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 2013  dicembre 15 Domenica calendario

SULLE ORME DELLE MACCHINE


Pochi chilometri a sud di Latina, in località Piana delle Orme, sorge uno dei più ricchi e culturalmente stimolanti musei storico-tecnologici d’Europa, il Museo Storico di Piana delle Orme, al l’interno del complesso privato, Centro Agrituristico De Pasquale. Inaugurato nel 1997, è stato creato da un imprenditore agricolo d’altri tempi, un innovatore nei settori dell’orti e floricoltura, con una passione sconfinata per il collezionismo meccanico, agricolo e bellico, e per la storia. Mariano De Pasquale, scomparso prematuramente 5 anni fa all’età di 68 anni, coltivava anche idee intelligenti su come valorizzare economicamente e culturalmente un patrimonio di macchine soprattutto agricole e belliche, che consentono di raccontare vividamente, come in nessun altro museo italiano, la storia della modernizzazione dell’agricoltura, da sud a nord, e di momenti chiave della liberazione alleata del Paese dall’occupazione nazista.
Era un omone di cui tutti – incluso chi scrive – conservano un caro ricordo, il «signor De Pasquale». Timido, ma determinato come solo un agricoltore sa essere; pardon «sapeva» perché in questo Paese l’agricoltura è stata umiliata e quasi cancellata da associazioni parassitarie di settore, burocrati e politici incompetenti. Il fuoco sacro del collezionismo si accese in lui negli anni Sessanta e da quel momento iniziò ad accumulare un numero ingente di macchine agricole e belliche, ma anche strumenti, vettovaglie, vestiti, mobili, suppellettili, quadri, eccetera. Nonostante un’istruzione poco più che elementare, aveva maturato una flessibilità imprenditoriale formidabile, e coltivava in modo accurato e documentato la storia materiale delle tecniche, degli oggetti e delle macchine che raccoglieva sulla spinta di una pura passione. Quando la sua collezione raggiunse una massa critica, decise di trasformare oltre una dozzina di padiglioni per l’allevamento di galline o adibiti a magazzini, per oltre 30mila mq, in spazi dove musealizzare le macchine e gli oggetti allo scopo di ricostruire con precisione filologica ambienti di vita in palude, gli interventi per la bonifica delle Paludi Pontine, inclusi le migrazioni, l’appoderamento e la messa a coltivazione delle terre risanate; e poi le storie dei cicli di lavorazione dell’olio, della farina di frumento e del vino, la vita negli alpeggi, eccetera. A margine, ma non per ricchezza di oggetti, si trova anche un padiglione che espone una collezione di giocattoli moderni e di modellini aeronautici e navali, soprattutto da guerra.
Nei padiglioni di fronte a quelli sulla storia locale e l’agricoltura sono invece narrati eventi della storia bellica vissuta dagli italiani nel Novecento, con la ricostruzione della battaglia di El Alamein e dello sbarco alleato in Sicilia e la risalita fino a Salerno, dello sbarco di Anzio, del sanguinoso conflitto sulla linea Gustav, della battaglia di Cassino e quindi dell’ingresso degli Alleati a Roma. Un più recente allestimento rappresenta con treni, vagoni e oggetti d’epoca una stazione per la deportazione degli ebrei verso i campi di sterminio nazisti. Alcuni padiglioni espongono quindi la collezione di macchine agricole e belliche che non sono state utilizzate per la ricostruzione di scenari.
Tutti i percorsi sono ricchi di pannelli esplicativi che contestualizzano storicamente le caratteristiche degli ambienti palustri, dei lavori di bonifica, delle condizioni sanitarie e demografiche, delle macchine agricole, delle idrovore, dei mulini o delle diverse attività di vita agricola quotidiana, eccetera. Le stesse informazioni didascaliche raccontano gli episodi bellici o le caratteristiche degli aerei, dei carri armati, dei mezzi da sbarco, dei veicoli o dei residuati in generale.
Va detto che qua e là trapelano anche tracce di nostalgia nelle ricostruzioni storiche, nella forma però di un sentimento di dispiacere del tutto umano che si manifesta in ogni persona sensibile di sradicamento da realtà che comunque erano carichi di affetti. Due suggestivi spazi ricostruiscono nei dettagli e con oggetti originali un paesino siciliano, da dove si partiva nel secondo dopoguerra in corriera per emigrare, dato che laggiù era la miseria, per recarsi nelle città e fabbriche del nord, rappresentate da un tram anni Cinquanta (sempre originale) e luci serali, che contrastano con la luminosità del paese da cui lo stesso giovane De Pasquale era partito per far fortuna nella pianura pontina.
Alcuni dei pezzi esposti sono assolutamente unici. Tra questi un carro armato anfibio Sherman, di cui il "signor De Pasquale" ha organizzato, pagato e "comandato", in collaborazione con il dipartimento della difesa statunitense, il recupero nel golfo di Salerno, dove era affondato durante un’esercitazione. Il pezzo impressionante da vedere e studiare, fu restaurato dall’equipe di tecnici che coadiuvavano il capo sia nel lavoro agricolo sia per ripristinare in funzione o restaurare le macchine, nonché per realizzare gli allestimenti. Non meno spettacolare è stato il recupero di uno Spitfire ammarato al largo di Anzio, che quando fu esposto dopo il restauro diede l’occasione per una festa a cui partecipò, invitato dal "signor De Pasquale" il pilota ancora in vita e ormai anziano pilota statunitense. E poi si può vedere uno dei carri armati più famosi del cinema italiano: perché il carro armato protagonista del finale del film di Benigni La vita è bella è di proprietà del museo, e l’ex-carrista Mariano De Pasquale lo portava spesso a spasso nell’azienda per tenerlo in forma meccanica.
I contenuti del museo sono talmente ricchi che basta a malapena un’intera giornata per apprezzarli tutti. Ma il luogo è molto ben organizzato – somiglia molto ai parchi tematici anglosassoni, ma in chiave di tradizione italiana – per trascorrere una giornata fuori porta con famiglia e amici. E invita a tornare per studiare meglio qualcuno dei temi musealizzati, o per rinverdire ricordi e provare qualche nostalgia, o provare atmosfere oggi sconosciute ai più giovani. Come scrive la direttrice ed efficiente organizzatrice del Museo, Alda Dalzini, nella presentazione a una guida da poco pubblicata, «il sogno realizzato da Mariano De Pasquale stato ancora ben recepito nella sua complessità, in tutti i suoi aspetti, in tutta la sua valenza culturale e sociale». Ma non ci sono dubbi che si tratta di un esempio formidabile di un’impresa culturale innovativa, da studiare e assumere come modello per sviluppare le potenzialità del patrimonio di esperienze storiche locali specifiche, presenti in diverse altre aree italiane, sul piano della elaborazione di discorsi di portata e interesse generale. Vale a dire per attualizzare la storia e la cultura intellettuale e materiale di questo Paese, valorizzandone tutta la ricchezza e complessità, ed evitando di appiattirla, come purtroppo si tende a fare per inerzia e impreparazione, su letture ideologiche e sterili.