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 2013  dicembre 15 Domenica calendario

FORCONI

& FORCHETTONI –

Basta fondi pubblici ai partiti” (Corriere ), “Blitz di Letta, via i soldi ai partiti” (Repubblica). “Letta: via i soldi ai partiti” (Stampa). “Soldi ai partiti, stop in 3 anni” (Messaggero ). “Soldi ai partiti, decide il cittadino” (Unità). “Via la paghetta” (Giornale). “La dieta dei partiti” (Avvenire). E i tg dietro. Dunque, secondo l’informazione credulona a cui attinge la stragrande maggioranza degli italiani, è fatta. Il governo Nipote mantiene la promessa, che vogliamo di più? Vabbè, il solito Grillo dice che è una truffa, ma quello non è mai contento. Vabbè, migliaia di persone protestano in piazza con i Forconi, ma sono tutti fascisti, anzi nazisti, ergo non fanno testo. Dopo qualche piccolo disguido tecnico, viviamo di nuovo nel migliore dei mondi possibili col migliore dei governi possibili. Un rincorrersi di titoli sull’“asse” o sul “patto” fra Letta e Renzi, Renzi e Napolitano, Napolitano e Letta, Letta e Alfano, senza dimenticare Giovanardi e Cicchitto (appena intervistato come uno statista dall’Unità), s’incarica di rassicurare la Nazione tutta in vista del Santo Natale. E pazienza se, come documentano il Sole 24 Ore, Libero, il Fatto e pochi altri, i partiti continueranno a incassare più o meno la stessa cifra per tre anni, e dal 2017 intascheranno più o meno gli stessi soldi sotto forma di megasconti fiscali alle donazioni private (34 volte superiori a quelli per le donazioni alle onlus, secondo i calcoli di Rizzo e Stella), superdetrazioni per le “scuole di politica” e una serie di servizi gratuiti, cioè a carico nostro. Insomma è l’ennesimo aggiramento del referendum del 1993, in cui il 90 per cento degli italiani dissero no al principio secondo cui i partiti devono vivere di soldi pubblici, siano essi finanziamenti a pioggia, o rimborsi forfettari o furbate come il decreto Letta. Che, per giunta, tradisce una doppia malafede: sia perché, senza il pressing di Renzi, a sua volta pressato da Grillo, Letta avrebbe seguitato a scordarsi l’impegno preso ad aprile, senza trasformarlo in decreto; sia perché, facendo rientrare dalla finestra i finanziamenti pubblici usciti dalla porta, il decreto impedirà alla Consulta di pronunciarsi sull’incostituzionalità di vent’anni di leggi ammazza-referendum, come ha chiesto il Pg della Corte dei conti.

Del resto, i partiti delle larghe intese che ad aprile applaudirono il ddl Letta e quelli delle strette intese che ora esultano per il decreto Letta, se davvero volevano cancellare i “rimborsi elettorali”, potevano risparmiarsi sia il ddl sia il decreto: bastava che rinunciassero a incassare la prima rata, come han fatto i 5Stelle, e poi le successive. Invece i Forchettoni hanno arraffato tutto fino all’ultimo cent. Oggi però potrebbe accadere un fatto nuovo che, diversamente dalle balle d’acciaio di Letta jr., è una cosa seria. Renzi, salvo ripensamenti dell’ultima ora, annuncerà che anche il Pd rinuncerà a incassare i rimborsi a partire dalla prossima rata (quella estiva di 48 milioni il partito l’ha già ingoiata e digerita). E chiederà ai 5Stelle di convergere su un pacchetto di tre proposte che metterebbero l’Italia in grado di tornare al più presto alle urne in condizioni di minima decenza: legge elettorale che superi il proporzionale puro riesumato dalla Consulta e impedisca l’inciucio eterno e tombale; taglio netto all’indennità dei consiglieri regionali e abolizione dei rimborsi ai gruppi che han dato il “la” alle note ruberie; cancellazione del Senato. La terza è molto discutibile (con i legislatori che abbiamo, è meglio che le leggi continuino a passare da entrambe le Camere, magari dimagrite). Ma le prime due sono sacrosante. Grillo ha sempre chiesto al Pd, per votare insieme su eventuali punti comuni, il gesto di rinunciare ai soldi pubblici: se Renzi lo fa, senza autoriduzioni, i 5Stelle devono prenderlo molto sul serio. Perché è anche un loro successo politico. Perché scompagina larghe e strette intese. E perché conviene all’Italia: infatti Napolitano, Letta, Berlusconi e Alfano non ne vogliono sapere. Buon segno.