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 2014  gennaio 20 Lunedì calendario

IL NUOTATORE CASTAGNA DALLA NAPOLI-CAPRI ALLE ACQUE TEMPESTOSE DELLA POPOLARE MILANO


Milano Il sabbatico è durato poco più di sei mesi e a ben vedere anche meno, perché già da qualche tempo si occupa di Muzinich Italia (ha fatto il fund raising del Fondo italiano di private debt) e più di recente ha preso anche una consulenza con Mediobanca, per i progetti retail. Ma certo per Giuseppe Castagna, cinquantaquattro anni di cui trentatré alle dipendenze della Comit, poi Banca Intesa e infine Intesa Sanpaolo, era ancora presto per dedicarsi alle attività di contorno. E dopo qualche falsa partenza e un po’ di tira e molla, è arrivata la nuova occasione, alla guida di Bpm. Anche questo è in qualche modo un ritorno di scena: il manager era stato a lungo corteggiato anche il giro precedente, proprio per affidargli la guida della Bpm, quando a scegliere il candidato timoniere della popolare era Andrea Bonomi, e la sua Investindustrial era considerata la novità vincente a Piazza Meda; inizialmente con l’appoggio dell’Associazione Amici, poco dopo sulle proprie gambe. Allora, ironia della sorte visto quello che sarebbe accaduto un anno dopo o poco più, Castagna era stato trattenuto dai suoi referenti - in particolare da Giovanni Bazoli - che non lo volevano mollare; all’epoca era direttore generale al Banco di Napoli e in quell’occasione si capì che la strada per il ritorno al Nord, in grande stile, era già segnata. Al suo posto a Piazza Meda andò Piero Montani: lontano anni luce dalla personalità di Castagna, quasi l’opposto
come caratteristiche umane e manageriali. Il top manager ora andato alla Carige è uomo determinato, quanto rigido e duro. Note di asprezza e spigolosità del carattere che gli hanno alienato molte simpatie, all’interno di una banca peraltro difficilissima da gestire come la Popolare di Milano. E forse, in una staffetta ideale, il passaggio tra i due manager (la brevissima reggenza di Davide Croff praticamente non conta) prosegue un percorso ideale: prima il caterpillar-Montani, poi il costruttore-Castagna. Prima l’uomo che fa terra bruciata di un passato fatto dall’occupazione manu militari dell’Associazione Amici, che nei momenti peggiori ha prestato il fianco anche a contiguità inquietanti persino con la malavita durante il periodo Ponzellini (ancora al vaglio degli inquirenti); c’era probabilmente bisogno di procedere con il machete, anche se forse non è stato sempre strettamente indispensabile (molti ricordano la brutalità di certi trasferimenti) ma che aveva dalla sua la gravità della situazione e la necessità di ricostruire da zero e in poco tempo. Adesso è la volta del banchiere avveduto e garbato, avvezzo a trattare e capace di conquistare alla propria causa l’interlocutore, facendolo sentire parte di un progetto; convincendolo a fare quello che ha in mente, dandogli l’impressione di averlo deciso in proprio. Nessuno se lo ricorda al centro di una scenata o mentre alza la voce - anche se qualcuno gli attribuisce una certa testardaggine - e tutti gli riconoscono grandi doti di organizzatore; quasi un ossimoro, per un napoletano che dopo una vita al Nord mantiene ancora la dolcezza della cadenza meridionale. Insomma, è un manager tranquillo e riflessivo, portato naturalmente alla mediazione anche se come molte persone miti ha grandi impuntature private, racconta chi lo conosce. Di sicuro non è andato d’accordo con tutti, almeno non sempre. Anzi, proprio l’ultima sua tappa lavorativa a Intesa si è conclusa in modo traumatico, dopo uno scontro non dichiarato ma violentissimo con Enrico Cucchiani (e, dietro le quinte, molti dicono anche con Giuseppe Guzzetti, che certo non lo ha difeso e da un certo punto in poi non l’ha nemmeno troppo amato). In realtà, proprio l’ultima parte della sua permanenza in Intesa è stata quella con grandi soddisfazioni (ad esempio al Banco Napoli, dove aveva ottenuto i risultati più belli, nell’ambito della Banca dei Territori) ma è stato anche il periodo più difficile dal punto di vista umano e, negli ultimi mesi, anche il più sfortunato. Quando da Napoli fu richiamato a Milano, per diventare responsabile ad interim della Banca dei territori e poi direttore generale, ma solo cinque mesi dopo (nel dicembre 2012) e per soli cinque mesi, prima della rottura definitiva con la banca e con Cucchiani. Pensare che, il 4 ottobre del 2012, parlando al Lingotto a Torino, proprio Cucchiani aveva annunciato davanti ad un migliaio di top manager di Intesa che presto Castagna avrebbe assunto la direzione generale, e al suo nome c’era stata una standing ovation. Non è durata a lungo la luna di miele. Però il periodo al Banco di Napoli prima e alla Banca dei Territori poi ha fissato un paletto importante, ha dato a Castagna la conoscenza della banca commerciale e degli aspetti più gestionali di un istituto di credito, mentre fino a quel momento il manager si era mosso prevalentemente nel campo del corporate, come numero due di Gaetano Miccichè (un tandem professionale che ha espresso un accordo assoluto per molti anni, anche se dopo l’uscita di Castagna da Intesa si è probabilmente leggermente allentato). Passaggio non scontato e non necessariamente semplice, quello dal corporate alla banca retail, tanto che ai tempi del suo ritorno a Napoli molti pensarono che la sfida era nuova e non del tutto banale per il manager. Invece proprio il Banco di Napoli si è rivelato il suo successo maggiore, con un unico neo - nel 2012 - dell’ispezione molto approfondita della Banca d’Italia sui crediti, mentre qualche mese prima c’era stato il maxi sconfinamento del gruppo edile Coppola, segnalato dalla stessa Ca’ de Sass alle autorità di vigilanza. All’epoca la cosa fece un qualche rumore ma ora è acqua passata. Tutto sommato però la sfida più difficile arriva ora. Bpm è una banca grande - anche se meno grande del suo vecchio incarico - ma altrettanto difficile. In cui dovrà ben dimostrare quelle doti negoziali e di bonarietà che tutti gli riconoscono, insieme ad una altrettanto grande determinazione e fermezza. A Piazza Meda sono doti che contano infinitamente e di cui avrà grande bisogno. E per Castagna, un passato da grande nuotatore con il gruppo sportivo dei Carabinieri, sarà il vero banco di prova: per chi ha fatto la Capri-Napoli a nuoto, si è cimentato con il Canale di Suez e ha dato bracciate persino nel Nilo, la resistenza dovrebbe essere dote ben conosciuta. Già praticata, del resto, quando si è laureato (in Giurisprudenza) dopo che già lavorava da un anno e mezzo alla Comit. Da Piazza Meda avrà meno occasione di fare il tifo per la sua squadra del cuore - il Napoli - o quantomeno non potrà farlo apertamente. Ma a Milano è di casa da decenni e, nella città meneghina, ha anche una figlia di poco più di un anno (le altre due sono adulte). Insomma, non gli mancherà la fatica, ma ogni nuovo inizio ha il suo fascino.

AUMENTO DI CAPITALE E PIANO INDUSTRIALE LE PRIME PROVE PER IL NUOVO CEO –

L’arrivo di Giuseppe Castagna è stato complesso e farraginoso, alla Popolare di Milano. I primi corteggiamenti - a parte il “primo turno” del 2011 - erano partiti subito dopo le dimissioni di Piero Montani (e qualcuno dice persino un po’ prima, quando si ipotizzava forse una staffetta tra manager ma con una transizione meno traumatica e sempre nel solco della gestione Bonomi Investindustrial). E’ cominciata così la ridda delle voci - e delle bordate polemiche quanto probabilmente infondate - secondo cui Castagna sarebbe stato il candidato di Bonomi per far fuori Montani (ufficialmente, invece, tra i due c’è sempre stata ottima intesa); ma a corrente alterna è stato anche il candidato dei sindacati per far fuori Bonomi; insomma di tutti contro tutti. E persino dopo, in queste ultime settimane, è continuato il balletto, tra le varie anime della Bpm, per aggiudicarsi la primogenitura sulla scelta di Castagna. Ragione per cui, continuano le ricostruzioni dei corridoi, Piero Giarda avrebbe avuto qualche momento di esitazione, temendo di fare una scelta in realtà voluta più da altri che non dallo stesso professore. In realtà, Castagna prima di sciogliere le riserve ha avuto vari incontri; sicuramente anche con la parte più vicina ai sindacati (ma non solo). Si dice che abbia più volte chiesto rassicurazioni di poter lavorare con un consenso forte, senza doversi costantemente difendere dalle imboscate, ed è noto che il negoziato sulla parte economica
sia stato lungo e complesso (nonché generoso, alla fine, per il manager). Ora il suo banco di prova sarà sul piano industriale, insieme al varo dell’aumento di capitale da 500 milioni e alla trattativa che indirettamente intavolerà con la Banca d’Italia, per convincerla con i fatti a togliere gli add-on, la zavorra che grava sui conti della Popolare e che è stata messa a suo tempo dalla vigilanza, alla fine della durissima ispezione del 2011.