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 2014  gennaio 08 Mercoledì calendario

ALESSIA FABIANI ECCO I MIEI GIOIELLI (GEMELLI)


MILANO GENNAIO
Che meraviglia, Alessia Fabiani ha i gemelli, ne ha fatti due in una volta sola, un gran risparmio di tempo (beh, ecco, di fatica è meglio non parlarne...). «Scherza? Io quando l’ho saputo e ho scoperto che erano gemelli, mi è preso un colpo, sono rimasta letteralmente stecchita. E Fabrizio (Cherubini, il compagno, ndr)... Beh, lui è rimasto tramortito, in uno stato di quasi incoscienza e mi diceva di essere "felicissimo". Ancora oggi, qualche volta, ci guardiamo negli occhi e ci domandiamo: "Perché proprio a noi?"».
La conversazione si muove così, leggera, fra un caffè e una Coca-Cola (ci vuole caffeina!), una battuta e pure qualche lacrima. «Guardi, da quando ho avuto Keira e Kim mi commuovo per un nonnulla, tant’è che Fabrizio, con la "tipica sensibilità" maschile, mi consola così: "Ma stai sempre a piagne!", mi dice». Ci scappa un altro sorriso.
Domanda. La più semplice da porre: come è cambiata la sua vita?
Risposta. «È semplice come la domanda: adesso è vita. Tutto quello che c’è stato prima è, come dire, quasi come se non mi appartenesse pienamente, diciamo che ho vissuto una vita da adolescente e sono diventata, con i miei due bimbi, in un attimo, o quasi, la donna con la vita che ho sempre sognato di vivere. Ho lavorato tanto, è vero, penso alla tv, alle campagne pubblicitarie, alla moda, ho fatto tante cose e non rinnego nulla, anzi, mi sono capitate situazioni belle e anche per questo ho voluto prolungare quel periodo spensierato. Quando lavori bene, guadagni bene, non ti curi del resto, sei in una sorta di bolla...».
D. Che cosa ha spezzato quella routine?
R. «Non lo so, c’è stata una scintilla, qualcosa che mi ha fatto desiderare un bambino. Il primo, purtroppo, l’ho perduto un anno prima che nascessero Keira e Kim: ho avuto un aborto spontaneo, ero incinta da pochissimo, ma è stato comunque doloroso... Poi io e Fabrizio ci siamo rimessi subito all’opera e sono arrivati queste due grandi gioie e... Quel bambino che non era nato alla fine è nato, mi è stato ridato tutto dal Signore e con gli interessi (sospira e sorride, ndr)».
D. I figli scandiscono il tempo, sottraggono tutto lo spazio e tutta la privacy, lei regge?
R. «In realtà sì, io sono sempre stata una persona super organizzata, fin da quando ero piccola. E poi mi ricordo che adoravo giocare a mamma e figlio e anche allora organizzavo tutto, dal biberon al cambio del pannolino, alla nanna... ora mi sembra di essere tornata a giocare, ma con bambole vere anzi, verissime».
D. Che entusiasmo, non è che a breve bissa, anzi, fa il terzo?
R. «Oddio, questo non lo so, in questo momento mi sembrerebbe pazzesco, anche se questa predisposizione a essere mamma la sto scoprendo sempre di più. Mi informo, leggo, mi confronto con le altre mamme... Il gioco poi, come scrivono tutti i più grandi pedagogisti, è il lavoro dei bambini e loro con me hanno pane per i loro denti: io sto mettendo al servizio di Kim e Keira tutto il mio bagaglio professionale, sono stata protagonista a teatro di La bella e la bestia, di Mary Poppins... da quando sono nati sono talmente dentro la loro dimensione che mio padre mi dice: "Non so chi sia più bebé fra te e loro"».
D. Oltre al gioco, anche la tristezza è una componente, un risvolto della maternità, lei come se la cava?
R. «Se parla di baby blues (la malinconia post-partum, ndr), io alcune manifestazioni le vedo ancora su di me, dopo la nascita di Kim e Keira sono molto più fragile, a volte mi sento un po’ giù, altre sento di non essere all’altezza, credo sia normale, solo che nessuna ha tanta voglia di parlare di queste cose. Se vado indietro nel tempo mi rivedo nei primi tre giorni dopo il parto, sono stati tosti, io avevo due placente, il senso di vuoto lo moltiplichi per due, l’ho superato nella maniera più dolce, con i miei bambini appoggiati sul ventre, erano come una carezza per me, e io dicevo loro: "Voi eravate qui"».
D. Anche per la coppia l’arrivo dei figli è un momento delicato?
R. «Io e Fabrizio siamo molto uniti, ci somigliamo, abbiamo le stesse caratteristiche familiari e le stesse caratteristiche di struttura di sofferenza interiore...».
D. Struttura di sofferenza... scusi?
R. «Beh, abbiamo avuto entrambi i genitori divorziati e siamo stati spinti entrambi dalla voglia di avere un figlio, anzi due, per sentirci davvero legati e per dare vita a qualcosa di molto, molto duraturo».
D. Senta, ma lei, piccole malinconie a parte, non è mai a pezzi?
R. «Io? Ma io a volte sono distrutta, guardo nel vuoto, poi arriva Kim, mi da il legnetto della fattoria in faccia e io mi riprendo. Il fatto strano è che, seppure sono a pezzi, non mollo, non riesco a capacitarmi di tutta questa forza, ma c’è e io non mollo e...». E viva la mamma!