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 2014  gennaio 20 Lunedì calendario

FONDAZIONE VALORE ITALIA, IL FUNERALE IMPOSSIBILE COSTA 50 MILIONI


La più recente esibizione del masochismo di cui andiamo giustamente famosi (e fieri) sulla scena internazionale è la storia della Fondazione Valore Italia. Chiusa dopo dieci anni inutilmente trascorsi, senza aver svolto la missione per la quale era stata creata, e avendo speso una montagna di soldi pubblici: almeno 50 milioni di euro.
Molte le firme sotto questa sbalorditiva vicenda. Quelle di almeno cinque governi e altrettanti ministri dello Sviluppo economico. A partire dal secondo esecutivo guidato da Silvio Berlusconi, che con la finanziaria approvata a Natale del 2003 istituisce l’«Esposizione permanente del Design Italiano e del Made in Italy». Subito si capisce quale sarà l’andazzo. Per far nascere l’organismo attuatore del progetto, ovvero la Fondazione Valore Italia, ci vogliono infatti ben 21 mesi. Ma la sede, almeno, sembra quella giusta per ospitare ciò che dovrebbe essere anche una specie di Moma italiano: il palazzo della Civiltà italiana, meglio noto come il «Colosseo quadrato», citazione razionalista del monumento simbolo di Roma, uno dei più famosi del mondo.
Lì erano stati appena spesi 16 milioni di euro pubblici per adattarne una parte a Museo dell’audiovisivo: l’immobile è di proprietà dell’Eur spa, una società controllata al 90% dal ministero dell’Economia e per la quota rimanente dal Comune di Roma. A quella somma si aggiunge una prima tranche di altri 15 milioni per i lavori necessari all’Esposizione del Made in Italy, più una seconda di analogo importo, di cui è stata finora spesa circa metà. Mentre per il funzionamento della Fondazione viene stanziata la cifra di 13 milioni. Le cose, però, secondo le modalità tipiche italiane, procedono a rilento. Un po’ per i problemi legati alla ristrutturazione, ma un po’ anche per le vicissitudini politiche. Tanto che a un certo punto, in attesa di concretizzarne la missione istituzionale, si decide di assegnare alla Fondazione anche altri compiti, tipo l’attività di lotta alla contraffazione o la progettazione di spazi destinati a utilizzo museale.
Merita di essere ricordato lo studio per l’unificazione del Museo storico delle Poste con la Collezione degli strumenti di peso e misura. Merita, anche come cartina di tornasole del virus dello spreco assurdo che alberga nella nostra pubblica amministrazione: perché identico incarico, dopo che la Fondazione aveva consegnato il progetto, è stato poi affidato a un’altra istituzione pubblica, per un costo supplementare di 300 mila euro.
Si va avanti così finché nell’aprile 2012 il governo Monti stabilisce che Valore Italia è un ente inutile da chiudere. Al posto del presidente Massimo Arlecchino arriva dunque un commissario. E’ Carlo Malinconico, il sottosegretario di Palazzo Chigi dimissionario qualche giorno dopo la sua nomina: dovrebbe restare al timone fino alle esequie, fissate per il primo gennaio 2014. Ma l’ex presidente fa ricorso al Tar, che gliela dà vinta. Viene dunque annullato il commissariamento, ma non il funerale della Fondazione. Però non si sa a chi farlo celebrare. La legge che ha decretato la fine di Valore Italia dice infatti che «il commissario avvia le procedure di liquidazione». Ma il commissario non c’è. E si precipita in un limbo surreale. Mentre già a luglio 2013 è stato annunciato un accordo in base al quale Eur spa affitterebbe il Colosseo quadrato al gruppo francese di Bernard Arnault come sede di Fendi per 2,8 milioni l’anno: quasi due in meno rispetto ai 4,7 stimati dall’Agenzia del territorio nel 2007. Da vetrina del Made in Italy a emblema delle conquiste francesi in terra italiana. E per la modica spesa di 50 milioni: un vero capolavoro.