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 2014  febbraio 25 Martedì calendario

I BABY AMICI DI ANTONELLA


Dall’1 febbraio il sabato sera su Raiuno va in onda Ti lascio una canzone, condotto da Antonella Clerici. Quarantadue bambini cantano pezzi della musica italiana: alla fine, ad aprile, viene decretato il più amato. Il meccanismo, collaudato e apprezzato (più di quattro milioni e mezzo di spettatori per ogni puntata), non mette in sfida i bambini fra loro, ma le canzoni. C’è da sapere che per essere scelti a Ti lascio una canzone bisogna spedire a tempo debito un provino, il maestro Leonardo de Amicis ascolta e sceglie quelli che sembrano adatti. Segue colloquio a Roma.
Siamo andati a vedere chi sono i bambini e, soprattutto, i loro genitori. Ci viene detto che vengono soprattutto dal centro e dal sud d’Italia. Precisamente: 11 dalla Sicilia, altrettanti dal Lazio. Poi ci sono la Calabria (4), la Campania (4), la Puglia (3), la Toscana (2). Con un solo bambino l’Emilia Romagna, la Liguria, il Trentino Alto Adige, il Piemonte. Una arriva da Malta: è la piccola soprano Federica Falzon. Arriviamo di sabato pomeriggio all’Auditorium della Rai, al Foro Italico, in piazza Lauro de Bosis 5. Ha un’entrata quasi nascosta, proprio accanto al Coni. Di bambini se ne vedono pochi, di genitori nessuno. Nello studio c’è Peppino di Capri che prova una canzone con una ragazzina dai capelli vaporosi. Seduto sulle poltrone del pubblico, quasi in prima fila, Pupo (che fa parte della giuria di esperti) ascolta. Se vogliamo sapere chi sono i genitori che portano qui i figli, siamo nel posto sbagliato. Finché non imbocchiamo un corridoio stretto e corto e finiamo in un’ampia stanza. Sulla porta c’è scritto “ludoteca”, ma è piena di adulti. Le luci sono molto forti e c’è un gran caldo. Sui muri affreschi che imitano archi affacciati su un giardino rigoglioso, c’è un biliardino occupato da bambini maschi, tutt’intorno tavoli e sedie. Su un tavolo i resti di una torta e di un festone con scritto “Buon compleanno”. I genitori sono tutti qui: mamme ben vestite, truccate e pettinate, alcuni papà in giacca, sulle sedie qualche nonna con la messa in piega fresca di parrucchiere. I ragazzini corrono dappertutto, escono ed entrano frenetici dalla stanza, Quelli che giocano al biliardino fanno rotolare rumorosamente la pallina e ridono.
Mara e Daniele Ingrao, da Ceriale, Savona, sono i genitori di Marco, 13 anni. Tecnico d’impianti industriali lui, ragioniera lei, partono di giovedì per venire a Roma e la domenica mattina tornano a casa. «Ma non questa settimana. Infatti finita la trasmissione saliamo in macchina e torniamo su perché domani Marco ha la cresima». Se gli pesa non lo danno a vedere. Dice il papà: «Tutti i fine settimana sono dedicati a lui. E gli altri giorni ritagliamo degli spazi pomeridiani e serali per stargli dietro». E i soldi? «A casa ho comprato tutti gli apparecchi. Abbiamo una sala di registrazione. A me piace usare quella roba lì». Risultati? «Ha fatto Baby Voice, ha partecipato alla finale di Castrocaro, poi alla Lanterna d’oro a Genova». Non sarà pericoloso spingerlo verso il mondo dei grandi? Risponde la mamma: «Non siamo noi che lo spingiamo, è lui che ci trascina. Sul palco si sente felice. Ma questo non vuol dire che adesso nasce una stella».
Ci avviciniamo al tavolo su cui sono poggiati i resti di una torta. La festeggiata è Sophia De Rosa, che oggi compie 9 anni. I genitori sono Francesca, casalinga, e Ciro, responsabile commerciale di un’azienda di caffè. Vivono a Roma. Mostrano sul tablet le foto della torta con su scritto “Ti lascio una canzone”. La mamma spiega: «All’inizio volevamo fargliene una con Violetta. Ma già che siamo qui…». Festa con i parenti? «Domani. Oggi siamo in questo bell’ambiente. Lei è felice, si diverte, lo vive come un gioco. Mi ha detto che stare qui era proprio il desiderio per il suo compleanno». Da chi ha preso tutta questa passione? «Da me. Io cantavo insieme a mio fratello, che è musicista. Anche Sophia ha cantato con mio fratello e ha pure vinto un concorso». Studia canto? «No, è autodidatta. Siccome è molto interpretativa ci hanno detto di lasciarla così, per il momento. Però studia musical. Ama molto recitare». I bambini vengono portati via a gruppi. Prima provano le femmine, poi i maschi. Li ascoltiamo dalle televisioni appese ai muri. Qualche papà registra le performance con il tablet, due addetti alla portineria parlano di calcio. Un signore del programma prepara con alcuni bambini uno scambio di battute che dovranno dire con la Clerici. La stanza si è svuotata.
Ha 9 anni anche Giulia Rita Sarajane Cammilleri, che viene da Carlentini, Siracusa. I genitori, mamma casalinga e papà sottufficiale di Marina, tengono a specificare che il cognome è con due “m” e la bambina vuole che si dica che ha 9 anni e non 10, come erroneamente hanno scritto in un giornale. Esclusi i concorsi cui partecipa, le lezioni di pianoforte e i fine settimana a Roma, una volta al mese la accompagnano a Caserta dove studia musica. La mamma prima di mettere su famiglia amava esibirsi cantando: «Stiamo sempre con la valigia pronta. Dopo un po’ è come il militare: ti abitui. Poi i bambini si divertono. Quelli sfruttati e stressati sono i genitori». Ma a scuola come va? «A scuola prende tutti dieci. La maestra le dice che può anche smettere di studiare».
Le bambine scendono nei camerini per farsi pettinare. «Famiglia canterina» anche quella di Vincenzo Cantiello, 13 anni, di Sant’Arpino (Caserta). Lo dice la mamma Marianna, casalinga quarantenne: «Frequentiamo la chiesa evangelica. Nostro figlio ha cominciato cantando nel coro». Il papà Raffaele, 47 anni, ex muratore ora disoccupato, spiega però che al figlio, più che il canto, piace il disegno: «È molto sensibile. Vorrebbe sempre fare di più. Ma a noi già va bene così. Partecipando a un concorso a Caivano ha vinto: il premio era un bel viaggio per tutta la famiglia. Grazie a lui siamo andati in Puglia. Dopo diciotto anni di matrimonio è stato mio figlio a regalarci il primo viaggio». Paure? «Solo che lui possa crederci troppo. Io gli dico di prendere quel che viene. Anche come stavamo prima non stavamo male».
Vito Sgobio, 44 anni, meccanico di Montemesola (Taranto), è stato il primo a cantare con la figlia Filippa, 10 anni: «Non sapeva nemmeno leggere e inventava le parole che vedeva sullo schermo del karaoke». La mamma Vera, casalinga, ha la passione come la figlia e prende lezioni dalla stessa maestra di Taranto: «Anche mio padre cantava benissimo. Aveva una splendida voce e gli sarebbe piaciuto diventare cantante». La portano a concorsi e serate, ma cercano di non farle sentire la pressione: «Anche quando dovevamo venire qui, glielo abbiamo detto un po’ per volta». Arrivano i ragazzi del servizio catering che portano pile di scatole di cartone con la cena: stasera ravioli al sugo, carne, patate, frutta. C’è anche il dessert: ciambellone.
Elisa, 42 anni, impiegata in uno studio medico, e Danilo Pirolli, 47 anni, escavatorista, di Ardea (Roma), mamma e papà di Alessandro, 11 anni, ci fanno sapere che il bimbo ha «la musica nel Dna»: loro cantavano ai matrimoni e alle feste private. Dice la mamma: «Fino al sesto mese di gravidanza ho fatto serate». Il ragazzino già a 3 anni e mezzo si esibiva davanti a tutti senza vergogna: «Più gente c’è e più si gasa. È un animale da palcoscenico. Qualcuno mi dice che è un piccolo Fiorello». Ora segue delle lezioni di canto e pianoforte, partecipa a concorsi, va nelle piazze, apre spettacoli di alcuni artisti: «Abbiamo smesso di cantare per stare dietro a lui». Vuole diventare famoso? «Più che altro vuole esibirsi all’Olimpico con i Modà». Arriva Alessandro, vuole sapere su quale giornale andrà la sua foto: «È già il secondo che mi pubblica». Se ne va orgoglioso. I bambini scendono nei camerini: devono vestirsi per la diretta.
Il rapper del gruppo, Maurizio Lipoli, 14 anni, di Roma, definisce sua madre «mamma manager». Racconta lei, che si chiama Roberta e fa l’infermiera: «Da bambino l’ho iscritto a lezioni di canto, perché appena vedeva un microfono lo afferrava e non lo mollava più. Inoltre gli sarebbe stato utile per rinforzare i polmoni e migliorare la respirazione. Poi, più grande, l’ho spinto a fare dei concorsi. L’ho anche iscritto alla Piccola Orchestra di Torpignattara, un gruppo multietnico di adolescenti musicisti. All’inizio mi sono presa gli accidenti, ora è contento». La passione per il rap l’ha portato a scrivere una canzone, che s’intitola “Il mondo in tasca”, e così giovane può già vantare una collaborazione importante con il rapper Amir Issaa. Il padre Vincenzo, guida turistica ai giardini di Roma, «cresciuto con i cantautori, con Baglioni», oramai si considera un esperto di rap: «J-Ax, Mondo Marcio. Mi sembra tutta una cantilena, ma lui è appassionato. Comunque grazie al rap si è anche messo a studiare: ha comprato dei libri, è migliorato nell’elaborazione dei testi». I rapper dicono parolacce: «Eh no, le parolacce no! Abbiamo dovuto accondiscendere ai pantaloni a vita bassa, ai cappellini sempre in testa, ma le parolacce no».
Dai camerini iniziano a risalire le bambine: si vedono tanti vestitini svolazzanti, il rosa sembra essere il colore preferito. Quasi tutte indossano delle scarpe ballerine e cerchietti tra i capelli. Alcuni ragazzini sono in giacca, altri scelgono un look più sportivo. Hanno il gel nei capelli. I passi delle mamme sono più affrettati, si abbassano le voci: è la tensione. È ora di andare in scena.

C’ERA UNA VOLTA LO ZECCHINO D’ORO... QUANDO MARIELE VENTRE DIRIGEVA IL PICCOLO CORO –

Antenato di tutti i talent musicali, lo Zecchino d’Oro, ideato da Cino Tortorella, mitico Mago Zurlì, andò in onda per la prima volta il 24 settembre 1959 dal Teatro dell’Arte di Milano, passando poi a Bologna, nel 1961, con l’organizzazione dei frati francescani dell’Antoniano.
Il Piccolo Coro venne fondato nel 1963. Non si trattava forse di una gara che precorse i talent show? Più talent di quelli. Piccoli-grandi talenti in erba, freschissimi, senza denti ma con belle vocette che seguivano con religiosa obbedienza le indicazioni della compianta maestra Mariele Ventre. Ricordano Simonetta Grupponi e Marina D’Amici, vicitrici dell’edizione del ’71: «Bravissima. Voleva che la guardassi sempre negli occhi per seguirla e avere i tempi giusti per gli attacchi», «rapporto meraviglioso, donna meravigliosa».