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 2014  gennaio 20 Lunedì calendario

“CHIAMPA” RISORTO GRAZIE AI PM MA DA SINDACO INDEBITÒ TORINO


In una manciata di ore, un golpe politico-giudiziario ha riportato il pd Sergio Chiamparino al centro della scena politica piemontese da cui era fuori da alcuni anni. Una manovra, puntuale come un meccanismo a orologeria, ha sbalzato di sella il centrodestra, rappresentato dal governatore leghista, Roberto Cota, consegnando a Chiamparino le chiavi per succedergli alla guida della Regione.
La sequenza, da prontuario sull’arte dello scippo, è stata la seguente. Mercoledì 9 gennaio, verso sera, Matteo Renzi ha detto che gli sarebbe piaciuto l’ex sindaco di Torino, Chiamparino, detto Chiampa, alla guida del Piemonte dopo i guai di Cota per il rimborso della culotte verde. L’indomani a mezzogiorno - dopo oltre tre anni di sonno - il Tar del Piemonte si sveglia e annuncia che le Regionali del 2010 sono nulle e vanno ripetute. Ergo: Cota deve lasciare il posto. Tutti collegano la sentenza alla candidatura di Chiamparino fatta il giorno prima dal segretario del Pd. A conferma, si fa vivo dal suo ufficio di presidente della Compagnia San Paolo (Fondazione della Banca Imi-San Paolo), il Chiampa in persona. «Se il Pd lo vuole, sono disponibile a candidarmi alla presidenza del Piemonte», annuncia con understatement sabaudo. Il centrodestra, già sul nervoso per la pronuncia del Tar che aveva messo in brache di tela Cota, comincia a stilare comunicati al veleno il cui senso è questo: invece di agitarsi, Chiampa ricordi che la Procura lo sta indagando per abuso di ufficio nella faccenda dei Murazzi. Trattasi di inchiesta dell’ottobre 2013 ma che riguarda i tempi di Chiamparino sindaco (2001-2011) e coinvolge, oltre a lui, trentatré alti dirigenti comunali, tutti accusati di avere favorito dei commercianti esonerandoli dall’affitto di locali lungo il Po (i Murazzi, appunto). Neanche il tempo per gli assatanati del centrodestra di diffondere i loro comunicati che la Procura - siamo alle quattro del pomeriggio - fa sapere che, unico tra gli imputati, Chiamparino è innocente e che la sua posizione sarà archiviata. Ergo: nihil obstat alla sua candidatura.
Per riassumere: da che Renzi ha aperto bocca, nelle successive venti ore - molte meno se si tolgono i sopori notturni - il Tribunale amministrativo ha mandato Cota gambe all’aria, la Procura ha promosso Chiamparino e, insieme, hanno tolto il Piemonte al centrodestra, offrendolo al Pd e al nostro Chiampa.
L’epilogo una settimana dopo, il 15 gennaio, quando il neo candidato ha annunciato le dimissioni dalla poltrona dorata della Fondazione San Paolo, per candidarsi (quando sarà) evitando (fin d’ora) «di coinvolgere la Compagnia in vicende politiche rispetto alle quali deve restare estranea». Tutto molto virtuoso, com’è nello stile del Chiampa, che è, sì uomo di mondo, ma soprattutto un furbacchione. Infatti non perde occasione per avvantaggiarsi, velando però i suoi appetiti con piroette e dinieghi di maniera.
Per esempio, scaduto da sindaco di Torino, l’amico e successore, Piero Fassino, lo sondò per la presidenza della Compagnia San Paolo. Chiampa declinò, dicendo: «Il mondo è pieno di banchieri che non sanno fare il mestiere». Sembrava un’onesta ammissione di incompetenza. Invece, in capo a qualche mese, «cedendo alle insistenze» accettò l’incarico «per spirito di servizio», diventando tra le massime e remunerate eminenze grigie peninsulari. Anche adesso, che dopo due anni se ne va, motiva nobilmente la sua uscita col desiderio di preservare la Compagnia dalla politica. Ma non si chiede se non strida la sua attuale presidenza bancaria con la prossima candidatura alla Regione senza metterci in mezzo un congruo intervallo, che fughi ogni sospetto di intrecci. Compito principale della Compagnia è, infatti, finanziare benevolmente attività culturali, istituzioni artistiche, teatri e musei. Quanti enti e persone beneficate in questi anni dal presidente Chiamparino saranno, per ciò stesso, indotte a votarlo Governatore? Ed è solo uno degli interrogativi che si potrebbero porre sul conflitto di interesse.
Ma col Chiampa i torinesi sono di manica larga per i suoi passati meriti di sindaco. Un mito coltivato dalla Stampa, prediletto quotidiano cittadino, che lo ha coccolato come un puttino sapendolo un protegé dei proprietari, gli Agnelli. Ascoltate il tono turiferario col quale giorni fa ha accolto la sua discesa nella lizza regionale: «Squillino le trombe, rullino i tamburi:... è tornato... l’ex sindaco oggetto di culto a Torino e per una piccola pattuglia di buongustai della politica nazionale... lancia la sfida... il dado è tratto». Ave Caesar. La foto a corredo mostra la faccia del Chiampa col mento sul pugno, tipo pensatore di Rodin, e la didascalia: «Ha legato la storia del suo mandato alla rinascita della città». Sviolinata che fa il paio con le foto che per un decennio La Stampa ha pubblicato mostrando il sindaco che raccoglieva la carta gettandola nel cestino, carezzava bambini e altri miracoli.
Se invece accantoniamo i pifferi, il sessantacinquenne Chiampa - famiglia operaia, laurea in Scienze politiche, una vita nel Pci-Pds-Ds-Pd da moderato - è stato un sindaco a più facce. Suo maggiore successo sono state le Olimpiadi invernali del 2006 e connessa modernizzazione di Torino con la costruzione della Metro. L’imperdonabile delitto è la voragine di debiti in cui ha sprofondato la città, che gli è valsa il nomignolo di Indebitetor. Nonostante avesse ricevuto dallo Stato 1,2 miliardi per i Giochi invernali e 0,5 miliardi per il centocinquantenario dell’unità d’Italia, ha lasciato buffi per cinque miliardi (il triplo dell’1,7 che aveva trovato). Si calcola non basteranno due generazioni per pagarli (2040 circa).
Nel resto, è stato un sindaco come altri. Forse più amato, perché perbene. Fu però odiatissimo per la raccapricciante esumazione di massa nel Cimitero generale. Era il 2004 e il Comune, a corto di dané, dette lo sfratto a 24mila morti interrati, per costringere le famiglie ad acquistare loculi. Nella furia di incassare, si triplicarono i disseppellimenti, da 36 a 108 salme il giorno. Fu il caos. Le bare furono aperte e le ossa disseminate senza criterio, tanto che i parenti non poterono più riconoscere i propri cari. L’orrore divenne di dominio pubblico quando Rita Pavone trovò la tomba (che non rientrava nel programma di esumazioni) distrutta per errore dalle scavatrici e i resti del padre dispersi. Un corteo sfilò sotto gli uffici del sindaco con un cartello e una scritta da Giorno del Giudizio: «Ricordati che Dio ti vede dentro». Il mitico Chiampa è stato anche questo.