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 2014  marzo 27 Giovedì calendario

YES WE CHAT


E tu, che ci faresti con 19 miliardi di dollari? «Comprerei il Nepal, anzi no, la Giamaica». «Offrirei il caffè a tutti gli italiani per un anno». «Garantirei acqua potabile all’intero pianeta per due anni». Tra goliardia e filantropismo, il giorno dopo il dibattito infuriava in rete. Sì perché l’investimento di Facebook, quasi 14 miliardi di euro per acquistare la piattaforma di mobile messaging WhatsApp, è spropositato al punto da stabilire un confine: d’ora in poi ci sarà un prima, e un dopo. Un enorme spreco di denaro o una mossa lungimirante? Di certo WhatsApp – appena 55 dipendenti, ma 450 milioni di utenti attivi – negli ultimi anni si è diffuso in maniera virale e trasversale. I ragazzi lo amano perché è economico (miniabbonamento da meno di un euro) e ci organizzano l’aperitivo. I top manager lo usano per gestire a distanza gruppi di lavoro. I politici l’hanno scoperto come alternativa smart a quei bigliettini che, passando da un lato all’altro dell’emiciclo, rischiano di essere intercettati dai fotografi. Mentre signore serissime inviano immagini private, foto che fino a qualche tempo fa avrebbero tenuto gelosamente per sé. Per tanti, WhatsApp ha rappresentato una liberazione: nel suo mondo vorticoso ci scambiarne molti più messaggi che in passato, a tutte le ore, di tutti i tipi.
Un cambiamento epocale, Difatti. gli unici che si sono stupiti della cifra sborsata da Mark Zuckerberg sono quelli che l’app non la usano. «Facebook sta cercando di allungare la catena di qualche anello: con WhatsApp si rafforza nel segmento mobile» riflette Sandro De Poli, 56 anni, presidente e a.d. di General Electric Italia. Insomma, un investimento che vale tutti i soldi spesi. Parola di manager che tiene l’applicazione sempre a portata di dito sullo smartphone. «Fino a qualche anno fa utilizzavo il sistema di messaging di BlackBerry, poi mi sono convertito. È molto pratico per condividere immagini: spesso, quando assisto a un convegno, fotografo una slide interessante e la giro al mio team. Col vantaggio che so subito se il messaggio è stato letto oppure no». Una funzione che, gli adepti lo sanno bene, può creare dipendenza. Come l’indicazione dell’ora in cui il contatto ha aperto l’app per l’ultima volta, che Nicola Savino, 46 anni, showman impegnato sia in radio sia in tv con Quelli che il calcio, ha disattivato: «Non esiste che io ti faccia sapere quando ho acceso il telefono!». Di WhatsApp, però, non fa a meno, soprattutto per la possibilità di creare gruppi. «Ci sono quello di Radio Deejay, quello di Rai 2... È un buon modo per fare squadra e motivarsi a vicenda». L’effetto spogliatoio trasferito nel mondo virtuale. Con una controindicazione: «Per me, chi ha il telefono acceso è operativo. Anche all’alba».
Matteo Zoppas. 40 anni, presidente di Confindustria Venezia e consigliere delegato di San Benedetto, utilizza WhatsApp per gestire i gruppi di lavoro che coordina. «Posso seguire da osservatore le varie comunicazioni e intervenire quando serve. Rispetto alle mail è molto più immediato». E ben venga l’arrivo dei servizi voce. preannunciato per i prossimi mesi dal ceo Jan Koum: «Si eviterà di uscire da WhatsApp per aprire Skype» commenta Zoppas. Il rischio? Come sempre, abusarne: «Durante le riunioni mi sono accorto che i partecipanti erano più attenti al telefono che a ciò che si diceva». «Può diventare una droga! Quando dopo le gare si va a cena, c’è sempre qualcuno che prima ancora di guardarsi in giro chiede la password del wi-fi» sbuffa Elisa Di Francisca, campionessa olimpica del fioretto. La testimonial Puma giura di lasciare il telefono in borsa, mentre ammette che l’app diventa insostituibile durante le trasferte all’estero: «Mentre, ero a San Pietroburgo per la Coppa del Mondo, la preparatrice atletica mi mandava via WhatsApp gli esercizi e le foto degli attrezzi da utilizzare». Pensi allo sportivo e ti vengono in mente due gadget da cui difficilmente si separa: le cuffie extralarge e lo smartphone, sempre in mano. «I social come Facebook, Twitter e soprattutto Instagram sono utilissimi per rimanere in contatto con i tifosi» spiega Tony Cairoli, 28 anni, campione del mondo di motocross con la scuderia Ktm Red Bull, «mentre uso WhatsApp soprattutto con amici e familiari».
Appartiene alla categoria degli entusiasti la cantante Noemi, classe 1982, protagonista a Sanremo e coach a The voice of Italy. «È semplice, veloce ed economico. Quando stavo a Londra, con alcuni amici che vivevano lì avevamo creato il gruppo Emigranti londinesi, che usavamo per organizzare uscite e serate. Ma su WhatsApp sento anche i miei genitori». Ricorda il giorno in cui sulla app è comparsa la possibilità di mandare messaggi vocali: «Per la successiva settimana non si è fatto altro che scambiarsi file con versi di tutti i tipi, un vero trip!». Chiami Enzo Lattuca, deputato Pd, il più giovane del Parlamento con i suoi 26 anni, e il telefono suona a vuoto; gli scrivi su WhatsApp e la risposta arriva immediatamente. Fra i politici, dice, non è il solo fan: «Oggi alla Camera abbiamo fatto un minuto di silenzio e si saranno sentiti almeno 15 bipbip». Non sono solo i nativi digitali a usare le app di mobile messaging. «I colleghi più anziani si sono adeguati, soprattutto per star dietro ai figli. Ho deciso di prendermi il tablet quando, sul treno, ne ho visto uno in mano ad Achille Occhetto». Figuriamoci allora se Matteo Renzi, noto per i tweet inviati a orari antelucani, non utilizza anche i messaggini. «Sì, pure Matteo è su WhatsApp» conferma un altro parlamentare Pd, Ernesto Carbone, 39 anni come il premier: «Se cazzeggia? No, no... A me scrive cose serie, di politica». La decisione di tagliare l’irpef, ad esempio, è arrivata dopo una chat interna alla maggioranza.
Per Vincenzo Fiore, 50 anni, fondatore e a.d. di Auriga, che realizza software per le banche, l’app è uno strumento di lavoro. «Qualche settimana fa ero in Florida con il mio team per una fiera di settore. Dovevamo dividerci tra conferenze e incontri con potenziali clienti. Per coordinarci abbiamo creato un gruppo in cui ci scambiavamo informazioni e foto dei biglietti da visita raccolti». Fiore è talmente convinto dei pregi di WhatsApp che l’interfaccia di home banking sviluppata da Auriga lo prevede tra i mezzi per contattare l’helpdesk. Come ne è convinto Marco Realfonzo, 37 anni, a.d. del provider di servizi di e-commerce Triboo Digitale: «Prima di entrare in sala riunioni con un cliente, io e i miei collaboratori creiamo una chat room, e durante il meeting possiamo scambiarci opinioni in modo discreto» spiega.
Sull’account WhatsApp di Mario Spreafico, 48 anni, chief investment officer di Schroders Wealth Management, scorrono soprattutto le notizie in arrivo dai mercati: «Quando sono impegnato in un convegno o mi sto spostando in treno, il mio team mi tiene aggiornato via messaggio sugli ultimi dati macroeconomici. Mentre io chiedo in tempo reale che cosa stanno comprando e come vanno gli investimenti». Giovanni Castiglioni, 33 anni, a.d. e presidente della casa motociclistica MV Agusta, ha invece un approccio di nicchia: WhatsApp sì, ma solo con gli amici e la famiglia. «Non mi piace condividere troppo del mio privato, neppure la foto del profilo. Lo uso soprattutto con i miei figli. La scorsa settimana, ad esempio, dovevo prendere un aereo e la bambina era preoccupata per i temporali. Allora ho girato un video del panorama, senza neanche una nuvola, e gliel’ho mandato». Nell’epoca a.W, avanti WhatsApp, chissà quanto tempo avrebbe perso in rassicurazioni telefoniche.

Ha collaborato Giacomo Fasola


FABIO GAUDAGNINI
49 anni, direttore di Fox Sports. Perché WhatsApp. «Lo uso per comunicare con il mio gruppo di produzione editoriale, età media 32 anni: sono nativi digitali, è il loro mondo. Nella vita privata è perfetto per le feste di compleanno: il party per i 40 anni della mia compagna l’ho organizzato in chat». In diretta. «Spesso seguo i programmi in diretta dal mio ufficio. Quando vedo o sento qualcosa che non mi convince, scrivo al telecronista via WhatsApp». Contatti. «Qualche tempo fa ho mandato un messaggio a Marcello Lippi per chiedergli un’intervista, di recente mi sono scritto con Pierluigi Collina. Faccio lo stesso con i commentatori di prestigio che lavorano con noi, da Fabio Capello a Hemén Crespo».
SARÀ BRAJOVIC
27 anni. scrittice. modella e blogger (sarabrajovic.com). Perché WhatsApp. «È uno strumento di lavoro. Dopo aver scattato col fotografo per il mio blog, lui mi invia via WhatsApp 15-20 immagini, io scelgo quelle che mi piacciono di più e solo a quel punto me le faccio spedire in alta definizione via e-mail. È una questione di rapidità». Vita da social. «Sono molto attiva anche su Facebook e Twitter. Su Instagram sono appena arrivata, mi sono iscritta un mese fa». Sms addio. «Nella vita privata l’app ha sostituito del tutto gli sms, ce l’hanno tutti i miei amici e anche mia sorella. ma per organizzare una cena preferisco ancora fare una telefonata».

ELISA Di FRANCISCA 31 anni, campionessa di scherma. Perché WhatsApp. «Quando sono all’estero per le gare, lo uso per tenere i contatti con la mia allenatrice e la preparatrice atletica. Ma anche per mandare foto alle amiche dell’hotel dove dormo o di un locale carino in cui vado la sera». Il bello e il brutto. «Troppo fighi i messaggi vocali! Io di solito mi registro mentre faccio le imitazioni di qualche dialetto strano. Invece non mi piacciono le chat di gruppo: rispondere diventa un lavoro». In equilibrio. «Non sono molto “tecnologica” e non vivo con lo smartphone sempre in mano. Quando sono a tavola o mi alleno in palestra lo tengo in borsa, non come quelli che appena entrati al ristorante chiedono la password del wi-fi... Il mio rapporto con i messaggi è equilibrato: se è una cosa urgente, preferisco alzare la cornetta».