Davide Parenti, La Stampa 20/1/2014, 20 gennaio 2014
“LA NOSTRA UNICA COLPA È ESSERCI APPASSIONATI A STORIE DI GRAVI MALATTIE”
Caro Direttore,
sul caso Stamina, da ieri, da una piccola parte del mondo scientifico italiano, da tre scienziati, è finalmente arrivata un’inconfutabile certezza: è tutta colpa de Le Iene. Da intimidire, processare e condannare, mandare al rogo, e a cui togliere, con buona pace delle regole dello Stato di Diritto, qualsiasi libertà di stampa.
Domanda. Esiste una legge dello Stato che consente di somministrare terapie non sperimentate scientificamente (c.d. volgarmente cure compassionevoli) a chi soffre di spietate malattie e a cui non è offerta dalla medicina alcuna cura sperimentata come si deve? Esiste, ma a leggere i tre scienziati, ed essendosi persi qualche puntata precedente, si potrebbe concludere che è tutta colpa de Le Iene. Esiste un eccellente ospedale pubblico dove le istituzioni pubbliche competenti (la dirigenza dell’ospedale di Brescia, la Regione Lombardia, l’Agenzia del Farmaco, il ministero della Salute) hanno deciso e, sapendolo, non hanno impedito, che entrasse il tanto discusso metodo Stamina, del già pluriindagato Davide Vannoni? Non c’è dubbio è proprio andata così, ma, sorvoliamo, comunque è tutta colpa de Le Iene. Dopo il blocco dei trattamenti avvenuto a maggio 2012 a seguito dell’ispezione dei Nas e dell’Aifa, i giudici del lavoro di diverse città d’Italia hanno deciso di superare tale blocco ordinando all’ospedale di Brescia di somministrare le infusioni con il metodo Stamina. È vero? Sì, è proprio così. Ma non ci distraiamo, è tutta colpa de Le Iene.
Di fronte alle violente accuse della scienziata Elena Cattaneo, qualcuno potrebbe provare ad osservare timidamente che fino a quel momento (e in realtà ancora molto dopo, fino a metà di febbraio 2013, meno di un anno fa) Le Iene non si erano ancora mai occupate di questa pasticciata storia della sanità pubblica, iniziata in un ospedale pubblico a Brescia nel 2011. Ma non importa, non è il caso di essere troppo scientifici: ribadiamo e andiamo avanti, è tutta colpa de Le Iene. In totale circa 600 giudici, tra prima fase (decisa da un giudice) e fase di reclamo (decisa da tre giudici), ordinano di procedere con le infusioni Stamina all’ospedale. È mai possibile? Sì è proprio così. La magistratura giudicante è un organo indipendente dello Stato, ma non importa: sicuramente è colpa de Le Iene. Il Consiglio dei ministri e il ministro della Salute Renato Balduzzi, a marzo 2013 fissano in un decreto il principio etico della continuità terapeutica, per cui chi ha iniziato un trattamento sanitario in un ospedale pubblico, non avendo avuto alcun effetto collaterale, può continuare. È accaduto anche questo? Sì, pazienza: ma non scherziamo, è tutta colpa de Le Iene. Il Parlamento sovrano, essendo 36 le famiglie trattate e altre circa 170 in lista d’attesa, vota una legge che prevede di sperimentare il tanto denigrato metodo Stamina. È successo? Senza dubbio. Ma naturalmente è tutta colpa de Le Iene.
La commissione scientifica nominata dal Ministero boccia il metodo e dice: è pericoloso per la salute dell’uomo. Ma la stessa commissione scientifica poco dopo è bocciata dal Tar del Lazio perché ritenuta non imparziale. È accaduto pure questo? Assolutamente vero, ma anche in questo caso se chiedi a Cattaneo, De Luca e Cordellini magari ti rispondono sempre con l’indice puntato: è colpa de Le Iene.
Al di là di questa ormai incrollabile certezza possiamo dire che chiunque si avvicini con curiosità e compassione alla vicenda delle 36 famiglie trattate in uno dei migliori ospedali pubblici italiani con il metodo Stamina, rimane bruciato. È successo all’insigne scienziato italiano dell’Università di Miami, Camillo Ricordi, e succede a noi, programma di intrattenimento, che ogni tanto prova a ficcare il naso su argomenti cui più titolati di noi è giusto si occupino. Però sinceramente siamo sorpresi nel leggere tante accuse, alcune veramente fantasiose, che poco si addicono ad una senatrice a vita, da cui ci si aspetterebbe maggiore senso istituzionale e toni meno violenti. Soprattutto ci sorprende tanto livore da parte di uno scienziato, Elena Cattaneo, con cui ci siamo confrontati ore e ore al telefono, proponendole sin dalla prima puntata un’intervista in cui potesse spiegare le ragioni per cui secondo lei l’esperienza di Brescia era tutta da buttare. Purtroppo la senatrice ha più volte rifiutato ripetuti inviti a parlare al nostro pubblico e spiegare le ragioni per cui era sbagliato farsi carico del dolore e delle richieste di aiuto di famiglie già provate da inguaribili malattie, e a cui la medicina oggi non offre alcuna possibilità terapeutica sperimentata. Pur avendo già da qualche mese un ruolo politico, non sappiamo quale ricetta abbia la senatrice Cattaneo, per risolvere un pasticcio che a leggere la sua missiva sembra essere stato creato da Le Iene, piuttosto che da un mix di «bugs» legislativi, istituzioni un po’ distratte o complici e dall’esigenza di dare una risposta alle famiglie colpite da una malattia rara. I tre scienziati omettono di dire che Le Iene sono intervenute quando il pasticcio era bello e fatto e addirittura vogliono che Le Iene siano processate e risarciscano i danni creati ai malati e alla sanità. Ma quali danni? Di quali danni alla sanità pubblica parla di grazia la senatrice a vita? I trattamenti sono erogati in un ospedale pubblico e lo sono solo dopo un ricorso vinto davanti ai giudici del lavoro!
Ora chi scrive non è perfetto e qualsiasi storia raccontata in tv sicuramente potrebbe essere sempre raccontata meglio. Se colpe abbiamo, una è quella di esserci affezionati, appassionati, alle storie di famiglie straordinarie, che si sono sentite abbandonate alle loro spietate e incurabili malattie. Per un bizzarro rincorrersi di fatalità e responsabilità, lo Stato ha creato un pasticcio incredibile: da un lato prima autorizza le famiglie ad essere trattate, dall’altro invece blocca i trattamenti e dall’altro ancora con i giudici poi ordina che invece proseguano. Sempre lo Stato da un lato fa una legge per sperimentare il metodo, dall’altra dice con una commissione scientifica che il metodo non va sperimentato, dall’altra ancora dice che chi ha detto che il metodo non andava sperimentato l’ha fatto in modo illegittimo, «non essendo stata garantita l’obiettività e l’imparzialità del giudizio». Pensare che si risolva questo pasticcio - e il dramma di circa 200 famiglie che hanno acquisito il diritto del trattamento - facendo partire il linciaggio del capro espiatorio de Le Iene è veramente il colmo! La lettera dei tre scienziati in diverse parti fa una ricostruzione falsa del nostro lavoro e facilmente contestabile. Una per tutte: gli scienziati lasciano intendere che chi ha pagato decine migliaia di euro a Vannoni negli anni 2008-2009 lo abbia fatto dopo aver visto i servizi dedicati dal nostro programma al caso Stamina, peccato che abbiamo iniziato ad occuparci della vicenda meno di un anno fa, nel febbraio 2013, mentre i casi contestati dalla magistratura sono di diversi anni prima. E gli scienziati dicono il falso quando affermano che abbiamo ordito «una trappola» ai danni dello scienziato Paolo Bianco, provocandolo, quando in realtà, basta vedere il video per scoprire che lo scienziato si è lasciato andare ad uno sfogo sopra le righe ripreso pressoché integralmente, dopo che Giulio Golia era andato semplicemente a stringere la mano a lui e a tutti partecipanti ad un incontro organizzato dal Corriere della Sera. Basta rivedere i servizi su www.iene.it. Tante falsità però lasciano allibiti.
Detto ciò non vogliamo sfuggire alla responsabilità che abbiamo verso il nostro pubblico, e quindi diciamo che se uno solo dei nostri spettatori si è convinto che il metodo Stamina funzioni scientificamente - o che secondo noi funzioni - gli chiediamo scusa, perché non è questa la nostra convinzione. E non è quello che volevamo raccontare, né lasciare intendere. Ribadiamo la nostra idea di questa storia: le famiglie che abbiamo seguito nei mesi ci raccontano che i loro figli stanno meglio e lo confermano alcuni medici che li hanno visitati prima, durante e dopo le infusioni. Anche se questa cosa da un punto rigorosamente scientifico non vuol dir nulla, è una cosa che merita un approfondimento e una risposta chiara e credibile. Diamo merito al ministro Lorenzin di aver nominato una nuova commissione il cui presidente prof. Mauro Ferrari, grande scienziato e orgoglio italiano all’estero, come prima cosa ha detto quello che noi ripetiamo da un anno, e che né la commissione bocciata dal Tar, né gli scienziati che oggi ci attaccano, hanno mai chiesto o fatto: «andiamo ad incontrare le famiglie e i medici che hanno visitato i pazienti trattati a Brescia». Ci sembra un ottimo punto di partenza, di uno Stato che non da più l’impressione di volere insabbiare tutto, ma che vuole veramente fare chiarezza partendo da chi dovrebbe essere al centro di tutto: il paziente, il malato, chi soffre.
Ci teniamo a dire «senza se e senza ma», che se Davide Vannoni ha sbagliato deve pagare, come tutti i funzionari pubblici che si accerterà abbiano compiuto illeciti amministrativi o penali. Ma un giusto processo non può risolvere un pasticcio che lo Stato ha creato e lo Stato deve saper sciogliere.
Una soluzione condivisa, che le famiglie dei malati accetteranno se lo Stato, scevro da pregiudizi e da interessi di parte, vorrà cercare di capire come stanno quegli stessi pazienti che lo Stato ha lasciato trattare da Stamina in questi due anni. Non averlo fatto prima, con delle valutazioni ad hoc, con analisi strumentali, con video, prima e dopo le infusioni, nonostante fosse la cosa più sensata da fare (avendo dei trattamenti ordinati dai giudici e quindi comunque in essere) è una colpa grave. Almeno questa, non de Le Iene. Perché si è persa un’occasione forse irripetibile per fare veramente chiarezza. Oggi una risposta seria è dovuta a quelle famiglie. Chiudere la questione, senza verificare le condizioni dei pazienti e vietando di analizzare le cellule di Stamina al prof. Camillo Ricordi a Miami, è una scelta che non capiamo. Dopo una lunga assenza dagli schermi, vi terremo informati su questa vicenda da mercoledì 22 gennaio alle 21.10 su Italia 1.