Cécile Leroy è figlia di Philippe, Andrea Facchinetti di Ornella Muti, Timothy Elie-Mantout è il nipote di Bud Spencer.
Attualmente, Ferretti è reduce dal Cinderella di Kenneth Branagh e sta preparando il nuovo film di Martin Scorsese: «Si intitola “Silence” è ambientato alla metà del Seicento e racconta la storia, che ricorda un po’ “Mission” con De Niro, di missionari gesuiti che partono per andare a cristianizzare i giapponesi e da questi vengono incarcerati, torturati... Il film sarà girato a Taiwan: Martin adora questo genere di storie».
Il rapporto con il teatro, però, è discontinuo: «Da ragazzo mi piaceva andare a vedere spettacoli comici e, quando dovevo andare ad assistere ai classici, che pall...! Da professionista, invece, ho firmato le scenografie di molte opere liriche, e qualche anno fa anche la regia di una “Carmen”». Come mai allora ha accettato la proposta dell’amico Curi? «Gliel’ho detto: sono un incosciente. E poi mi diverte l’idea che assisterò da spettatore alla mia stessa performance: sul palcoscenico la mia immagine, io seduto in sala. Credo che da spettatore — conclude —, mi camufferò davvero con parrucca e baffi per non farmi riconoscere: se lo spettacolo sarà applaudito, mi manifesterò al pubblico per raccogliere gli applausi. Se arrivano i fischi mi alzo e me ne vado senza farmi riconoscere».
Emilia Costantini