Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  dicembre 15 Domenica calendario

JULIJA CORROTTA E AVIDA


La copertina del libro di Ulderico Rinaldini, Julija Tymoshenko, è il volto della donna più famosa di Ucraina composto da due fotografie. Metà del viso è un’immagine di Julija come non l’abbiamo mai vista, capelli scuri, poco trucco. L’altra metà è Julija dalla treccia bionda, l’acconciatura da contadina ucraina dell’Ottocento scelta per strizzare l’occhio ai nazionalisti al momento di entrare in politica. Come la prima metà di quel volto, così l’autore vuole mostrare ai lettori una Julija Tymoshenko poco nota. Ambiziosa, scaltra, priva di scrupoli, avida. Un ritratto pieno di ombre ben diverso da quello che i giornali offrono di lei, fin da quando hanno imparato a conoscerla sulle piazze della Rivoluzione arancione. L’autore mette le mani avanti immediatamente: «Non condivido la vulgata occidentale che la dipinge come una perseguitata politica», scrive nella Prefazione accennando ai libri e articoli che descrivono Julija come una vittima, fragile e indifesa: «Il presente testo rompe questo schema».
E infatti prende le mosse da un brutale omicidio, commesso il 3 novembre 1996 all’aeroporto di Donetsk per togliere di mezzo il deputato Evgenij Scerban. Un episodio della guerra del gas che all’epoca agitava il Donbass ucraino, là dove la Tymoshenko aveva iniziato la propria strada di donna d’affari, sfruttando l’influenza del suocero e poi del premier Pavel Lazarenko, suo protettore e amante, l’uomo che nel 1999 verrà arrestato negli Stati Uniti e condannato a nove anni per riciclaggio, frode ed estorsione. È grazie a lui che l’azienda di Julija Tymoshenko si assicura il monopolio della fornitura di gas russo sul mercato ucraino, monopolio cui Scerban non aveva voluto piegarsi. La procura generale ucraina sospetta che per eliminarlo Tymoshenko e Lazarenko abbiano pagato 2,8 milioni di dollari.
Oggi però Julija sconta una condanna a sette anni per un’altra ragione. L’Europa ne ha chiesto a gran voce la liberazione: «Ma pochi – spiega Sandro Teti, editore del libro da lui scritto dietro pseudonimo – sanno perché è in carcere». E qui la storia ci riporta alla seconda parte della vita di Julija, la decisione di entrare in politica per salvarsi dopo la caduta in disgrazia di Lazarenko. Da principessa del gas a eroina della Rivoluzione arancione: fu la Tymoshenko, racconta Teti, ad accendere la miccia del movimento che porterà Viktor Juscenko alla presidenza quando il 2 novembre 2004 proclamò la «colossale menzogna», la vittoria di Juscenko contro Yanukovich già al primo turno delle presidenziali. Julija mise così in moto il meccanismo che mobilitò decine di migliaia di ucraini nelle piazze, che fece apparire come una frode i risultati ufficiali del ballottaggio e convinse le autorità a indire un terzo turno elettorale, che vide il trionfo di Juscenko.
La coabitazione tra il presidente e l’alleata, nominata premier, sfociò immediatamente in un conflitto aperto. «Negli anni lei ha avuto diverse possibilità di salire al potere e fare qualcosa – osserva Sandro Teti – ma i risultati sono stati scarsissimi». Fino a quella fatale notte con Vladimir Putin.
Era il 17 gennaio 2009, da settimane il transito di gas russo sul territorio ucraino era interrotto, l’ennesimo scontro tra i due Paesi su prezzi e forniture. Julija volò a Mosca, trattò per ore a quattr’occhi con Putin. Poi firmò l’accordo che l’avrebbe condotta in carcere: accettò di far pagare all’Ucraina un prezzo del gas aumentato quasi del doppio, colpo devastante per il suo Paese. Come fece Putin a convincerla? «Le avrebbe ricordato – scriveva nel 2011 il quotidiano russo "Kommersant" – un processo penale (avviato in Russia, ndr) legato al suo passato di imprenditrice». Ancora una volta, Julija mise il proprio interesse davanti a quello del Paese e sottoscrisse un contratto-capestro, osserva Sandro Teti, «che attraverso una società di intermediazione in cui lei aveva ovviamente un interesse drenò miliardi di dollari dalle casse ucraine».
La condanna per abuso di potere in relazione agli accordi con Mosca è stata attaccata in Europa come giustizia selettiva da parte di Yanukovich, eletto nel frattempo presidente. Ma ciò che stupisce Sandro Teti è la simpatia che la Tymoshenko è riuscita a mantenere nei propri confronti in Occidente. Ma oggi, proprio nelle piazze della Rivoluzione arancione, a Kiev i ritratti di Julija non sono più così numerosi: «Una parte dei manifestanti, la nuova generazione – dice Teti – la percepisce come un politico del passato, corrotta come Yanukovich».
E dunque la grande speranza per il Paese sono proprio loro, una generazione e una mentalità nuova. Hanno bisogno di un leader che li raccolga.