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 2014  gennaio 20 Lunedì calendario

LE CONFESSIONI DI CARLÀ “ALTRO CHE MOTORINO IO PRENDEVO LA METRO”


PARIGI — Non ha nostalgia dell’Eliseo, non rimpiange gli anni da Première dame e lo dice chiaramente. Non vuole unirsi al coro della «muta di cani» dei pettegolezzi oggi, perché lei stessa «ha sofferto abbastanza dell’accanimento mediatico». Pensa forse a Valérie Trierweiler, l’attuale Première dame.
Ma poi si concede una battuta: alla domanda se da moglie del presidente le era vietato viaggiare in scooter di notte (come il successore di suo marito si dice abbia fatto per incontrare l’amante Julie Gayet) risponde che spesso viaggiava in métro. Così parla Carla Bruni in vista della sua nuova tournée musicale e nel pieno dello scandalo che ha per protagonista François Hollande.
Signora Bruni, in questi giorni in cui la Francia discute della vita amorosa del presidente e dello stato di salute della Première dame, immagino che l’Eliseo non le manchi molto...
«È stato un grande onore vivere all’Eliseo, ma non mi manca affatto».
Quando andò ad abitarci, ci fu qualcuno che le disse che cosa come Première dame era autorizzata a fare e che cosa no?
«No. Ma io ho un temperamento prudente. Rifletto prima di parlare, questo mi ha aiutato. Certo, era come camminare sulle uova: ho commesso errori, ma mai errori gravi. Mi adattai, scelsi di essere molto appartata, di non immischiarmi in nulla. All’Eliseo non cambiai nulla, non spostai nemmeno un vaso. Vi arrivai da inquilina, e feci attenzione a tutto».
Però il ruolo di Première dame avrà ben limitato la sua libertà di movimento, è un ruolo che chiede di servire, no?
«Io direi un ruolo che chiede di accompagnare. Fu singolare ma già quando incontrai mio marito per la prima volta mi sentii protetta. E’ un po’ vecchio stile: un uomo che protegge la sua donna. Questo modo di essere chiaramente maschile mi ha reso femminile. Prima ero indipendente, libera, un po’ sopra le righe».
Ma c’erano molte cose che non era autorizzata a fare, immagino. Per esempio, avrebbe potuto, da Première dame, uscire di notte dall’Eliseo e viaggiare in motorino a Parigi?
«Lei mi vuole provocare! Ma io vado a dormire presto».
Come ha vissuto il momento in cui suo marito ha lasciato l’incarico di presidente e avete dovuto lasciare l’Eliseo?
«Come un sollievo. Non tanto rispetto al tempo in cui mio marito era presidente, quanto piuttosto rispetto alla campagna elettorale: quando puoi scendere dal ring ti senti felice. Io non sono un pugile, mi faceva male la mascella».
Se scrivesse oggi una canzone sulla Francia, che certo attraversa un momento difficile, sarebbe una lode o qualcos’altro?
«La Francia è un paese particolare, come anche la Germania e l’Italia. Siamo paesi antichi. Charles Trenet, di cui ho adattato per la mia nuova incisione la canzone Douce France, disse una volta: “Ragazza, posso dedicarti questo poema, perché ti amo nella gioia e nel dolore”. E’ così: quando si decide di sposarsi, ci si sposa per il bello e il cattivo tempo».
E suo marito tornerebbe a guidare la Francia?
«Fra lui la Francia è una grande storia. Avevo scritto una canzone, Marianne (il simbolo della Francia), e cantavo: “Hei Marianne, siamo in tre a letto, ne ho abbastanza, anche quando dorme pensa più a te che a me”. E’ la sua storia, la rispetto, come lui rispetta la mia, la musica. La Francia è la sua storia, non la mia».
Suo marito viene ai suoi concerti?
«Sì, qualche volta, quando può: e mi rende felice. Quando c’è anche lui non canto meglio ma mi sento meglio. Quando non c’è, mi manca. Ho bisogno di riconoscimento, di conferme».