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 2014  febbraio 22 Sabato calendario

L’IDEA DEL SUPER PM E IL CAMBIO IN CORSA CON ORLANDO


Le voci più accreditate dell’ultima ora, mentre Renzi stava andando dal capo dello Stato, riferivano che sulla lista dei ministri, alla casella della Giustizia, c’era il nome di Nicola Gratteri, noto pubblico ministero anti-’ndrangheta di Reggio Calabria. Quasi tre ore dopo, quando il neo presidente del Consiglio ha letto l’elenco, per quella poltrona è comparso il nome di Andrea Orlando. Come se il cambio fosse avvenuto in corsa, poco prima dell’ufficializzazione, nel palazzo del Quirinale. Frutto del confronto tra Renzi e Napolitano.
Probabilmente è andata proprio così, e l’argomento Guardasigilli è stato uno dei quelli discussi più a fondo tra il presidente della Repubblica e il capo del governo (nonché da loro stessi nel lavoro separato di ciascuno). Fino alla soluzione Orlando.
Per Matteo Renzi, che finora ha avuto occasione di occuparsi poco o niente di giustizia, la nomina di Gratteri sarebbe stata soprattutto un grande colpo d’immagine. Arruolare un paladino del contrasto alla criminalità organizzata, un inquirente infaticabile che macina processi e libri contro la ‘ndrangheta e gli intrecci tra malavita e malaffare, avrebbe significato stroncare sul nascere ogni polemica da parte di chi volesse muovere appunti sul fronte della lotta alle mafie e alla corruzione. Chi più di un pm di frontiera, peraltro non inquadrato in alcuna corrente, p oteva garantire questo risultato?
Quale sia il punto di contatto politico-culturale tra Gratteri e Renzi è difficile da dire. Ma c’è un indizio che risale al 4 febbraio scorso, all’indomani dell’evasione del boss Antonino Cutrì con assalto mortale al furgone che lo portava dal carcere all’aula di giustizia. Il segretario del Pd scrisse un tweet: «Mi ha colpito analisi del procuratore Gratteri. Con la videoconferenza avremmo evitato assalto, morti evasione». E poi: «Tecnologia e giustizia, perché aspettare ancora?».
Forse perché non è semplice introdurre in maniera automatica e «pacifica» certe modifiche al codice di procedura penale, ma insomma, è possibile che da lì sia nata l’idea di arruolare Gratteri. Ma al Quirinale sono spuntate le perplessità. Non tanto sulla persona, quanto sull’idea di insediare al ministero un magistrato in servizio. Un fatto inedito, a parte la non fortunata esperienza di Filippo Mancuso, che però era alle soglie della pensione. In un governo tecnico se ne sarebbe forse potuto discutere (difficilmente un pm, in ogni caso) ma non in un esecutivo politico che voglia avere prospettive riformatrici e di lunga durata. Come avrebbero reagito, inoltre, i berlusconiani? E gli avvocati?
Meglio, molto meglio, un esponente politico, con esperienze parlamentari e di governo già acquisite. Se la moral suasion di Napolitano è andata in questa direzione, per Renzi s’è aperto il problema di trovare subito un sostituto. E alla fine la scelta è stata di prelevare Orlando dall’Ambiente, dov’era stato confermato, e spostarlo alla Giustizia. In fondo se n’era occupato per un paio d’anni per conto del Pd, tra il 2010 e il 2011; periodo turbolento in cui Orlando si distinse per un programma di opposizione pubblicato su Il Foglio , dove provò a ragionare «dimenticandoci almeno per un momento di Berlusconi, dei suoi processi da aggiustare e delle sue vendette da consumare». Proponeva, tra l’altro, «una riflessione per la ridefinizione dell’obbligatorietà dell’azione penale» e una riforma del Csm «che diluisca il peso della magistratura associata». Poi si dedicò ad altro. Chissà cosa proporrà ora il ministro Orlando, deputato alla terza legislatura e dunque con una certa esperienza anche dei faticosi lavori parlamentari.
Giovanni Bianconi