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 2014  marzo 25 Martedì calendario

INTERVISTA A SCARONI

L’Europa e l’intero mondo occidentale, a cominciare dagli Stati Uniti, da tempo non affrontavano una crisi così profonda. Crisi politica e militare innanzitutto, dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia. Con una novità di non poco conto, il peso e il ruolo che giocherà l’economia, e segnatamente l’energia.
Basta scorrere alcuni dati: gli stati dell’Europa dell’est guidano la classifica dei Paesi in termini di esposizione al gas russo, seguiti dalla Germania che per oltre un terzo dell’energia dipende dalle forniture di Gazprom. Non va dimenticato che è stato l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schroeder a guidare la costruzione del North Stream, i 1224 chilometri di gasdotto che bypassa le ex repubbliche sovietiche e la Polonia e arriva in Germania direttamente dalla Russia.
E sempre da Mosca arriva il 28% dell’approvvigionamento di gas per l’Italia. «Per questo ero domenica in Libia, volevo accertarmi della sicurezza delle forniture alternative per il nostro Paese nel caso la situazione precipitasse», rivela Paolo Scaroni. L’amministratore delegato dell’Eni ha incontrato il neo primo ministro Abdullah al-Thinni, ex ministro della difesa, nominato al posto dello sfiduciato e fuggito in Europa, sembra, Ali Zeidan. «Mi ha fatto un’ottima impressione, è un ex militare e mi pare abbia fatto due buone mosse, ha aperto alla Cirenaica e alle loro esigenze di federalismo, ma nello steso tempo ha fatto capire che il petrolio è controllato dallo stato centrale bloccando la nave con il greggio che i ribelli avevano venduto alla Nord Corea. Mi sento quindi di poter essere abbastanza ottimista sulle nostre forniture di gas».
Che si tratti di una crisi che si intreccia con la politica, lo dimostra il fatto che Scaroni volerà oggi a Washington per incontri al dipartimento di Stato Americano che è fortemente preoccupato della sicurezza energetica dell’Europa e quindi anche della situazione dei Paesi fornitori che si affacciano sul Mediterraneo…
«Se ci fossimo incontrati un mese fa, le avrei parlato di un’Unione europea che paga l’energia il triplo degli Stati Uniti, e di quanto ero preoccupato per la sua capacità di mantenersi competitiva nel mondo».
E oggi invece?
«Oggi, oltre al problema dei costi, abbiamo anche un potenziale problema di sicurezza degli approvvigionamenti. E questo è vero per alcuni Stati molto più che per altri. Pensi: Spagna, Portogallo e Gran Bretagna non comprano gas russo. Francia, Italia e anche Olanda, lo acquistano ma hanno anche altri Paesi fornitori. Altre nazioni come Austria, Polonia, Bulgaria senza il gas di Mosca sono al freddo dall’oggi al domani».
Nell’elenco non ha nominato la Germania, come mai?
«Il 38 % del gas tedesco arriva dalla Russia, ma non passa per l’Ucraina… I problemi si creerebbero se l’Unione europea decidesse di sanzionare il gas russo e allora a quel punto anche il North Stream sarebbe inutilizzabile».
Proprio ieri lei ha detto al «Financial Times» che il South Stream (il gasdotto partecipato da Eni) è a rischio…
«Certo, rispetto a due mesi fa la situazione si è complicata. Vedendo le cose da un punto di vista commerciale, dovremmo essere favorevoli al South Stream, che permette di evitare il rischio di transito Ucraina e poi verrà costruito dalla Saipem, di cui siamo azionisti. Ma la chiave di lettura della politica dell’occidente potrebbe essere diversa, perché la costruzione del South Stream sancirebbe i legami tra Russia e Europa in materia di energia. Il tema è complicato dal fatto che l’intera crisi viene gestita da una commissione europea che sta per scadere e con la prospettiva di elezioni a maggio».
Pessimista mi pare…
«La crisi in Ucraina, come le mosse di Putin, ci stanno dicendo che il re è nudo. La crisi politica è innegabilmente complicata dal fatto che l’Europa non è indipendente dal punto di vista energetico».
Ci sta dicendo che non abbiamo capito la lezione di Obama e dell’America la cui politica estera è rafforzata, da qualche anno a questa parte, dal fatto che sono riusciti a essere indipendenti energeticamente.
«L’indipendenza energetica è l’indipendenza. Qualche mese fa, in un articolo che ospitò il Financial Times , dissi che si poteva riassumere la questione energetica europea in uno slogan: o siamo disposti come gli americani ad abbracciare lo Shale gas (estrazione del gas attraverso la frantumazione di rocce, ndr) o saremo costretti ad abbracciare Putin».
Un Putin con in mano il coltello dalla parte del manico …
«Putin si sta muovendo, dice lui, per proteggere la popolazione russa».
Di truppe ne sta ammassando ai confini…
«Non voglio fare valutazioni politiche che non mi appartengono. Ma Putin, evidentemente, non poteva permettersi di perdere uno dei suoi unici 5 porti con un pescaggio superiore ai 14 metri, in grado quindi di ospitare la marina da guerra».
Ma in caso di sanzioni noi come faremo senza il gas russo?
«Non credo si arriverà a tanto. Comunque in Italia, a differenza di altri Paesi, abbiamo diversificato le forniture, e se tutte le altre nazioni rispettassero i loro contratti, potremmo fare a meno del gas russo. L’Algeria è uno dei nostri fornitori, il 4 aprile andrà al voto, ma la situazione è molto stabile».
Sì ma in Libia il clima è quello di un Paese lontano dalla stabilità.
«Le nostre produzioni stanno andando bene, ma la situazione richiederà qualche anno per stabilizzarsi definitivamente. Ritengo che al-Thinni potrà guidare lo stato almeno fino alle elezioni di giugno, e che si stia muovendo con ordine e metodo».
Andrà a parlare anche di questo domani al dipartimento di Stato americano?
«Mi permetta il dovuto riserbo».
Scusi se insisto, ma spesso si sente dire che l’America potrebbe prendere il posto di Putin come fornitore di gas…
«Forse, ma non è questione né di giorni né di mesi. A differenza del petrolio che si compra un po’ ovunque, il gas ha bisogno di infrastrutture, che siano liquefattori, navi, rigassificatori. Non si tratta solo di aprire un rubinetto e chiuderne un altro».
Un’Europa che si sentiva protetta da una grande scelta come l’euro, è stata colta di sorpresa da questa crisi insomma…
«Da molti anni sostengo che ci sia bisogno di più Europa in termini di interconnessioni. La Ue ha pensato di poter giocare un ruolo tra i grandi del mondo pur non essendo indipendente energeticamente, ma così non funziona, guardi la Cina».
Sta dicendo che la Cina potrebbe essere mercato di sbocco per il gas di Putin?
«Al contrario, Pechino non vuole legarsi alla Russia. Vuole essere indipendente. Per non dipendere da gas russo brucia carbone domestico, con elevati tassi di inquinamento che rendono in alcuni periodi invivibili le sue città. E questo sta a indicare quanto l’indipendenza energetica contribuisca all’indipendenza politica».