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 2013  dicembre 15 Domenica calendario

SANTA CATERINA DEI CORSIVI


«Nessun altro paese al mondo è stato, per la storia della parola stampata, importante quanto l’Italia». Non v’è dubbio che dietro la perentoria affermazione di Robert Bringhurst in limine all’edizione italiana della Breve storia della parola stampata di Warren Chappell (Milano, Sylvestre Bonnard, 2004) agisca anche la suggestione di quell’autentica rivoluzione editoriale ed estetica che fu la pubblicazione da parte di Aldo Manuzio nella primavera del 1501 del l’opera di Virgilio in un volume di agile formato tascabile impresso con un carattere fino ad allora mai impiegato. Manuzio ne è consapevole e non esita a elogiare la novità di quei libros huiuscemodi literulis excusos al colophon dell’Orazio stampato nello stesso anno. Il carattere cui si allude è quello che, un po’ distrattamente, siamo soliti chiamare corsivo che riproduceva la scrittura umanistica corrente caratterizzata da ductus all’apparenza frettoloso ma aggraziatissimo, lieve inclinazione a destra ed elegantissime legature fra alcuni gruppi di lettere. Corsivo per noi, ma, si faccia attenzione, Oltralpe, appunto, italic o italique. Gli spagnoli preferiscono chiamarlo letra grifa, con più rispetto per il type designer cui si deve la sua elaborazione, il punzonista Francesco Griffo da Bologna che per Manuzio lo incise, ricevendone in cambio, in testa al Virgilio, un calibratissimo epitaffio a perenne memoria: In Grammatoglytae laudem. Qui graiis dedit Aldus en latinis dat nunc grammata sculpta daedaleis Francisci manibus Bononiensis («In lode dell’incisore dei caratteri. Come già agli autori greci, così ora Aldo offre ai latini lettere scolpite dalle dedalee mani di Francesco Bolognese»). L’innovazione era così importante, avendo comportato ricerca e investimento di capitali, che Aldo si rivolse al Senato «perché più di novo ha excogitato lettere cancellaresche sive corsive latine bellissime che pareno scritte a mano», ottenendone un privilegio dogale che avrebbe dovuto tutelarlo, almeno sulla carta. Ma a quando risale davvero l’ideazione di quel carattere destinato a imporsi come modello in Italia e Oltralpe? Se il primo libro interamente in corsivo è difatti il Virgilio del 1501, il nuovo carattere aveva però fatto il suo esordio ufficiale, sebbene in modo assai discreto passando forse persino quasi inosservato, già nel settembre dell’anno precedente: poche parole inserite nella celebre silografia che adorna le Epistole de Sancta Catherina da Siena raffigurante la santa a figura intera, incoronata da due angeli che regge un libro aperto nella mano destra e un cuore nella sinistra.
Su quella vicenda si può ora aggiungere qualche interessante particolare, alla luce del ritrovamento in collezione privata italiana di un esemplare eccezionale. L’importanza della scoperta è questa: la copia in questione presenta la silografia senza le cinque parole in corsivo che nella pressoché totalità degli esemplari si leggono invece inscritte all’interno del libro e del cuore: «iesu dolce/iesu amore» nel libro e «iesus» nel cuore. A dire il vero fino a qualche anno fa se ne conosceva anche un secondo esemplare presso la Biblioteca del Seminario di Padova da cui è stata però furtivamente asportata proprio la silografia. Tranquillizzo subito il lettore: la copia in collezione privata non presenta alcun segno di cucitura o reinserimento della carta (in termini tecnici è unita alla sua coerente)! Di cosa si tratta, a questo punto? È ovvio che la variante, ghiottissima per il collezionista, merita qualche spiegazione anche dal punto di vista dello storico del libro. L’ipotesi più plausibile è che si tratti di una prova di stampa, di cui le maestranze si sarebbero quindi dovute disfare, o sia comunque riconducibile a una fase preliminare e ancora incerta della tiratura. Evidentemente quando nell’officina manuziana, nella tarda estate dell’anno 1500, si iniziò a stampare il foglio contenente la silografia il corsivo non era ancora disponibile. Forse il Griffo era alle prese con il suo disegno e l’incisione dei punzoni. Solo in un secondo momento si interruppe la stampa per saggiare il nuovo carattere, la sua resa grafica e, perché no, la reazione dei lettori fino a quel momento abituati a scriverlo o leggerlo nei codicetti da mano, ma non certo a trovarselo riprodotto dalla nuova ars artificialiter scribendi. Pochissime lettere di quel minutissimo carattere appena reso disponibile, delicatamente inserite nella matrice silografica dal compositore (o forse da Aldo stesso?), che comportarono un lieve intervento (come lasciano intendere alcune sottili differenze fra le due versioni).
Viene però da chiedersi perché Aldo non abbia osato oltre, ricorrendo al corsivo anche per la scritta nel cartiglio che sovrasta il cuore, lasciata invece in romano, o per quella nel festone che pende dalla mano della santa (forse non era ancora pronta l’intera serie del corsivo?). Di questa prima fase della tiratura, in termini bibliologici di questo primo stato del foglio, non verremmo neppure a conoscenza se, appunto, i fogli fossero stati tutti scartati dopo aver ripreso la tiratura del secondo stato definitivo con l’inserimento dei pochi caratteri in corsivo. Qualcuno deve però essere rimasto nella pila destinata alla commercializzazione, lasciando oggi intravedere i retroscena dell’offerta al pubblico del primo assaggio di un carattere destinato a cambiare le sorti del libro a stampa.