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 2014  gennaio 20 Lunedì calendario

IL BENALTRISMO ELETTORALE


Di fronte a tanto benaltrismo elettorale che si esercita in critiche alle ipotesi in campo è utile richiamare alcuni elementi di concretezza che un politico accorto deve avere come vincoli pena l’inconcludenza. Il primo punto è che, in assenza di riforma, si andrebbe a votare con la legge uscita dalla sentenza della Corte.

IL COMMENTO
E questo avrebbe due conseguenze alquanto scontate: una necessaria intesa di governo con Forza Italia (a causa della formula proporzionale con sbarramenti medio-alti) e uno spappolamento interno dei partiti per le preferenze usate nella mega-circoscrizioni del Porcellum (addirittura Regioni intere al Senato con l’esigenza di organizzazioni personali forti legate a lobbies e con la forte probabilità di ricadere nel reato di traffico di influenze previsto dalla legge Severino).
Qualcuno preferisce questo scenario? Se ne assuma la responsabilità di sostenerlo, compresa la necessità di un incontro con Berlusconi per dar vita al governo. Che questa strada sia sostenuta dal Movimento 5 Stelle dovrebbe già dire tutto. Il secondo punto riguarda la necessità di disporre di un’ampia maggioranza non solo in Parlamento ma anche nel Paese, in vista del successivo referendum popolare, su un’ipotesi incisiva di riforma della Seconda Parte della Costituzione senza la quale la sola riforma elettorale non potrebbe avere effetti taumaturgici. Senza il superamento del bicameralismo ripetitivo, senza una corsia preferenziale vera per il governo in Parlamento, senza forti disincentivi contro le crisi (a partire da una diversa regolazione di sfiducia e scioglimento), la vittoria elettorale sarebbe effimera. Da questo punto di vista, gerarchicamente superiore all’intervento in materia elettorale, il ritorno di Forza Italia nella maggioranza per la riforma è un’ottima notizia.
Sul terreno specifico della riforma elettorale il primo criterio da adottare è quello di allontanare il più possibile il ripetersi di coalizioni necessitate tra centrosinistra e centrodestra.
Dopo la sentenza della Corte sarebbe certo possibile un premio ampio alzando la soglia di legittimazione con un secondo turno nazionale, ma esso ha bisogno della riforma costituzionale per evitare due ballottaggi disomogenei e Forza Italia non è disponibile. Ci può essere qualcosa di diverso da un premio del 20 per cento con una soglia del 35 in un turno unico? A me sembrano entrambe rispettose della sentenza della Corte, che non può peraltro essere stiracchiata, oltre quanto non dica, verso il proporzionale puro. Si potrebbe certo volere una competizione di tipo più spagnolo, sui partiti e non sulle coalizioni, ma Berlusconi e Alfano, che hanno appena fatto una scissione e vogliono coalizzarsi, sono entrambi contrari. Il secondo criterio è la possibilità di conoscere i candidati per poterli scegliere. Qui la soluzione migliore sarebbero i collegi, che però non vogliono né Alfano né Berlusconi.
A questo punto la seconda opzione non possono essere le preferenze, ma le liste bloccate corte, anch’esse peraltro, come i collegi, compatibili con forme di selezione democratica interna in periodi distinti dalle elezioni. Nel panorama delle grandi democrazie l’anomalia sarebbero le preferenze e niente affatto le liste corte, praticate in Spagna e in Germania. È fuorviante anche il paragone con gli altri livelli di governo. Nelle comunali, di norma, la dimensione di scala è così piccola che non comporta campagne particolarmente onerose e fratricide. Nelle regionali siamo davvero certi che i recenti scandali non abbiano nulla a che fare con la raccolta delle preferenze, anche considerando che la Toscana, unica regione dove si vota con liste bloccate corte, non è stata neanche lambita dalle inchieste? Quanto alle europee, che nelle maxi-circoscrizioni attuali le preferenze significhino un reale potere di scelta degli elettori è quanto mai dubbio, come dimostrato dal fatto che risultano eletti quasi solo candidati dotati di previa forza politica interna ai partiti o di presenza mediatica. Insomma: complimenti a Renzi che non ha realizzato un accordo ottimo, ma che ha ottenuto il bene possibile. Di più i benaltristi non avrebbero comunque ottenuto.