Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport 20/1/2014, 20 gennaio 2014
PENNETTA 2.0
Dritta al cuore. Lasciando scorrere le emozioni, assalendo il destino senza farsene travolgere. C’è sempre una forza speciale in chi ha camminato sul baratro, ha visto il buio e si è guardato dentro. Questa Pennetta non poteva perdere contro la Kerber, perché le stava dando una lezione di tennis e di vita. La Flavia che fu, quella che non aveva maturato i dubbi di una carriera a rischio per le bizze del polso, uscendone più libera e più forte, forse non avrebbe superato lo choc di servire per il match sul 5-3 del terzo set e vedersi rimontare dopo il peggior game della partita. E invece eccola lì, raggiante nel suo completino giallo e bianco griffato Stella McCartney, sorridente come il sole a raccontare, a impresa finita, delle spaghettate con gli amici al pubblico divertito. I quarti di finale, i primi in carriera in Australia, sono il compendio dell’ottimismo della volontà.
Paradiso Nella autobiografia uscita due anni fa, Fla’ scriveva: «A volte mi sento una meteora in campo, che lotta fisicamente, ma mentalmente reggo solo fino a un certo punto». Scordiamoci il passato. Già nel primo scambio di 17 tiri, è la Penna di casa nostra a indirizzare tecnicamente e di testa il match, è lei che spinge, aggredisce, manda la tedesca negli angoli e ha le gambe per contrare il dritto tutto di polso dell’avversaria. E’ un primo set da favola, paradisiaco, con 14 vincenti e una presa di campo continua, surrogata dal solito servizio che spacca. In tribuna, capitan Barazzutti è estasiato: «Se gioca così, vince il torneo».
Tranquillità Non giocherà sempre così, cedendo il secondo set a una Kerber ora più arrembante, e forse non vincerà il torneo, ma certo non si sente più meteora. Nemmeno quando, a campo aperto, spedisce in rete un dritto da un metro e concede il break del 2-1 nel terzo set oppure chiude con un doppio fallo il nono game che doveva portarla nell’empireo: «Sì, ci sono stati momenti di paura - sorride pacifica - ma adesso riesco a gestirli con più tranquillità. Quando ero più giovane, vivevo i punti topici di un match con troppa ansia, adesso mi voglio godere di più la vita e questo atteggiamento mi premia anche in campo». E poi c’è una condizione atletica da far paura, che dopo quasi due ore di corse forsennate la spinge ancora a cercare le righe con la lucida aggressività dell’inizio, mentre Angelique si scioglie in un paio di colossali sciocchezze ivi compresa una palla corta inguardabile, con cui regala il 6-5 e in pratica la sfida: «Sì, alla fine stavo sicuramente meglio di lei — ammette Flavia — e del resto, continuare a colpire forte era l’unico modo per vincere. Ho giocato un primo set perfetto, forse il migliore della mia carriera, poi mi ha premiato la costanza, il perseguire fino in fondo il piano tattico che avevo studiato».
Seconda giovinezza Suona strano, è vero, immaginare che la Pennetta già capace di vincere nove tornei e di diventare la prima italiana di sempre a raggiungere la top ten sia oggi una giocatrice migliore rispetto a quei tempi. Sicuramente, più matura e consapevole: «Non credo serva guardarsi indietro, ho giocato tante buone partite in passato. Ma non c’è dubbio che dopo quello che è successo guardo le cose con un’altra prospettiva, provo a divertirmi senza accusare troppe pressioni». Una ragazza di 32 anni, nata a un solo giorno di distanza dall’avversaria dei quarti, la Li Na finalista uscente: «Una rivale difficile, non ci incontriamo da quattro anni, quindi non si possono fare confronti. La fioritura delle trentenni? Non credo sia un caso, fin quando si ha la voglia di migliorarsi. Io adesso ho sicuramente più esperienza, ma credetemi, non è facile scendere a patti con il tempo che passa: una volta, rimanevo lontana da casa sette o otto mesi l’anno senza problemi, adesso non vedo l’ora di stare con la mia famiglia». Tenera e ambiziosa: «Rientrerò tra le prime venti? E perché non sognare ancora la top ten? Solo sette mesi fa, a pensarci, mi sarei messa a piangere». Ma è trascorsa una vita.