Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  marzo 24 Lunedì calendario

ROMA Pionieri ieri, pionieri oggi. Per l’auto elettrica non è cambiato molto negli ultimi tre, quattro anni

ROMA Pionieri ieri, pionieri oggi. Per l’auto elettrica non è cambiato molto negli ultimi tre, quattro anni. Stessi problemi, stessi limiti, insieme ai listini troppo alti e a incentivi concessi col contagocce e gestiti in maniera pessima. Cominciamo dai numeri. In Europa, dove sono state vendute nel 2013 poco più di 11,5 milioni di automobili, quelle a emissioni zero sono state appena 38.617. L’Italia, nello stesso periodo si è fermata a 870 unità con la Nissan Leaf, leader incontrastata del mercato a quota 323. Ma non è che nel resto del mondo le cose vadano meglio. Sia negli Stati Uniti, dove pure vi è un forte sostegno degli ecologisti, sia in Cina dove è addirittura il governo a sponsorizzare l’elettrico, le vendite languono, con valori assoluti decisamente modesti. Dunque, quasi ovunque si tratta di una nicchia che fotografa un bilancio fallimentare in termini assoluti un po’ meno dal punto di vista della crescita che a livello europeo è stata del 59,9 per cento, salita al 68,8 a gennaio. Dati, questi ultimi che possono appena attenuare la delusione di chi sull’elettrico ha puntato forte. Per esempio, Carlos Ghosn, capo di Renault-Nissan che nel 2007 ci ha messo ben 4 miliardi di euro con il risultato di 37 mila auto vendute, ben lontano dall’ipotizzato milione previsto per il 2016. Il mercato non decolla ma le case non mollano. Al contrario, ormai tutti i grandi gruppi hanno messo in produzione vetture a batterie, seguendo, nei loro piani, due diverse filosofie. Volkswagen e Ford, tanto per citare due protagoniste, ampliando l’offerta della motorizzazione a batterie su modelli già noti (la eGolf appena presentata e la Focus EV che si comincia a vedere negli Usa). Altri proponendo modelli appositamente progettati, come la Nissan con la Leaf, la Renault con 4 modelli della gamma Z. E. e la Bmw che ha giocato la carta della i3, un prodotto totalmente inedito proprio come l’americana Tesla S. Per l’auto elettrica, dunque, si tratta di una lenta ma costante marcia sul mercato europeo che ha anche uno scopo meno orientato al consumatore e più alla necessità di evitare di dover pagare forti multe per non riuscire a garantire i valori di CO2 previsti dalle nuove regole ecologiche. Poiché questi valori vengono calcolati sulla media di tutti i modelli, è evidente che la certezza dei supercrediti garantiti dalle “zero emissioni” della trazione elettrica diventano indispensabili per compensare il valore eccessivo del CO2 della gamma. Che, è bene ricordare, nel 2021 in Europa sarà di 95 gr/km. A ben vedere, si tratta proprio di una partita complessa che si gioca su due tavoli: da una parte per “aggirare” le norme anti inla quinamento, dall’altra per occupare preziose posizioni in vista di un futuro non molto lontano quando l’auto, almeno nelle grandi città, dovrà marciare ad emissioni zero. Ma perché questo accada dovrà innanzitutto aumentare l’autonomia delle batterie, al momento in grado di garantire all’automobile non più di 120-150 chilometri di percorrenza. Alla Volkswagen, secondo quanto dichiarato al quotidiano britannico Telegraph da Heinz-Jacob Neusser, membro del board della casa Wolfsburg, stanno già lavorando su una nuova generazione di batterie «capaci di offrire un’energia di tre o quattro volte superiore alle attuali». Quindi portare l’autonomia ben oltre i 500 chilometri e aprire nuovi scenari di sviluppo. Per quanto riguarda l’Italia, ci sono diversi problemi ancora da risolvere. Soprattutto strutturali. A cominciare dalla cronica mancanza di colonnine di ricarica, ad oggi 565 in tutto. Secondo uno studio di Rse (Ricerca sul Sistema Energetico) presentato in occasione di un recente convegno sulla mobilità elettrica promosso insieme al Comune di Milano, occorrerebbe un investimento di 100 milioni per far decollare le vendite di queste vetture. A tanto, infatti, ammonterebbe la spesa per installare punti di ricarica veloce nel 10% dei distributori lungo strade e autostrade, permettendo così ai veicoli di percorrere anche grandi distanze lungo la penisola in totale autonomia. In questo modo con una sosta di 15 minuti si potrebbe ricaricare l’80% della batteria, garantendosi una percorrenza di circa 80 chilometri. Nel frattempo mentre noi ci accontentiamo di stime e promesse nel resto d’Europa, tanto per rimanere nelle vicinanze, la partita diventa ben più interessante. In Spagna, per esempio, gli automobilisti possono già ricaricare le batterie a costo zero grazie al progetto Train2Car gestito dalla metropolitana di Madrid e finanziato dal programma INNpacto 2011 del ministero dell’Economia e della Competitività. Ovvero possono fare il pieno nei giorni feriali, dalle 8 alle 21, senza alcun costo (in soli 20 minuti) sfruttando l’energia elettrica recuperata dai convogli della metro durante i rallentamenti e le frenate. La Francia lavora da tempo al- creazione di punti di ricarica per auto elettriche in autostrada: secondo il quotidiano Le Parisien, i “mini totem” di ricarica saranno sistemati ogni 50 chilometri su grandi reti di collegamento come Parigi-Marsiglia. In Germania (dove entro il 2022 è prevista l’immatricolazione di 250 mila auto elettriche), per l’esattezza a Stoccarda, il Fraunhofer Institute in collaborazione con la Daimler vuole realizzare la più grande stazione di ricarica per veicoli elettrici della Germania, pensata per funzionare con la sola energia proveniente da fonti rinnovabili. Un piano, denominato charge@work, che prevede l’installazione di impianti fotovoltaici e di piccole turbine eoliche che producono energia sufficiente per i sistemi di accumulo. È facile che tutto questo accada visto che il governo è d’accordo e l’industria automobilistica a già cominciato a finanziare il progetto. Tutto molto lontano da quanto succede, o potrebbe succedere in Italia, dove è la stessa Fiat ad aver bocciato questa tecnologia: «Non abbiamo mai creduto nel futuro dell’auto elettrica mentre dell’ibrido non possiamo fare a meno». Non certo un viatico per lo sviluppo dell’auto a emissioni zero.