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 2013  dicembre 15 Domenica calendario

AEROPORTO VOLANTE DI FUKSAS


«Una manta, una razza che respira, cambia forma, si piega, subisce variazioni fino a mutare nel corpo di un uccello». La metafora usata da Massimiliano Fuksas per il nuovo Terminal dell’aeroporto cinese di Shenzhen, è suggestiva e certamente appropriata all’immagine lattescente e sinuosa di quel grande corpo bianco di vetro e di acciaio che si stende per più di un chilometro in una pista che a tratti ancora ricorda la sua originaria condizione di palude. Come la "palomba" di Santiago Calatrava a Bilbao, l’ala di gabbiano di Renzo Piano a Kansai o il drago di Norman Foster a Pechino, la "manta" di Shenzhen già dal nickname evoca la facile associazione del volo alle acrobazie di un organismo vivente.
In realtà , però, visto da lontano, l’immagine più pertinente per descriverne l’impatto sul viaggiatore è quello di un’enorme tela di Vasarely, l’artista ungherese fondatore negli anni 60 dell’Op Art: un’arte fondata sullo studio delle illusioni ottiche del movimento. Un’arte cinetica, dunque, in cui, come scriveva Vasarely,«la posta in gioco non è più il cuore, ma la retina».
Raccogliendo l’invito a «stimolare l’osservatore e il suo occhio», Fuksas ha dunque immaginato un edificio senza tetto, simile a un guscio che si torce piegandosi, e che quindi,più che descrivere, simula realisticamente la percezione del movimento, costringendoti a strizzare l’occhio come uno zoom che solo a distanza ravvicinata fa intravvedere con stupore la natura dell’"inganno". Nel panorama dell’architettura italiana, Massimiliano Fuksas si è contraddistinto sin dalle sue prime opere nella campagna laziale con le stimmate dell’"artista", fomentato oltre che dalla sua giovanile frequentazione dello studio di de Chirico, dalla propensione a presentare il suo lavoro con l’éclat dell’opera d’arte scaturita di gettito dal battito improvviso di un’emozione visiva. La sua "nuvola" nel palazzo dei Congressi a Roma – che attende nella sua teca di cristallo un’inaugurazione sempre rinviata – gli è anche valsa l’attenzione di un popolare comico televisivo che nella sua parodia ne ha fatto il prototipo dell’architetto perso appunto nelle nuvole, senza i piedi per terra. Un’immagine quanto mai lontana dal vero, perché tutti i suoi lavori più importanti (dal centro ricerche Ferrari a Maranello, alla Fiera di Rho o agli Archivi di Francia a Parigi) testimoniano una perizia tecnica e un’attenzione alla costruzione e alla sperimentazione che non lasciano adito ad alcun dubbio. Così la "manta " cinese appartiene alla stessa famiglia delle "bolle" della distilleria Nardini a Bassano del Grappa, della "nuvola" romana, del "serpente" a scaglie della Fiera milanese, a dimostrazione della permanenza di alcuni motivi ricorrenti che trovano nelle occasioni di lavoro alimento per continue sperimentazioni.
Se l’ispirazione sta nel mondo dell’arte, infatti, la realizzazione poggia i piedi solidamente nella realtà: nasce cioè dallo studio del comportamento di un materiale (una sottile superficie d’acciaio) e della sua texture: una pelle a nido d’ape, composta di pannelli in metallo e vetro di diversa dimensione, che tirandola si deforma, acquistando allo stesso tempo leggerezza e rigidità. «L’idea – dice Fuksas – mi è venuta quando a New York un amico mi ha fatto un regalo avvolto in una carta particolare, fatta a nido d’ape. Mi è talmente piaciuta che ho buttato la scatola e cominciato a pensare come si potesse utilizzare quella geometria tridimensionale nella sua applicazione alla grande scala dell’architettura, in modo da risolvere unitariamente il volume come se non avesse pilastri né stampelle, ma si reggesse su se stesso: sulla sua pelle».
Una doppia pelle anzi, che, grazie a suoi due strati, riesce a filtrare la luce, stemperandola in efficaci giochi di luminosità: se da un punto di vista ingegneristico questo consente l’alloggiamento interno di impianti per ridurre al minimo i consumi e le emissioni, dal l’altro riesce a graduare il passaggio dal l’esterno all’interno senza quella perenne sensazione di una drastica soglia di cambiamento. Dentro infatti l’aeroporto è ancora più bello che da fuori: per la prima volta si avverte l’impegno di uno sforzo unitario, all’altezza con le aspettative dei committenti di fare di Shenzhen il quarto hub della Cina. Forse anche il primo per la levigatezza della sua concezione e la esecuzione di tutti i suoi dettagli.
Il concourse è la zona chiave dell’aeroporto, che si sviluppa su tre livelli, ognuno dedicato a una funzione indipendente: partenze, arrivi e servizi. La sua chiave di volta è la luce. L’imperativo: creare una luminosità diffusa che desse la sensazione piacevole di entrare in una «camera chiara». Una luce fluida, quasi palpabile , dentro cui è immerso l’intero paesaggio del viaggio, spasmodicamente disegnato nei "tronchi" dei condotti di ventilazione, dei banchi della reception, degli arredi per la sosta, persino dei negozi e degli esercizi di ristorazione, abitualmente delegati a specialisti del settore e "aggiunti" all’architettura come forme d’arredo funzionale. Ispirandosi al principio della geometria frattale, Massimiliano e Doriana Fuksas hanno puntigliosamente perseguito l’idea di uno spazio mutevole con l’organicità di un movimento senza strappi, che induce una sensazione di pacatezza e di moderata euforia. Apprezzata dai committenti al punto di chiedere ai progettisti di cedere il copyright evitando il rischio di ogni possibile replica.