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 2014  febbraio 22 Sabato calendario

BANLIEUE PONGBA


Il destino de La Picche, il Piccone, alias Paul Pogba, sgorga da una specie di gabbia. Un campetto di cemento delimitato da barriere slabbrate di legno, ai piedi di quattro anonimi palazzoni di periferia, a pochi metri da una trafficata ferrovia. Roissy-en-Brie è un paese dormitorio una trentina di chilometri a est di Parigi, ribattezzato dai ragazzi della zona più sinteticamente R.L.S.. Tre lettere apparse da sotto la maglia del centrocampista della Juventus dopo lo splendido gol alla Sampdoria, il 18 gennaio scorso. R.L.S. sta per Roissy-La-Source. La source, la fonte, da dove esonda la storia di uno dei City Boys del quartiere Renardière, ormai tra gli idoli dello Juventus Stadium.
Quel campetto, Paul, lo guardava ogni giorno dalla finestra dell’appartamento di famiglia al 12° piano da dove scappava appena possibile, insieme ai due fratelli gemelli, per raggiungere gli amici. «Era sempre lì», racconta Habib Bouacida, 20 anni, occhiali, barba folta e un’infanzia con i Pogba. «E lì è nato il soprannome la pioche. A volte ci aspettava per ore calciando da solo il pallone. Non avevamo cellulari».
ZIO RIVA, IL PIGMALIONE
Per Paul, il calcio è sempre stata l’unica passione, quasi un’ossessione. Il pallone se lo portava a scuola, per essere sicuro di giocare durante la ricreazione. I suoi ex compagni di classe se lo ricordano timido con i professori, un tipo tranquillo. Anche se poteva scoppiare in lacrime quando veniva rimproverato. Il sorriso gli tornava con la campanella. Via dai banchi, tutti in cortile. Dove lo osservava anche uno zio materno. Riva Touré, 47 anni, ex bidello e soprattutto ex calciatore di prima divisione, dell’AS Kaloum Star, in Guinea, paese di origine della dinastia Pogba. Un ceppo dell’etnia Forestier, da Foret, foresta. Gente tosta, determinata. Lo juventino, secondo zio Riva, avrebbe nell’albero genealogico pure un ex primo ministro, fratello della nonna materna: Lansana Beavogui, che ha governato il paese fino al 1984. Due anni dopo, Riva è sbarcato in Francia.
Al bar Le Roissy, incastrato tra un panificio e una macelleria halal, tutti lo chiamano “coach”, il “Mister”. Allenatore, a Roissy, Riva lo è diventato dopo una rispettabile carriera da gioca spettabile carriera da giocatore dilettante: «Ero l’unico stipendiato del club». Fu lui a credere per primo nelle doti del più giovane dei Pogba. Florentin e Mathias fecero da apripista, rinunciando al ping pong dove eccellevano da campioni di Francia, ma lasciando Roissy troppo presto, per Alfortville. I viaggi incessanti tra periferie ne hanno forse rallentato l’ascesa anche se oggi, a 23 anni, giocano al St-Etienne, in Ligue 1, e al Crewe Alexandra, terza divisione inglese. Con Paul, zio Riva ha evitato l’errore.
A costo di litigare con il papà, Antoine Fassou, ex insegnante in una scuola tecnica, ma con il fuoco sacro del calcio dentro. Suo padre, il nonno di Paul, glielo vietava in Guinea e lui, Antoine, quando arrivò in Francia per prima cosa fondò una squadra: l’Africa Star, riferimento per tutti i giocatori o aspiranti tali di origine guineana. Ma per i tre figli allergici ai libri, papà Antoine pensava comunque in grande e li sottoponeva a duri esercizi. «Paul doveva calciare solo palloni gonfiatissimi, perché così avrebbe acquisito potenza», spiega Sambou Tati, 43 anni, primo allenatore dello juventino e presidente dell’Us Roissy. «Antoine era sempre a bordo campo a darci consigli sulle tecniche di allenamento».
Delle doti balistiche del Piccone se n’è accorto anche il portiere della Samp Da Costa, il 18 gennaio, quando la palla è piombata in rete da fuori area come una sassata. Un gol in realtà pianificato con Mamadou Konté, per tutti Doudou, coetaneo. amico di sempre di Paul, in campo e fuori: «Prima della partita ci siamo sentiti al telefono e mi ha promesso che avrebbe segnato per rendere omaggio a R.L.S.». Come se non bastasse, il gol è entrato appena dopo il minuto 77 che è anche il numero del dipartimento di Roissy-en-Brie. Anzi Roissy-La-Source, come proclamato una ventina di anni fa dal palco di un concerto di rapper locali, ricorda Abou Traoré, 35 anni, uno dei clienti del bar Le Roissy, calciatore mancato che segue Pogba da tempi non sospetti: «La città è piccola e si viene a sapere subito se c’è un fenomeno nella squadra locale». Ormai, però, Paul se lo guarda in tv come Nasser Bedredine, che ai fratelli Pogba vendeva baguette e caramelle e oggi scommette sempre sulla Juve: «Inseparabili, sempre con il pallone tra i piedi. Paul in bianconero ci riempie d’orgoglio». Al bar Le Roissy, il giorno dopo il gol ai blucerchiati, non si parlava d’altro, anche se i gestori cinesi di calcio non se ne intendono.
IL PRIMO CLUB
Le tre lettere R.L.S. si rivendicano di generazione in generazione, come la passione per il calcio, contagiosa allo stadio Paul Bessuard dove i grandi insegnano ai piccoli. L’impianto sportivo del Roissy ha strutture essenziali: qualche ufficio, tra cui quello del presidente Tati, con la maglia autografata del numero 6 della Juve appesa al muro, gli spogliatoi, un campo d’erba e soprattutto due in terra battuta, sovrastati dai fili ad alta tensione che portano la stessa mimica di allora. E i fratelli fanno lo stesso in tribuna o davanti alla tv. Li prendevamo in giro».
Paul non ha mai abbandonato l’Us Roissy, che finanzia ogni anno. E quando può si presenta al campetto sotto casa con gli amici. Magari a prenderlo all’aeroporto ci va Doudou che come Habib e Nabil al calcio non hanno rinunciato, seppure da dilettanti: partita il sabato e un paio di allenamenti a settimana, dopo aver allenato i ragazzini che però sembra preferiscano la maglia di Ibrahimovic. Il Psg, dopo aver ignorato per anni la sua banlieue piena di talenti, segue con attenzione qualche promessa del Roissy, corteggiata anche da Bordeaux e St-Etienne, come Jason Madou, William Mayoka e Christian Ewané. L’anno scorso il Psg ha prelevato il 13enne Stanley Nsoki, mezza punta, come Pogba alla sua età, quando poi fu trasferito al Torcy, a 15 km.
Dice Tati: «Restare lo avrebbe solo frenato». Poi, Paul è passato al centro di formazione del Le Havre, quindi Manchester United e Juventus. La squadra dell’Emiro del Qatar prepara però l’assalto da 70 milioni di euro, anche se Paul odia da sempre il Psg: «Tifa Marsiglia da quando perdemmo contro il Psg in un torneo da ragazzini», conferma Habib. A Roissy-en Brie, da dove è uscito anche il 22enne Nicolas Isimat-Mirin, oggi al Monaco del miliardario Rybolovlev, nessuno si scandalizza del prezzo evocato sui giornali: «Decide il mercato». In caso di transfert milionario, l’Us Roissy incasserebbe un sostanzioso assegno di formazione, ma per zio Riva e Tati la questione è un’altra: «A Parigi rischierebbe di subire la pressione mediatica e farsi distrarre dalle tentazioni della città e dagli amici. Meglio resti a Torino per un paio d’anni. Fu un azzardo lasciare Manchester e alla Juve ha iniziato a giocare solo con l’infortunio di Marchisio. Per maturare serve stabilità». Sicuri che l’ascesa del City Boy della Renardière sia solo all’inizio. Conclude Tati: «Ha vinto il mondiale U20. Andrà in Brasile con la Francia. Il Pallone d’oro è solo una questione di tempo».