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 2014  gennaio 08 Mercoledì calendario

L’ASTA DELLE FREQUENZE TELEVISIVE? SOLO INTERNET FARA’ UN AFFARE

Sempre meno tv e sempre più web nel cie­lo. Cambierà nei prossimi due anni la geo­grafia dell’etere italiano. Complice l’e­splosione di Internet su cellulari e tablet ma anche per effetto del passaggio alla tv digitale, l’ecosistema delle comunicazioni che viaggiano sul­le onde è destinato a essere rivisto. La trasformazione è già scritta. Entro l’autunno del 2015 l’Italia ha previsto che le frequenze della ban­da 700 Mhz, oggi occupate dalle emittenti televisi­ve, si aprano alla telefonia mobile. È quanto chie­de l’Unione Europea che ha fatto proprie le indica­zioni emerse nel febbraio 2012 dalla Conferenza mondiale delle radiocomunicazioni di Ginevra: spalancare ai servizi mobili un’altra fetta di etere «pregiato» che per adesso è nelle mani delle televi­sioni. Ecco, quindi, che si procederà a tappe forza­te verso la revisione dello spettro radio. Con ricadute economiche anche per le casse dello Stato. Di fron­te alla fame di spazi per collegare smartphone e ta­volette, il valore dei canali sale quando si parla di telefonia mobile. Ed è anche per questo motivo che è stata messa in un angolo l’asta delle frequenze tv, figlia del controverso beauty contest . «Non è il mo­mento migliore» per indirla, ha spiegato il vicemi­nistro allo Sviluppo economico, Antonio Catricalà. Secondo le previsioni di Cisco, il traffico di dati che viaggeranno in Rete tra il 2011 e il 2016 aumenterà del 29%. Per le reti fisse si assisterà a un’impennata del 28%, ma crescerà in modo straordinario la pres­sione sul fronte delle connessioni senza fili: più 78%. Non solo. Nel 2013, a fronte di un incremento del nu­mero di smartphone del 20%, è aumentato dell’81% il flusso di dati mobili. E, se la presenza dei tablet nel­le famiglie si è dilatata del 46%, il traffico che hanno generato ha avuto uno scatto del 113%. Inoltre buo­na parte del ’peso’ che le reti, sia fisse che mobili, do­vranno sopportare sarà determinata dalla centra­lità dei contenuti video: nel 2016 un utente medio u­serà Internet soprattutto per vedere filmati (54,8%) e soltanto in seconda battuta per scambiare file (22,9%) o visitare siti e controllare le mail (21,3%). Da qui l’urgenza di incentivare la diffusione delle reti mo­bili di quarta generazione e il nuovo standard Lte.

Molto meno dinamico è il comparto televisivo. In I­talia il passaggio al digitale ha ampliato di molto gli spazi a disposizione. Però non ha modificato i rap­porti di forza. Poi il settore è stato colpito dalla crisi e risente di una sensibile contrazione degli introiti pubblicitari. Ecco perché l’asta delle frequenze del­l’ex beauty contest gratuito potrebbe non suscitare un adeguato interesse fra gli operatori. Per di più dalla competizione, che in base a quanto chiesto dal­la Ue ha come obiettivo quello di aprire il mercato tv a nuovi editori, sono state escluse Rai, Mediaset e Telecom Italia Media, mentre Sky può partecipare per uno solo dei tre lotti messi in palio. Se a tutto ciò si aggiunge, come dicono voci del pianeta televisivo, che «in giro ci sono mux mezzi vuoti e non ci sono soldi da spendere», si comprende il rischio di un flop. Meglio, quindi, puntare sulla telefonia mobile, ma­gari dopo aver armonizzato l’uso dello spettro. Spet­tro che oggi è occupato per il 13% dalle tv e appena per il 4% dai cellulari. Così la richiesta di banda «formato» smartphone ha fatto del broadband mo­bile il vero business. Lo ha dimostrato anche l’asta delle frequenze 800 Mhz sottratte nel 2011 alle tv lo­cali e assegnate alle compagnie telefoniche: Tim, Vodafone e Wind le hanno pagate allo Stato quasi 4 miliardi di euro. Una cifra che appare inarriva­bile nell’ambito televisivo. Certo, la migrazione di canali potrebbe causare disagi alle tv che da più di un anno sono alle prese con sofferenze economiche e i postumi della transizione al digitale. L’Aeranti-Corallo, l’associazione che raccoglie mille imprese radiotelevisive, ha già messo le mani avanti: non pe­nalizzate di nuovo le emittenti del territorio.