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 2014  gennaio 08 Mercoledì calendario

PRANZO A FIRENZE CON MONTI L’ALTRA DIPLOMAZIA DEL LEADER PER EVITARE L’«IMMOBILISMO»


ROMA — Enrico Letta incontra Stefania Giannini per capire quello che vuole fare Scelta civica. Matteo Renzi nello stesso giorno, all’ora di pranzo, vede Mario Monti. Consultazioni parallele? O di più? Il segretario del Partito democratico rifiuta le buone creanze della politica italiana, perché sa che «alla gente non frega niente». E quindi va avanti, Letta, o non Letta, Alfano o non Alfano.
Il partito in quanto ditta si preoccupa e il capogruppo dei deputati Roberto Speranza incontra il presidente dell’Assemblea nazionale Gianni Cuperlo nel Transatlantico di Montecitorio. L’interrogativo è sempre lo stesso: che vuole fare il sindaco di Firenze? «Esattamente quello che dico non da ora», è la risposta di chi la ditta la disconosce, o, forse, nemmeno la conosce. Il retropensiero è un altro: «Capiscono che se infiliamo la legge elettorale poi infiliamo tutto e hanno paura di non toccare più la palla».
Perciò il segretario del Pd è convinto che Fassina abbia cambiato idea. E che «nel giro di poco più di un mese le sue dimissioni irrevocabili, siano diventate revocabili, e poi, di nuovo, irrevocabili». Questa volta per sempre, perché «c’è un disegno dei bersaniani di farsi un proprio partito». Tutti negano, ovviamente, ma tutti, sotto lo schermo dell’anonimato, assicurano: «I soldi potrebbero esserci, ce li ha Sposetti...».
La prima reazione di Renzi di fronte alle dimissioni di Fassina è stata spontanea, com’è lui: «Che problema c’è? Un incompetente in meno al governo», ha detto a botta calda agli amici. Poi si è reso conto che questa risposta poteva darla solo ai fedelissimi. E si è ributtato nella dialettica con gli altri partiti. Con Sel il rapporto è consolidato. Con Scelta civica è stato rafforzato ieri, da un ex presidente del Consiglio, che con Letta ha dei rapporti complicati e che, non a caso, si è ritrovato a Firenze con il sindaco di quella città, che ha avviato le sue trattative sulla riforma elettorale, Letta e non Letta, Alfano e non Alfano (o, come lo chiama il segretario del Pd, Alfin).
Il sindaco di Firenze vuole mandare in porto la legge elettorale il prima possibile. Perché sa che su quello si misurerà. Con i suoi, ragionando a briglia sciolta, parla così: «Sul doppio turno abbiamo il partito, Scelta civica e anche Alfano. Sullo spagnolo, che ammazza i partitini, ovviamente ci siamo solo noi e Forza Italia...era un accordo già fatto all’epoca di Bersani, ma poi Migliavacca ha avuto paura, Verdini ha fatto il furbo, e l’intesa è saltata. Resta il Mattarellum, che piace a Sel, non dispiace a una parte del Partito democratico e di FI...».
Renzi è stufo di sentirsi dire che flirta con Berlusconi per avere una legge elettorale che non piace ad Alfano: «Ma di che stiamo parlando? Tra un po’ ci sono le amministrative e in almeno 4 mila Comuni il Ncd di Alfano si presenta con Berlusconi. È un’ammuina che non posso seguire».
No, non ce la fa, il sindaco di Firenze a seguire i normali binari di un normale partito del centrosinistra a egemonia ex Ds, se non altro perché ha rottamato tutto ciò. Per questa ragione adesso spiega ai fedelissimi: «Vogliono rimanere attaccati alle poltrone fino al 2018? È questo che in realtà vogliono? Bene, io li posso anche seguire. A patto che non mi rompano le scatole se io mi confondo con la Tares, l’Imu, la Tic e la Toc. Non mi rompano i co...Io posso arrivare alla fine della legislatura: avrò 43 anni, molti meno di quelli che ha Letta adesso».
Dopodiché? Dopodiché, giura e rigiura il segretario, «non avrò mai l’interesse di sciogliere i nodi con cui vi siete attaccati alle vostre poltrone». Renzi, però, non vuole mostrare la faccia feroce, di chi va in battaglia sapendo che il conflitto sarà aspro: «I parlamentari del Pd preferiscono rimanere nella melma in cui siamo? Che ci rimangano, per carità». «Ma — aggiunge Renzi con fare sicuro — questo immobilismo non possiamo permettercelo. O il governo ha un colpo d’ala, una sterzata, oppure...oppure ci ritroviamo nell’immobilismo più bieco, e a quel punto se si riesce a fare la riforma con Berlusconi va bene, qualsiasi cosa è meglio dell’immobilismo, nessuno può dire niente di fronte a un accordo del genere. Neanche se si va votare...A meno che Alfano non dica subito che il sistema a doppio turno va bene, che è disposto a farlo in due settimane. Allora lo facciamo subito».